L’amicizia è senza dubbio la prima dimensione di questo nuovo incontro tra Napolitano, il presidente per la prima volta rieletto nella storia della Repubblica, e Francesco, vescovo di Roma per la prima volta preso «quasi alla fine del mondo», ma con radici indiscutibilmente italiane. Se infatti Napolitano ha parlato di vicinanza e di affetto «ben al di là del tessuto dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato in Italia», il Pontefice gli ha fatto eco sottolineando il «segno di amicizia» rappresentato dalla sua visita.
Già più volte, in questi primi mesi del pontificato, il presidente Napolitano ha mostrato verso Papa Francesco un’attenzione che oltrepassa persino «l’eccellente stato delle reciproche relazioni», grazie anche all’amicizia manifestata dal capo dello Stato nei confronti di Benedetto XVI. E a lui ha rivolto con delicatezza il pensiero il suo successore, che non manca occasione per ricordarlo con autentico affetto, mentre Napolitano ha voluto richiamarne il messaggio per i centocinquant’anni dell’unità italiana.
Il quadro è quello di rapporti istituzionali appunto eccellenti, costruiti nel tempo dopo la fine del potere temporale, un esito drammatico ma che in un memorabile discorso tenuto non a caso alla vigilia del concilio il cardinale Montini descrisse come provvidenziale. Rapporti che sono poi maturati nel corso del Novecento dalla Conciliazione all’inserimento nella Costituzione dei Patti lateranensi, e dall’accordo di revisione del Concordato alla «quotidiana collaborazione al servizio della persona umana» ricordata da Papa Francesco.
Proprio questa è l’altra dimensione dell’incontro tra il capo dello Stato e il Pontefice, che indica una strada comune: quella dell’essenzialità, rispecchiata dalla sobrietà e da alcune novità nello svolgimento della visita, come l’incontro di Papa Francesco con le famiglie dei dipendenti del Quirinale. Per oltrepassare «l’orizzonte di un rapporto tra istituzioni», ha sottolineato il presidente Napolitano in un discorso dai toni alti e autentici.
Ancora una volta colpisce la sintonia tra i due colli romani nell’attenzione alla realtà italiana e internazionale, ma ancor più impressiona, «nella distinzione dei rispettivi ruoli e ambiti d’azione», l’invito comune a un’attenzione per la persona umana, credenti e non credenti insieme. Su uno sfondo drammatico dove incombono le sfide del tempo presente, minacciato da tensioni e da una persistente crisi economica.
Soprattutto preoccupano la costruzione della pace e il sostegno alla famiglia. Ma importante è il riconoscimento da parte del presidente Napolitano delle «potenzialità nuove» del messaggio cristiano: non solo nell’opera volta a combattere l’insensibilità sociale, ma per lo stimolo nei confronti della stessa politica. Per costruire insieme una cultura dell’incontro e levare più in alto lo sguardo.
L’articolo proposto è stato scritto da Giovanni Maria Vian, direttore de L’OSSERVATORE ROMANO
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