Una risposta rapida. “Mi sembra che la cosa più importante sia la possibilità di un coordinamento per lo smistamento di tutte le pratiche e procedure che le imprese debbono fare – sottolinea Carlo Tedde, presidente di Confcooperative Sardegna -: abbiamo avuto con la Regione e tutte le organizzazioni esattoriali un incontro in cui abbiamo chiesto l’abbattimento delle tasse per le imprese colpite e la sospensione del versamento dei contributi, per studiare varie possibilità di venire incontro alle imprese colpite dall’alluvione. Quindi questa sollecitazione ha visto una risposta immediata da parte della Regione Sardegna, che ha dato l’incarico a un funzionario di coordinare le azioni”. La rapidità delle risposte è un dato di fatto: “Noi siamo già stati convocati; ora l’obiettivo è anche di organizzare le comunicazioni che dobbiamo dare alle imprese – prosegue Tedde -; la Regione oggi sta svolgendo un ruolo molto attivo ed è importante sfruttare il momento per rendere più coeso il gruppo delle rappresentanze regionali”.
Previsione e prevenzione. Secondo Stefano Andrissi, geologo-meteorologo, il problema del dopo alluvione è una conseguenza della mancanza di attenzione al territorio: “Noi siamo bravissimi a gestire il dopo, ma dobbiamo assolutamente migliorare nella previsione e nella prevenzione. E si deve migliorare nella gestione dell’evento. L’emergenza vede sempre scattare la solidarietà e la grande macchina della protezione civile che ormai è purtroppo ben collaudata per tutta una serie di eventi nefasti degli anni scorsi”. Per Andrissi è mancata “la fase di previsione e di gestione in tempo reale dell’evento: la prevenzione significa riconsiderare tutte le aree fluviali, valutando singolarmente le differenti situazioni perché il territorio non può essere valutato alla stregua di un’equazione matematica, ma nella sua naturalità, evidenziandone la variabilità”. Per l’esperto “bisogna dotarsi degli strumenti scientifici esistenti per le previsioni, come radar metereologici mobili, e per la quantificazione della quantità d’acqua che cade. Se si conoscono i tempi di movimento dell’onda di piena per raggiungere un’area critica quale può essere un ponte, si ha il tempo necessario per poter bloccare il traffico e avvisare la popolazione”. Magari, come suggerisce Andrissi, con i vecchi sistemi d’allarme: “Spiegare alle popolazioni che se sentono suonare le campane in una certa maniera è un avviso di pericolo. Le campane si sentono dappertutto, ma sono un mezzo semplice e forse per questo vengono considerate”.
a cura di Massimo Lavena Per Agenzia Sir
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