Bartolo Longo nasce a Latiano in provincia di Brindisi (Br) il 10 febbraio 1841 e muore il 5 ottobre 1926, seppellito nel “suo” santuario della B.V. di Pompei.
Nel 1851 muore il padre. Si iscrive alla facoltà di giurisprudenza alla università di Napoli in cui circolavano idee massoniche anticattoliche e viene pesantemente condizionato in modo negativo dal pessimo libro “Vita di Gesù” del 1863 di Joseph Ernest Renan un positivista che cancellando il soprannaturale con una lettura puramente naturale dei miracoli non raramente banalizzante, riduce Gesù in modo pregiudizionalmente immanentista a semplice uomo e la divinizzazione del Cristo una invenzione della Chiesa primitiva.
Così Bartolo Longo lascia la Chiesa scegliendo lo Spiritismo. Il 29 maggio 1864, a 23 anni, Bartolo Longo partecipa ad una seduta spiritica. Fu proprio in una delle prime sedute che il giovane domandò allo spirito: Gesù Cristo è Dio?”. La risposta fu: “Sì, Gesù Cristo è Dio”. La seconda domanda fu: “Sono veri i precetti del decalogo?”. “Sono tutti veri, meno il sesto”. Durante una seduta spiritica, rimasto solo con il medium, Bartolo Longo sentì sibili di serpenti, stridi di donne e poi visioni di draghi e di cose spaventose. In mezzo a quell’orribile scena e a quel fracasso sentì la voce dello spirito: “Che cosa vuoi da me?”. Egli rispose: “Domando quale delle due religioni sia vera, la cattolica o la protestante?”. E lo spirito rispose: “Sono tutte e due false”.
Vi è un PROCESSO GRADUALE DI APOSTASIA in cui prima lo “spirito” (=il demonio) indebolisce la volontà di Bartolo Longo invitandolo a trasgredire il SESTO comandamento e a RINNEGARE LA CHIESA. Allo stesso tempo lo “spirito” (=il demonio) inizialmente gli conferma che Gesù è il Signore per poi, una volta che è stato ammorbato dal veleno di Renan, negare la divinità di Gesù. Come si presentava lo “spirito”? MIMETIZZANDOSI sotto le spoglie dello “arcangelo Michele” imponendogli di recitare i Salmi, di digiunare rigorosamente e voleva che il suo nome lo portasse come segno di protezione scritto in testa a tutte le sue carte, portato sul cuore e scritto in cifra rossa e racchiuso in un triangolo sopra pergamena.
Tale “arcangelo Michele”, lo “spirito” o demonio mimetizzato, NON VOLEVA SENTIR PARLARE DELLA MADONNA e si SCONCERTVA APPENA LA SI NOMINAVA. Nello spiritismo Bartolo pensò di trovare tutte le risposte ai suoi dubbi, al punto che divenne SACERDOTE DELLO SPIRITISMO. Oltre all’allontanamento dal cristianesimo, lo spiritismo e i prolungati digiuni cui si assoggettava per acquistare sempre nuova sensibilità nelle oscure trame, lo portarono a danneggiare la propria salute fisica e mentale, fiaccandogli irrimediabilmente l’apparato digerente ed in particolare l’intestino.
Bartolo, incontrò, a Napoli, il concittadino prof. Vincenzo Pepe che – disse – cercò “di farmi svincolare dal SATANICO GIOGO DELLO SPIRITISMO, e ripudiare le sue infernali dottrine, in cui, io per indomabile brama di conoscere la verità, (erano allora i tempi famosi di Renan), era stato miserevolmente travolto” (B. Longo, I nostri amici intimi. Il prof. Vincenzo Pepe, (Piccole letture 67), Pompei 1925, p.9). In seguito a una seduta spiritica fu tale lo sconvolgimento interiore di Bartolo che Vincenzo Pepe gli consigliò: “Ti devi confessare in San Domenico Maggiore ad un dotto teologo tomista ed esperto scovritore delle insidie del diavolo [Padre Roberto Radente] … L’uomo che doveva ridare alla Chiesa una delle sue più fulgide glorie era un frate domenicano, il padre Alberto Radente. Il professor Pepe non avrebbe potuto fare scelta più felice. Qual santo religioso era veramente l’uomo di Dio quali richiedevano una intelligenza e un cuore come quelli di Bartolo” (E.M. Sepreafico, Il servo di Dio Bartolo Longo, Pompei 1944-47, voll.2, I, pp.104.105). Dopo un mese di colloqui giornalieri, il 23 giugno, rifece la sua Prima Comunione e torna alla vita cristiana. Egli cerca di evangelizzare, gli stessi ambienti che lo hanno visto ribelle diventando lo zimbello degli ex-amici che lo ostracizzano.
