Zizioulas infatti, (nato il 10 gennaio 1931 a Kozani in Grecia) è uno dei più grandi teologi viventi della cristianità: studioso, scrittore e docente di teologia presso l’Università di Tessalonica e in diversi atenei inglesi, tra i quali il King’s College di Londra.
Il suo pensiero teologico si fonda sullo studio della patristica greca, mentre l’ecclesiologia da lui maturata si basa sulla fedeltà alle origini apostoliche della Chiesa. È autore di opere rilevanti, alcune pubblicate in Italia da Quiqajon, editrice della Comunità di Bose.
Ha confidato il cardinale Scola nella sua introduzione: “Considero un privilegio poter presiedere questo solenne Atto Accademico. Sia questo un’ulteriore espressione del cammino comune che ci vede impegnati. Il gesto che stiamo compiendo documenta l’impossibilità di studiare teologia senza la presenza di maestri e di una scuola”.
“E’ con profonda gratitudine che oggi ricevo uno dei più grandi onori dati alla mia umile persona durante la mia vita”: così ha esordito nella sua Lectio Magistralis di grande respiro teologico ed efficacia il metropolita Ziziulas, che poi ha ricordato come “per circa mille anni i due polmoni dell’antica Chiesa, le tradizioni teologiche Orientali e Occidentali, hanno cessato di respirare insieme, seguendo strade separate e indipendenti, molto spesso in contrapposizione tra loro”.
Il teologo ortodosso ha poi mostrato come nella cristianità sia in atto un riavvicinamento ecumenico a diversi livelli. Quello più attuale lo ha definito ecumenismo esistenziale: “Se guardiamo la situazione in cui i Cristiani vivono oggi in luoghi quali il Medio Oriente, noi ci renderemo conto che tutte le differenze dogmatiche ed altre che li hanno divisi per secoli sono sostituite da problemi esistenziali fondamentali comuni. Coloro che perseguitano e uccidono i Cristiani in queste aree non chiedono loro a quale chiesa o confessione appartengono. Un ecumenismo del martirio sta avendo luogo lì, unendo tutti i Cristiani al livello di fondamentali situazioni esistenziali, quali la vita, la morte, la libertà e la dignità”.
Per Ziziulas in questa situazione “ciò che emerge come il problema più importante è il valore della persona umana: diamo alla persona umana un fondamentale significato esistenziale, o lo consideriamo e lo trattiamo come un mezzo che può essere sacrificato per un valore più alto? Come la fede Cristiana e la teologia considerano la persona umana?”.
“La teologia Trinitaria – ha spiegato inoltre il Metropolita – non indica una comprensione del termine persona come un individuo razionale ma un concetto interamente differente. Una persona non può essere mai concepita in se stessa ma solo in relazione ad un’altra persona. Essere una persona, perciò, vuol dire essere in comunione. Una persona non è solamente relazionale ma allo stesso tempo altro. Il mistero della persona sta proprio nella combinazione dell’unità e dell’essere altro. Uno, perciò, è una persona solo nell’amore, e uno ama solo in quanto egli permette alla persona che ama di essere altro da se stesso, di esistere come altro. Una persona è unica, irripetibile e insostituibile”.
Da qui la sua spiegazione del mistero della libertà: “La libertà nel suo più alto significato ontologico è essere libero di essere altro, non essere assorbito dal comune e dal generale”.
Secondo Ziziulas “La fede Trinitaria ha dato all’umanità la sua idea più preziosa: la comprensione dell’essere umano come persona. Questo è ciò che distingue l’uomo dal resto del Creato e lo rende a immagine di Dio. Questo dono prezioso della nostra fede nel Dio Trinitario deve servire come il terreno su cui i Cristiani divisi possono costruire la loro unità”.
Questo evento di oggi ha concluso il programma di incontri in Diocesi di Milano organizzati per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e rientra nell’ambito del progetto di ricerca sul tema «Gesù Cristo e il nuovo umanesimo», intrapreso da Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, Istituto Superiore di Scienze Religiose, Ufficio Ecumenismo dell’Arcidiocesi e Progetto culturale Cei.
