L’adesione a Cristo, anche (e forse soprattutto) per chi sia certo di esserne ‘cintura nera’, può vacillare alla minima provocazione del maligno. E la tentazione peggiora, elargendo sindromi d’inadeguatezza, sensazioni di fallimento, (o, peggio ancora, pretese di diventare santi da sé) e – quindi, davanti alla caduta – non trovare più motivazioni sufficienti per continuare a ‘tentare’, o, meglio, a ‘sperare’, procedendo serenamente lungo il cammino. D’altra parte, l’imprinting della nostra natura umana innamora follemente Dio di noi e guai se dismettessimo l’outfit di creature e indossassimo, mentendo più o meno scientemente, l’abito degli ‘arrivati’, snobbando l’essere piccino, finito, limitato, davanti all’infinito del Padre. Tenderemmo a posporre fino all’eliminazione per dimenticanza, così, la Sua misericordia, che, per contro, non avrebbe ragion d’essere se fossimo già invulnerabili, né Gli concederemmo la possibilità dell’abbraccio al Figliuol Prodigo, stabilendo arbitrariamente, per abusivo concetto di dignità, di non meritarlo.
Il lavorìo logorante di satana è sottile e difficilmente riconoscibile: induce alla priorizzazione di ciò che faccia bene al corpo a dispetto dello spirito, impregnandola con la menzogna della soddisfazione, della liceità, del bisogno, della riduzione a zero dell’eventuale errore (ed effetto di esso), poi, quando la consapevolezza dell’accaduto arriva per grazia, suscita la peggiore delle tentazioni: la disperazione. Davanti ad essa, intesa come assoluta assenza di speranza, mancanza contro lo Spirito Santo e negazione della Sua azione, si disconosce la Paternità fino ad immaginare l’indice destro puntato di Dio, giudice severo ed incorruttibile, che nel frattempo muove la mano sinistra spostando le sfere del pallottoliere, ben attento a non perdere il conteggio dei nostri peccati…
È evidente che davanti all’eclatanza del peccato (criminalità, aborto, sessualità smoderata fino alla nullità del bene dell’altro, tradimento…), è piuttosto semplice individuare la scelta di allontanarsi da Dio: altro è l’insinuarsi del demonio nella normalità umana dei comportamenti, dalla mormorazione all’incapacità di perdono in forza della propria ragione, con fare subdolo, poco visibile, facilmente confondibile.
L’obiettivo diabolico non è tanto o immediatamente quello di allontanarci dal cuore di Dio, anche perché per quel che Lo riguarda sarebbe impossibile, quanto condurre alla scelta dell’allontanamento, perché sia il figlio ad assumerne totalmente la responsabilità. Satana sa bene che davanti alla volontà della creatura il Padre non si impone (per l’immensità del Suo amore che predilige la libertà del figlio), ed è su essa, dunque, che stende la sua azione pericolosa. Quando il demonio attacca, c’è da restar saldi.
Saldi nell’amore, prima di tutto: la misura di Dio è l’infinito. Vivere la certezza dell’amore infinito, sperimentato per grazia, fortifica, irrobustisce, difende, protegge, fornisce armi necessarie al ‘contrattacco’. All’amore si crede fino ad assumerlo come proprio stile di vita. E si vince. Sempre.
Saldi nell’abbandono: fidarsi di Dio dà la capacità di non temere mai di non avere la forza necessaria ad affrontare la tentazione; si è ampiamente dibattuto sull’induzione in tentazione: Dio non induce in tentazione secondo la composizione grammaticale e letteraria dell’espressione o secondo l’opinione pubblica… Egli ha generato figli liberi che ama infinitamente nella loro libertà. Ne conosce perfettamente, tuttavia, i limiti e li ama infinitamente anche in essi. Non permetterebbe mai che la creatura li subisse inconsciamente fino alla cattività. Il maligno, no. Illude che le scelte comportamentali, di qualsiasi natura siano, purché segretamente ‘sbagliate’, siano indice di autonomia, di emancipazione.
Saldi nella preghiera: è il dialogo istaurato per amore. In esso si parla, si domanda e più di tutto si impara ad ascoltare. Sguardo nello sguardo, cuore a cuore, bocca verso bocca. La preghiera esprime l’amore, chiede aiuto, loda, ringrazia, ‘medita, contempla, brama l’imitazione’ (cfr. S. Chiara d’Assisi), crea l’unum tra Padre e figlio, tra Trinità e creatura. Da essa e dalla conoscenza delle cose di Dio, ben lungi dalla dimensione meramente culturale, sgorga il discernimento, dono inestimabile dello Spirito, che impedisce ogni cecità spirituale, insegna l’analisi e consente e garantisce l’orientamento al Bene.
Se satana non fosse stato così orribilmente superbo, non si sarebbe sognato di rivolgersi persino a Gesù, nel deserto, con le stesse tentazioni con cui tratterebbe noi…
A cura della sorella Loredana Corrao
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