Emanuela, sguardo azzurro, chioma bionda. Ci siamo viste solo una volta, di sfuggita, il tempo di presentarci senza poter scambiare due parole. Ho pensato di intervistarla qualche giorno fa, quando ho notato sul suo profilo Facebook un disegno coloratissimo e ricco di particolari che solo occhi giovani potevano realizzare con mani sicure.
Sono raffigurati sette tra ragazzi e bambini e poi a destra due adulti, i genitori, la mamma ha le scarpe con il tacco e gli occhi a cuore, il papà un sorriso largo e felice. Sul prato verde calpestato da diciotto piedi compare la scritta: “La mia grande famiglia”.
Sì, perché quella di Emanuela e Marcello è una grande famiglia: hanno 7 figli, per ora ?
Ho raggiunto Emanuela al telefono e mi ha subito sorpreso la sua voce squillante, la risata limpida. La ringrazio per la generosità e il tempo che mi ha concesso.
Cara Emanuela, partiamo dall’inizio, come è nata la storia con Marcello?
Ci siamo conosciuti nel ’92 ad un concerto, Marcello cantava in un gruppo. Ero lontana anni luce dalla fede e questo all’inizio è stato un terreno scivoloso su cui confrontarsi. Lui non vedeva assolutamente un futuro per noi perché avevamo visioni completamente diverse. Uscivamo, ci frequentavamo, stavamo bene insieme ma niente di più. Era un rapporto all’insegna del divertimento, non il classico fidanzamento cristiano. Marcello era cresciuto in parrocchia ma viveva un momento di distacco, a vent’anni è facile avere degli alti e bassi con la fede. I miei genitori invece – separati da quando avevo nove anni – non erano credenti, infatti fui battezzata per volontà dei miei nonni, il resto dei sacramenti li ho ricevuti in età adulta.
Come siete passati a fare sul serio?
Andammo avanti per un po’ e poi lo lasciai. Volevo divertirmi e finito quel momento iniziale di spensieratezza decisi di chiudere. Passarono otto mesi e ci incontrammo di nuovo ad un concerto. Era molto cambiato, appariva diverso ai miei occhi pur restando la stessa persona di cui mi ero innamorata. Ma c’era dell’altro. Mi resi conto di provare ancora dei sentimenti per lui e ci riavvicinammo. Soltanto molti anni dopo mi confidò che in quel periodo aveva pregato molto per me, per la mia vita, per la mia felicità, per farmi incontrare il Signore e infatti andò proprio così.
Come è avvenuto il tuo avvicinamento alla fede?
Quella sera ci riavvicinammo, e poco dopo partimmo insieme per un viaggio. Era il ’95 ed un amico comune ci propose di andare a Medjugorie per portare vestiti e cibo ai bambini orfani affidati alle cure delle Suore della Famiglia ferita. Il mio punto debole sono da sempre i bambini e quindi accettai immediatamente. Non sapevo che luogo fosse Medjugorie, non lo conoscevo, partii con l’intento di aiutare questa missione. Ma una volta lì la Madonna mi ribaltò come un calzino! Dovevamo rimanere tre giorni e invece appena arrivati si ruppe il nostro furgoncino e questo ci “costrinse” a restare due settimane. Immaginavo di dover andare a soccorrere orfani devastati dalla guerra, nella totale disperazione, e invece incontrai bambini gioiosi che mi invogliarono a pregare. Ero convinta di doverli aiutare ma furono loro ad accogliermi. Tanta gente pregò per me, io partecipai a qualche messa… nulla di più, ma quando tornai in Italia sentii forte nel cuore il desiderio di conoscere la Chiesa, di cominciare un percorso di riavvicinamento.
Tu che eri così scettica, come hai fatto a cascarci (nel matrimonio)?