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INTERVENTO DEL GRAN CANCELLIERE
SUA EMINENZA IL SIG CARD. ANGELO SCOLA
Eminenza,
Eccellenze,
Signor Preside e Chiarissimi Professori,
Cari studenti e membri del Personale Addetto
Signori e Signore,
l’Atto che ci vede convenuti questa mattina costituisce, a mio avviso, uno dei gesti più espressivi della vita di una comunità universitaria come la nostra. Si tratta, infatti, di un gesto squisitamente accademico – non a caso parliamo di Dottorato – che, nello stesso tempo, ne esprime la più profonda natura: l’essere communitas docentium et studentium. Il “più” è dato dal riconoscimento di veri maestri e della strada che essi segnano per il presente ed il futuro della stessa comunità universitaria.
Il gesto che stiamo compiendo – e lo dico soprattutto pensando agli studenti – documenta chiaramente l’impossibilità di studiare teologia senza la presenza di maestri e, in derivazione da essi, di una “scuola”. Ogni scienza, ma la teologia in modo del tutto particolare e specifico, esige comunità di vita e di intenti tra maestri e discepoli. Conferire un Dottorato honoris causa diventa in tal modo una precisa indicazione di metodo per tutti noi.
Qual è, però, l’onore che sta all’origine del titolo di Dottore che la nostra Facoltà conferisce oggi a Sua Eminenza? È l’onore della scienza teologica. Sarà compito della Laudatio esporre in modo rigoroso e dettagliato le ragioni per le quali viene conferito tale onore a S.E. Zizioulas, Metropolita di Pergamo.
Da parte mia voglio, semplicemente, aggiungere un ricordo personale e un rilievo che, a mio parere, è oggi particolarmente importante
Tra le diverse occasioni in cui ho avuto modo di incontrare Sua Eminenza, conservo memoria particolarmente grata della mattina di lavoro ci vide impegnati all’Heythrop College de Londra, prestigiosa istituzione dei gesuiti britannici, l’11 dicembre del 2004, per riflettere sul primato petrino. Fu un momento pubblico di intenso dialogo, teso al riconoscimento della verità del Vangelo vivente nella Chiesa e senza sconti per quanto riguarda le affermazioni teologiche che entrambi consideravamo imprescindibili.
In secondo luogo, mi preme sottolineare l’insistenza nei molti scritti di Sua Eminenza sulla radice eucaristica della Chiesa, che trova assonanze con quanto Benedetto XVI ha affermato in Sacramentum caritatis n. 14 a proposito della causalità eucaristica della Chiesa. Nell’Eucaristia si concentra il nesso inscindibile tra passato dell’evento storico della redenzione, presente della confessione ecclesiale di fede e futuro del compimento escatologico. Senza questo nesso intrinseco e senza riconoscere il peso oggettivo che l’escatologico possiede già nel presente della Chiesa, si rende più faticoso il cammino ecumenico.
Eminenza, come Gran Cancelliere della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale considero un privilegio poter presiedere questo solenne Atto Accademico. Sia questo un’ulteriore espressione del cammino comune che ci vede impegnati.
Mi permetta di porgerLe un buon auspicio, che La prego di voler far pervenire a Sua Santità il Patriarca Bartolomeo, per l’ormai vicino appuntamento del Sinodo Pan-ortodosso che si svolgerà presso la Cattedrale di Sant’Irene a Costantinopoli il prossimo anno.
Grazie.
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La Santa Trinità e la Persona Umana
Intervento del Metropolita Ioannis (Zizioulas) di Pergamon
E’ con profonda gratitudine che oggi ricevo uno dei più grandi onori dati alla mia umile persona durante la mia vita e il mio ministero nella Chiesa e nella comunità accademica. Vorrei esprimere i miei profondi ringraziamenti a Sua Eminenza Cardinale Angelo Scola per la sua gentile iniziativa di proporre a questa rinomata Facoltà Teologica il conferimento alla mia persona di una dei più alti riconoscimenti accademici, la laurea di Dottore in Teologia honoris causa. Accetto questo onore con grande apprezzamento e profonda emozione.
