Con la vittoria del presidente turco Recep Tayyp Erdogan al referendum costituzionale, «la Nato si trova davanti a un fatto paradossale», commenta a tempi.it l’inviato di guerra Gian Micalessin, riprendendo il suo articolo uscito ieri su Il Giornale. «L’Alleanza Atlantica ha attaccato il serbo Milosevic, bombardato la Libia di Gheddafi e combattuto in Afganistan per sedici anni, il tutto in difesa della democrazia.
Ora però si trova ad avere come alleato con un dittatore che, dopo aver arrestato negli ultimi mesi decine di migliaia di presunti oppositori, ha annullato le basi della democrazia, prima fra tutte la divisione dei poteri».
Domenica 16 aprile la Turchia è stata a chiamare alle urne per votare sulla modifica della costituzione ed Erdogan è riuscito a strappare la vittoria del sì con il 51,4 per cento dei voti. La conseguenza è che il paese si trasformerà in una repubblica presidenziale: tra le varie modifiche previste, il presidente della repubblica sarà contemporaneamente capo dello Stato e del governo (con l’abolizione della carica del primo ministro), potrà indire lo stato d’emergenza e sciogliere il parlamento, avrà potere di nomina dei ministri e di parte dei membri dell’organo che disciplina giudici e magistrati.
CONTRO I “CROCIATI”. «Erdogan ha commentato la vittoria del sì sostenendo di aver avuto la meglio sui “crociati”. Si riferiva a Germania, Danimarca e Olanda, da lui accusate di “nazismo” perché gli avevano proibito di organizzare comizi per la campagna referendaria tra le comunità di immigrati turchi. In realtà, il rifiuto di questi tre paesi di accogliere i ministri turchi era dovuto al fatto che, poco tempo prima, i servizi segreti tedeschi avevano scoperto che l’intelligence turca sta utilizzando le moschee per identificare presunti nemici e oppositori del regime di Erdogan». Tutto questo, secondo Micalessin, ha determinato una «profonda lacerazione all’interno della Nato che sarà molto difficile da risanare». Il rischio è che si riaccendano vecchi conflitti, come quello intorno all’isola di Cipro, membro dell’Alleanza e contesa tra Turchia e Grecia.
NATO E RUSSIA. «La Nato finge di non vedere tutte queste incongruenze perché il capofila dell’Alleanza, cioè gli Stati Uniti, ritene che la Turchia abbia un’importanza strategica nello scontro con la Russia e l’Iran. Ma sulla questione siriana Erdogan ha già minacciato di rivedere le proprie alleanze. Bisogna ricordare che nel 2015 la Turchia ha abbattuto un aereo russo, ma nell’estate del 2016 ha stretto un’intesa con i russi, in base alla quale dava il via libera a Putin per la liberazione di Aleppo in cambio del via libera per attaccare i curdi nel nord della Siria».
IMPERO OTTOMANO. Il problema di fondo, sostiene Micalessin, è che «da anni ci rifiutiamo di vedere il vero volto della Turchia: un paese fondamentale musulmano, composto da una parte della popolazione (quella che ha votato, cioè più della metà) che si riconosce perfettamente nella visione islamista-nazionalista di Erdogan. Il presidente ha vinto perché ha offerto ai turchi il sogno di far rinascere l’impero ottomano, quel neo-ottomanesimo a cui ha spesso fatto riferimento parlando dei “nemici crociati” e di un’Europa da sconfiggere a colpi di natalità».
La realtà, secondo Micalessin, è che «la costituzione di Ataturk era solo un tentativo di rivedere la natura della Turchia dandole una veste laica e democratica. Ma di fatto quella era solo una maschera, indossata da Erdogan per tredici anni, prima nel tentativo di entrare in Europa, e ora per realizzare il suo disegno strategico e politico».