L’estate dell’anno successivo presi i sacramenti, Comunione e Cresima. Feci un corso con il sacerdote che poi ci sposò e che, oltre a seguirmi per il catechismo, nel frattempo ci accompagnava come fidanzati per prepararci al matrimonio. Avevo tanto bisogno, vista la mia esperienza familiare, di uno sguardo sincero su di me, su quella che era stata la mia storia. Non credevo nella famiglia, reputavo il matrimonio una balla, l’esperienza dei miei genitori mi diceva che l’amore eterno non esisteva. Ci voleva Qualcuno che smontasse le mie convinzioni, c’è stato parecchio da lavorare. Questo percorso ci ha permesso di guardarci in profondità, di conoscerci, di scoprire i difetti dell’altro. Siamo cresciuti gradualmente ma la certezza di voler diventare marito e moglie è arrivata per me attraverso un gesto bellissimo di Marcello. Un giorno di fronte alle mie miserie, alle mie debolezze, invece di scappare mi chiese di sposarlo, disse: “io ti perdono, sposami”. Credevo che una volta scoperti i miei limiti mi avrebbe lasciato, e invece accadde il contrario: questo fece crollare tutti i miei pregiudizi. Il Signore in quel momento operò un grande miracolo.
Prima del matrimonio scoprimmo di aspettare Elia, il nostro primogenito, e quindi anticipammo la data delle nozze, ormai certi della nostra scelta. Non avevamo nulla: né una casa né un lavoro, lavoravo soltanto io, Marcello sognava di fare il cantante. Questi aspetti non ci spaventavano minimamente talmente eravamo felici. Trovammo casa provvidenzialmente una settimana prima del matrimonio, e c’era tutto, era arredata da cima a fondo. I problemi furono sciolti uno alla volta, davvero il Signore ci accompagnava passo dopo passo. Nei nostri pensieri c’era il desiderio di una famiglia numerosa e infatti fummo subito accontentati. I primi tre figli arrivarono uno dietro l’altro.
Come è iniziata la vostra avventura di giovani sposi?
Marcello trovò lavoro quando nacque Elia, un altro segno grande, io lavoravo saltuariamente, ma dopo la nascita del terzo figlio decidemmo che sarei rimasta a casa. Quel che guadagnavo lo spendevo in baby sitter ed ero abbastanza isterica. Sono una perfezionista e quindi mi immergevo completamente nel lavoro, ma una volta rientrata a casa mi sentivo stanca e svuotata ed era facile che perdessi la pazienza alla prima richiesta dei figli. All’inizio ho vissuto male la scelta di lasciare il lavoro, volevo farcela da sola ad ogni costo, non volevo arrendermi e invece quanta serenità ho guadagnato! Anche questo è stato un grande insegnamento per me: fidarsi del marito, affidarsi alla Provvidenza.
Al terzo figlio abbiamo conosciuto i metodi naturali grazie ai consigli di un sacerdote. Siamo andati a frequentare un corso che ci ha aperto ad una bellezza grandissima e che ha aiutato tanto il nostro rapporto di coppia. Conoscere il corpo, i suoi tempi, comprendere che l’eventuale periodo di astinenza non è privazione, ma è anche un modo per riscoprire l’intimità, riaccendere il desiderio, ritrovarsi vicini in un altro modo, sono insegnamenti preziosissimi che ci hanno unito. Dopo i primi tre figli abbiamo perso un bambino durante le prime settimane di gestazione, ma qualche mese più tardi ho scoperto di essere nuovamente incinta e questa volta di due gemelle! Ero felicissima, non facevo che ridere, mi sentivo al settimo cielo! Era come se il Signore mi avesse restituito in abbondanza quello che prima mi aveva tolto.
“Dio vede e provvede”: è stato davvero così?
Sì, il primo segno della Provvidenza che mi viene in mente, il più sorprendente, è stato l’essermi riconciliata con mio padre. Lui non venne al nostro matrimonio perché aveva da lavorare, questa fu la sua motivazione. “Verrò al prossimo” – mi disse – ed io rimasi malissimo. Non credeva nel matrimonio per questo non aveva dato importanza al mio. Non ci siamo parlati per tanto tempo, ero molto arrabbiata. Poi un giorno mi suonò alla porta di casa, me lo ritrovai davanti e lì si sciolse tutto. Sentii davvero la potenza della mano del Signore perché quello era un mio grandissimo desiderio, tante volte avevo immaginato le sue scuse, avevo sperato che prendesse consapevolezza dei suoi errori e che si riavvicinasse a me, e così avvenne. Ero incinta di Elia e riconciliandomi con mio padre sentivo come se il puzzle confuso della mia vita stesse prendendo forma. Tutto non per merito mio ma per grazia di Dio. Negli anni ho visto tantissime volte la Sua mano agire concretamente nella nostra vita e ho sempre cercato di mostrarlo ai miei figli. Le cose piccole, banali, sono quelle che mi stupiscono e commuovono di più, perché mi fanno dire “ma anche qui arrivi?”.
