R. – Anzitutto, vorrei dire che il fatto che Scalfari abbia dedicato di nuovo un lungo editoriale a Papa Francesco e al suo insegnamento è un segno della grande attenzione che lui, ma oltre a lui, l’intero mondo laico, sta dedicando al Papa. E questo è certamente un segno positivo anche di un dialogo con il mondo laico, che il Papa ha saputo avviare. Per quanto riguarda, però, alcuni contenuti di questo articolo, è giusto fare qualche considerazione, anzitutto su questa affermazione che il Papa abbia abolito il peccato. Certamente, non è pertinente, anzi chi segue veramente il Papa giorno per giorno sa quante volte egli parli del peccato, parli della nostra condizione di peccatori e, anzi, proprio il messaggio della misericordia di Dio, che Scalfari mette in rilievo, e che è fondamentale, e che certamente il Papa ha messo al centro del suo annuncio del Vangelo, si capisce tanto più profondamente quanto più si comprende la realtà del peccato. Papa Francesco è un gesuita e vorrei ricordare che gli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio, che certamente sono stati anche per lui scuola di spiritualità e di vita cristiana, cominciano proprio con la prima settimana dedicata alla meditazione dei peccati – dei peccati nel mondo e dei peccati personali – e le meditazioni si concludono con un meraviglioso colloquio in cui ci si mette di fronte a Gesù Crocifisso, ricordando che da Creatore è venuto a farsi uomo ed è venuto alla morte per morire per i nostri peccati, per i miei peccati. E io, di fronte a Gesù Crocifisso, comprendendo la profondità della grazia che io peccatore ho ricevuto, mi interrogo su cosa ho fatto per Cristo, su cosa faccio per Cristo e che cosa devo fare per Lui. Quindi, la dinamica spirituale fondamentale, in cui anche il Papa si pone, è la consapevolezza dei peccati e il domandarne perdono; vedere la grandezza infinita della misericordia di Dio e così lanciarci nella vita cristiana, rinnovata dalla misericordia e dall’esperienza dell’amore di Dio. Se uno elimina il peccato, il messaggio della misericordia non si comprende più.
D. – In un altro passaggio del suo articolo Scalfari fa riferimento alla conversazione avuta con Papa Francesco e, in particolare, ad una risposta da lui ricevuta circa la capacità umana di pensare Dio una volta estinta la vita sulla Terra. Risposta che, a suo dire, sarebbe stata “la divinità sarà in tutte le anime e tutto sarà in tutti”…
R. – Ecco, anche qui si vede come la cultura umanistica, la riflessione di Scalfari non si trovi sempre a suo agio in campo biblico-teologico, perché qui evidentemente si tratta del fraintendimento di una risposta che il Papa gli aveva dato nel colloquio, in cui proprio alla domanda sulla fine della realtà di questo mondo, il Papa faceva riferimento al capitolo 15 della prima Lettera ai Corinzi, versetto 28, che è un luogo molto famoso della Scrittura, in cui si parla delle ultime realtà e in cui si dice che “Dio sarà tutto in tutti”. Quando tutto sarà stato sottomesso a Dio Padre dal Figlio, allora Dio sarà tutto in tutti. E questo diventa invece, nella lettura di Scalfari, una realtà invece di tipo panteistico. Egli scrive: “La divinità sarà in tutte le anime e tutto sarà in tutti”. Questo certamente non è quanto la Scrittura ha in mente, né il Papa aveva in mente. Un’altra inesattezza evidente in questo articolo è che Scalfari dice che il Papa ha canonizzato Sant’Ignazio di Loyola e, invece, come tutti sappiamo, nei giorni scorsi ha canonizzato Pietro Favre, che era il primo compagno di Sant’Ignazio di Loyola e Ignazio di Loyola era già Santo della Chiesa da diversi secoli. Quindi, credo che bisogna stare attenti a continuare un dialogo, ma ad approfondirlo in modo tale che non ci siano degli equivoci e ci si capisca veramente.
Fonte: Radio Vaticana
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