Ha scoperto la fede alla soglia dei 30 anni, proprio alla vigilia di una fulminea carriera di scrittore di successo. Eric-Emmanuel Schmitt, romanziere francese di grande notorietà (i suoi libri sono tradotti in 44 lingue), ha incontrato Dio in una notte durante un’escursione nel deserto dell’Hoggar, in Algeria.
Era là per realizzare un documentario su Charles de Foucauld, il celebre mistico del Sahara beatificato da papa Benedetto XVI nel 2005. Quell’esperienza mistica – raccontata nel suo ultimo libro, La notte di fuoco (edizioni e/o) – l’ha condotto a leggere per la prima volta, lui professore universitario di filosofia, il Vangelo. E scoprire così, in maniera radicale e immediata, la rivoluzione del Risorto, una rivoluzione fatta di amore e di tenerezza.
Cosa ha trovato di nuovo e intrigante nella fede cristiana?
«Per me la lettura dei Vangeli è stata rivoluzionaria. Nel senso che tutte le mie idee sono state sconvolte, le mie priorità sono risultate rovesciate. Sono stato sconvolto perché questo testo parla solo di amore. Ero stato educato al rispetto e alla compassione, ma mettere l’amore al di sopra di tutto come chiede il Vangelo è stato uno sconvolgimento totale. Questo è quello che mi ha fatto aderire al cristianesimo. Avevo una formazione da ateo, venivo da una famiglia atea. Per me la fede è stata veramente una scoperta nell’età adulta».
Lei parla dell’amore come il cuore del messaggio cristiano. Ma non sempre questo concetto è compreso in maniera corretta. Cos’è l’amore del Vangelo? «Nel Vangelo io distinguo l’amore “particolare” e l’amore “in generale”. L’amore particolare è quello per il quale non abbiamo bisogno del Vangelo, basta una relazione amorosa. Per contro, la storia di Gesù è la storia di un altro amore, per cui si arriva a dare la vita per chi non ci ama e a perdonare chi ci offende. Qui c’è qualcosa di veramente inedito, qualcosa che non si era mai sentito nella storia. Gesù ci chiede di rimpiazzare la paura dell’altro con l’amore. Certo è un ideale, un valore che è sempre da costruire e realizzare, ma ciò è la grande provocazione del Vangelo. Questo mi ha sconvolto, perché l’amore universale che ci chiede Gesù ha rivoluzionato il mondo». Dove riscontra un esempio preciso di amore “in generale”? «L’amore particolare in fondo è l’egoismo ben compreso: “Ti amo perché tu mi ami”. È un amore ricambiato. L’amore incondizionato invece è quello che vivono genitori e figli: i genitori amano i figli in modo incondizionato, a prescindere da chi sono e da come sono. E così fanno i figli con i genitori. Forse all’amore universale ci arriviamo in famiglia, nella relazione amorosa invece spesso il nostro affetto è condizionato. In definitiva penso che sia questa la bellezza più vera e profonda nel cristianesimo». La nostra rivista Credere porta un sottotitolo, La gioia della fede, che spesso non è il primo pensiero quando la maggior parte della gente pensa alla religione. Come far sì che la gioia di credere in Dio torni a risplendere?
«Ritengo che noi siamo in una nuova era del cristianesimo. Non perché sia cambiata la fede, ma perché è mutata la società in cui viviamo. Per secoli la vita degli uomini e delle donne sulla terra è stata intrisa di dolore e sofferenza: la speranza di vita era bassa, si facevano tanti figli perché così almeno qualcuno restava in vita, si rischiava la vita per moltissime malattie… Oggi, in molte zone del mondo, le condizioni di vita sono completamente cambiate: si vive molto più a lungo, sono state sconfitte la maggior parte delle malattie, in nessuna epoca la gente ha sofferto meno come la nostra. Nei secoli passati il crocifisso era un simbolo che dava senso a tutta quella sofferenza e a quel dolore. Molti si identificavano nel Gesù che soffriva».
Come arrivare a questo traguardo? «Oggi il cristianesimo è chiamato a sprigionare il tesoro della gioia che racchiude. Dobbiamo imparare a leggere i Vangeli dando più importanza alla gioia che al dolore che esprimono. Per fare tutto questo penso sia importante scoprire sempre di più il fatto che Gesù era tenerezza e amore. La sua verità è quella di chi non giudica né condanna Maria Maddalena, ma l’accoglie e la perdona. Questo Gesù è fonte di luce, il suo è un racconto di luce. Per questo dobbiamo capire bene la differenza che esiste tra gioia e tristezza». Ovvero? «La tristezza è un sentimento che viviamo in rapporto a una mancanza, la gioia si confronta invece con una pienezza. Siamo tristi quando ci manca qualcosa, per esempio l’amore. Siamo felici per qualcosa che abbiamo. Per questo siamo davanti a un bivio: o guardiamo la vita dall’angolatura di quel che ci manca (benessere, soldi, tempo…) e allora siamo presi dal senso di ciò che non abbiamo, ovvero siamo tristi. Oppure la guardiamo dalla prospettiva di ciò che sicuramente possediamo, ovvero relazioni, amicizie, le persone che ci vogliono bene… È la qualità del nostro sguardo che fa la qualità della nostra esistenza. Il Vangelo ci insegna a guardare alla verità della nostra vita, alle cose essenziali». Come vede papa Francesco? «Lo vorrei incontrare! Lo amo e lo ammiro anzitutto perché ha scelto il nome di Francesco, una figura centrale nella mia spiritualità. Inoltre incarna questa tenerezza che ai miei occhi è essenziale. Egli è anzitutto amore, prima che giustizia. Trovo che tutto ciò che sta compiendo lo fa più in nome del Vangelo che a nome della Chiesa. Mi spiego: le istituzioni sono sempre un po’ portatrici di pericoli quando diventano autoreferenziali. Il filosofo francese Henri Bergson diceva che al cuore di tutte le religioni c’è un fuoco mistico, quello dei profeti e della parola di Dio. E che le religioni sono il raffreddamento necessario di questo elemento mistico. Ecco, Bergson diceva che tutte le istituzioni sono capaci di rigenerarsi se riattingono a questo fuoco nascosto. Francesco sta facendo incamminare la Chiesa verso questa sorgente». La biografia Eric-Emmanuel Schmitt è nato nel 1960 a Sainte-Foy-lès-Lyon, nei pressi di Lione, in Francia. Ha iniziato la sua carriera da professore di filosofia all’università di Chambery. In letteratura ha debuttato come autore di teatro (è il drammaturgo francese più rappresentato al mondo). In seguito si è affermato come romanziere: oggi è lo scrittore più studiato nelle scuole di Francia.
Redazione Papaboys (Fonte www.credere.it/Lorenzo Fazzini)