Se ci affidiamo a Dio davvero Lui provvede. Ad esempio mio figlio che una mattina mi dice “mamma siamo senza cacao” e poi dieci minuti dopo bussa alla porta il prete della parrocchia con uno scatolone di cacao in mano: “Vi ho portato questo, noi non lo mangiamo, magari a voi serve”.
Quando il Signore non ascolta le mie richieste mi arrabbio, mi allontano, anche se non salto mai la messa. Poi capisco però che se non mi accontenta evidentemente va bene così per la mia vita. Arrivo a comprenderlo solo facendo la Sua volontà, restando in quella situazione, perché se facessi come mi pare non riuscirei a prenderne consapevolezza.
7 figli: Elia, Sara, Giacomo, Anna, Emma, Tommaso e Veronica (per ora)… vi siete mai sentiti criticati per questo?
Non sono venuti al mondo tutti insieme, non è stata una scelta incosciente, ogni gravidanza è stato un dono unico. Più la famiglia cresce più si allarga il cuore. Le solite critiche sui figli che diventano soldatini costretti a crescere in fretta non mi hanno messo in crisi. Non ho mai obbligato i grandi ad occuparsi dei più piccoli, a loro è venuto spontaneo. Ovviamente negli anni i giudizi non sono mancati, ma non ci hanno fatto soffrire più di tanto e nemmeno arrabbiare, perché sappiamo che ognuno ha la sua storia e la sua esperienza. Per mia madre ogni figlio in più era un figlio che avrei dovuto mantenere dopo la separazione: previsioni ottimistiche quindi! Mia suocera è stata sicuramente più comprensiva, nonostante le normali preoccupazioni. Scegliere di essere una famiglia numerosa, anche se per questo non sempre capiti, non ci ha reso minimamente dubbiosi o indecisi.
Cosa vorresti dire alle coppie di futuri sposi?
Di non aver paura, io e Marcello lo diciamo anche alle coppie che accompagniamo nel corso di preparazione al matrimonio. Ci sono tanti pregiudizi sul numero dei figli, molti credono che avere tanti bambini significhi togliere loro qualcosa: ma in realtà è il contrario, è donare. La ricchezza dei fratelli è grandissima. E poi vorrei dirgli che il matrimonio non può andare avanti solo appoggiandosi alle proprio forze: malgrado le ottime intenzioni non è possibile. La coppia ha bisogno di essere sostenuta dalla Chiesa, ha bisogno di camminare, di incontrare Cristo, perché altrimenti anche le piccole cose diventano macigni insormontabili. Gli sposi godono della grazia del sacramento che si può chiedere giorno dopo giorno al Signore.
Dopo aver ricevuto tanto come vi impegnate per donare a vostra volta?
Io e Marcello seguiamo i genitori dei ragazzi del catechismo, cerchiamo di portagli un primo annuncio, perché i catechisti possono fare un gran lavoro per educare i ragazzi ma la fede la trasmettono i genitori, e per questo riteniamo importante sostenerli. La nostra priorità è annunciare loro che Dio li ama. Inoltre seguiamo anche le coppie che si preparano al matrimonio. Accompagnare i fidanzati aiuta tantissimo la nostra relazione, è per noi ogni volta un modo di riscoprire la bellezza del sacramento sponsale. Infatti quello che ci spinge a portare avanti quest’impegno, anche quando siamo stanchi, presi da mille cose, è sapere che ci fa bene, che ci serve. E’ un servizio che facciamo per gli altri ma egoisticamente è utile soprattutto a noi.
Anche quest’ultima considerazione mi conferma che Emanuela e Marcello hanno “scelto la parte migliore” che non verrà loro tolta.
Fonte it.aleteia.org/Silvia Lucchetti
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