Nel 1872 la sua attività di avvocato lo spingono a frequentare Valle di Pompei. Facendo due passi nella Valle di Pompei entra in una chiesetta che era in situazioni precarie: stinta, con le ragnatele e un altare di legno dissestato. Il paese non aveva né scuola, né autorità. Vagando senza meta, in un vicoletto chiamato Arpaia, sente una voce, che gli sussurrava di propagare il Rosario per la propria salvezza. Si mette così subito all’opera: prima catechista, quinndi collaboratore parrocchiale, animatore, organizzatore di feste popolari e religiose. Il 3 febbraio 1876 recatasi in casa Lucarelli a Napoli per chiedere la sottoscrizione di un soldo al mese per la costruzione di una chiesa a favore dei poveri contadini di Valle, trova la disponibilità della signorina Anna. Anna parlò alla Contessa De Fusco della nipotina dodicenne Clorinda affetta da una forma grave di epilessia giudicata inguaribile dal celebre Professor Cardarelli. Il 13 febbraio, giorno in cui l’immagine della Madonna, restaurata alla meglio, veniva esposta in Pompei alla pubblica venerazione e il popolo si impegnava nella recita del Rosario, Clorinda guariva perfettamente.
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Era il primo di una lunga serie di miracoli, che costelleranno la storia del Santuario di Pompei. Il fervore derivante dall’incalzare dei prodigi spinge il Vescovo a porre immediatamente la Prima Pietra del futuro tempio e Bartolo Longo propone la data dell’8 maggio, festa, allora, di S. Michele Arcangelo, venerato al Monte Gargano, sotto la cui protezione voleva porre la chiesa. Per la chiesa si decise di non ricorrere ad un architetto per via dei costi, ma la Provvidenza Divina portò l’architetto Antonio Cua a offrie i suoi servizi per rifare il progetto e dirigere gratuitamente i lavori. La tela della Madonna, seppure restaurata dal pittore Galella, appariva ancora assai dozzinale, allora il Professor Federico Maldarelli dell’Accademia di Napoli si offrì di intervenire.
L’8 maggio 1887 viene consacrato il nuovo altare ed è inaugurato il trono della Madonna. In quel giorno nasce anche la prima Opera sociale di Pompei, l’Orfanotrofio Femminile ad esclusivo carico del Fondatore unitamente alla Contessa Marianna De Fusco, divenuta, dal 1 aprile 1885, sua consorte. La prima bambina, orfana di ambo i genitori, è di Venezia e si chiama Maria. Ben presto saranno cinque, poi quindici, poi cominciano a non contarsi più. Il 6 maggio 1891 viene consacrata la nuova chiesa e il 24 maggio dello stesso anno Bartolo Longo lancia un appello ai devoti della Madonna e agli uomini di buona volontà di tutto il mondo per la fondazione di un’Opera per i Figli dei Carcerati.
L’anno dopo veniva accolto il primo figlio di carcerato, un calabrese, che poi diventerà Sacerdote; fu un’opera gloriosa, ma combattuta dalla cultura, dalla scienza positivista del tempo, che non riconosceva la educabilità del figlio del delinquente. I fatti e gli scritti di Bartolo Longo dimostreranno il contrario. Papa Pio X mostrò grande stima per il Fondatore della nuova Pompei e approvò la Pia Unione Universale per la recita del Rosario in comune e nelle famiglie, proposta dal Longo, volendo esserne il primo iscritto.
Nel 1921, all’età di 80 anni, Bartolo Longo riuscì a completare la sua opera di redenzione, aprendo l’Istituto per le Figlie dei Carcerati, “l’ultimo voto del cuore”, che seguiva al Santuario, ormai diventato Basilica Pontificia, al culto del Rosario diffuso nel mondo, alla preghiera universale simultanea: la Supplica alla B.V. del Rosario l’8 Maggio e la Prima Domenica di Ottobre, alla promozione del Movimento Assunzionista per ottenere la definizione del dogma dell’Assunzione di Maria, all’Orfanotrofio Femminile, all’Istituto per i Figli dei Carcerati, all’Istituto per le Figlie dei Carcerati, alla Congregazione femminile delle Suore Domenicane Figlie del S. Rosario di Pompei, con lo scopo primario di assistenza e di educazione dei bambini e delle ragazze delle Opere, al monumento alla Pace Universale, costituito dalla facciata del Santuario, frutto di un plebiscito mondiale (1901), alle Case Operaie per i dipendenti, alla tipografia con annessa legatoria anche artistica, alle officine, alla scuola di arti e mestieri, attività trasformate successivamente in scuole, Bartolo Longo realizzò tutto ciò con la fede e la preghiera. Entrò in Paradiso il 5 ottobre 1926, le sue spoglie mortali sono nella cripta del Santuario. Il 26 ottobre 1980, il Papa Giovanni Paolo II, già pellegrino a Pompei, lo proclamava Beato.
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