Per circa mille anni i due “polmoni” dell’antica Chiesa, le tradizioni teologiche Orientali e Occidentali, hanno cessato di respirare insieme. L’Oriente e l’Occidente hanno seguito strade separate e indipendenti, molto spesso in contrapposizione tra loro, a scapito di ciò che il defunto padre Georges Florovsky chiamò “l’antico ethos cattolico”. Questo periodo è terminato quando i coraggiosi leaders della Chiesa d’Oriente e della Chiesa d’Occidente, quali i defunti Papa Giovanni XXIII e Paolo VI dalla parte Cattolica, e l’Ecumenico Patriarca Athenagoras dalla parte Ortodossa, aprirono un nuovo capitolo nella storia della Chiesa introducendo il dialogo di amore e verità tra le due antiche Chiese, la Cattolica Romana e l’Ortodossa, con la prospettiva di restaurare piena comunione tra di esse in obbedienza al volere di nostro Signore “perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”. (Giovanni 17,21).
Questo ravvicinamento ecumenico sta avendo luogo a diversi livelli. C’è in primo luogo un ecumenismo di spazio che riunisce le Chiese Cristiane e le confessioni dai tutto il mondo sotto forma di incontri e organizzazioni. Allo stesso tempo c’è anche ciò che padre Georges Florovsky chiamava ecumenismo del tempo, cioè il tentativo di mettere in relazione la ricerca dell’unità Cristiana al nostro passato comune, la scrittura Cristiana e la Tradizione della Chiesa, compreso il patrimonio Patristico, che è di importanza decisiva soprattutto per gli Ortodossi e i Cattolici Romani. E ci deve anche essere ciò che possiamo chiamare un Ecumenismo Spirituale, cioè lo sforzo di riunire i Cristiani divisi in termini di spiritualità, in quanto questo è espresso nella vita ascetica, di preghiera, ecc.
A queste forme di ravvicinamento ecumenico vorrei aggiungere una quarta che chiamerei Ecumenismo Esistenziale. Con ciò intendo lo sforzo di relazionare la ricerca dell’unità Cristiana alle più profonde preoccupazioni esistenziali dell’essere umano, quali le questioni della vita, dell’amore, della libertà, ecc., che preoccupano ogni uomo in ogni tempo ed in ogni luogo. Questo tipo di ecumenismo, che abbiamo tentato di ignorare o bypassare in passato, sembra essere di cruciale importanza soprattutto nel nostro tempo. Se guardiamo la situazione in cui i Cristiani vivono oggi in luoghi quali il Medio Oriente, noi ci renderemo conto che tutte le differenze dogmatiche ed altre che li hanno divisi per secoli sono sostituite da problemi esistenziali fondamentali comuni a tutti loro in quanto esseri umani, quali la libertà e la dignità personale, o addirittura la vita e la morte. Coloro che perseguitano e uccidono i Cristiani in queste aree non chiedono loro a quale chiesa o confessione appartengono. Un ecumenismo del martirio sta avendo luogo lì, unendo tutti i Cristiani al livello di fondamentali situazioni esistenziali, quali la vita, la morte, la libertà e la dignità. In questa situazione ciò che emerge come il problema più importante è il valore della persona umana ed il suo fondamentale significato esistenziale.
Questo problema non è affatto limitato alle situazioni di conflitto e di guerra. E’ presente in tutte le società e culture; è il problema che permea la nostra vita quotidiana, non importa dove viviamo. La domanda che sta alla base e caratterizza il nostro atteggiamento e comportamento sempre e in ogni cultura è questo: diamo alla persona umana un fondamentale significato esistenziale, o lo consideriamo e lo trattiamo come un mezzo che può essere sacrificato per un valore più alto? Come la fede Cristiana e la teologia considerano la persona umana?
Qui vorrei darvi alcune modeste riflessioni sul significato dell’idea di persona nella teologia Cristiana prendendo spunto dalla nostra tradizione comune in Oriente e Occidente. Il mio scopo è quello di mostrare che il personalismo è centrale alla nostra comune fede Cristiana e può servire come fondamento di un ecumenismo esistenziale che può rendere la nostra unità pertinente ai bisogni fondamentali dell’umanità.
Le radici teologiche dell’idea di Persona
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