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Essere felici: è arte, sfida, utopia o necessità?

Essere felici: contrasto tra la visione empirica di Schopenhauer ed il pragmatismo di Aristotele

di Daniele Venturi

Viviamo il tempo della grande depressione, appena usciti da una ‘bomba pandemica’ mondiale, e con una guerra che si preannuncia di lunga e difficile soluzione ai confini dell’Europa (che quotidianamente accompagna il nostro quieto vivere).

Ma allora… non c’è più spazio per sognare la felicità?

La prima risposta che possiamo dare è che… lo stato emotivo della nostra anima ‘dipende’ da ciascuno di noi, dalla volontà e dall’impegno che mettiamo nel raggiungimento di questo stato vitale. Facciamoci aiutare dai filosofi e dai pensatori più eccelsi, e capiamo se possono sostenere il nostro cammino con le parole che hanno dedicato a questo tema così importante e sostanziale per gli uomini.

“La felicità non può essere raggiunta attraverso il perseguimento dei piaceri materiali, poiché questi sono effimeri e non possono portare una felicità duratura. Invece, la vera felicità si trova nell’introspezione e nella comprensione della propria natura umana. Solo attraverso la meditazione e la solitudine possiamo comprendere la nostra vita interiore e trovare la pace interiore.

La felicità non deve essere vista come un obiettivo in sé, ma come un sottoprodotto della vita di cui possiamo godere solo se lo cerchiamo attraverso la comprensione della nostra natura umana”. Questa riflessione che hai appena letto è un brano tratto dal saggio “L’arte di essere felici” di Arthur Schopenhauer, che nel suo trattato afferma che la felicità non può essere raggiunta attraverso il perseguimento di piaceri materiali, in quanto questi possono essere effimeri e portare solo a una felicità temporanea.

Il filosofo tedesco suggerisce di trovare la vera felicità nell’accettazione della propria natura umana, che egli considera una combinazione di desideri e volontà. Secondo Schopenhauer, il desiderio è la causa principale della sofferenza umana, poiché ci spinge a cercare cose che non abbiamo e che non ci porteranno felicità duratura. Invece, la vera felicità si trova nell’accettazione di ciò che abbiamo e nell’apprezzare le piccole cose della vita.

Di opinione diversa è invece Aristotele: per il filosofo greco la felicità è addirittura il fine ultimo dell’umanità. Egli sosteneva che la felicità non è raggiungibile attraverso il perseguimento di piaceri effimeri o materiali, ma piuttosto attraverso la realizzazione di una vita virtuosa e moralmente sana.

Aristotele sosteneva inoltre che la felicità non può essere raggiunta attraverso il raggiungimento di un obiettivo esterno, ma piuttosto attraverso la realizzazione di un processo interno di crescita e sviluppo personale. Tra i suoi enunciati più chiari in materia, questo è da proporre: “La felicità è di coloro che sono sufficienti a se stessi. Non consiste in passatempi e divertimenti, ma in attività virtuose.”

Dove possiamo trovare la verità quindi?

Probabilmente la felicità è un’esperienza soggettiva e individuale, e la sua fonte può variare da persona a persona. Non c’è una formula magica che ci permette di calcolarla, ma una serie di azioni da fare che possono aiutarci ad assaporarla.

Tra le molte azioni da fare per essere indirizzati con armonia nella ricerca di questo benessere dello spirito – che è la felicità – possiamo invogliare i nosri lettori a coltivare relazioni significative con amici e familiari, trovare un lavoro o un’attività che si ami per avere un senso di scopo e realizzazione, prendersi cura del proprio benessere fisico e mentale con uno stile di vita sano e fare attività che portino piacere e gratificazione.

Senza nulla togliere ai grandi filosofi, possiamo affermare con certezza che la felicità è una combinazione di fattori interni ed esterni ad ogni individuo, ed è importante esplorare diverse attività quotidiane per non privarsene, abbattere alcuni paradigmi (anche nella mente) e scoprire cosa ’funziona’ meglio per se stessi.

Non è un ‘bene trattabile’ però, e privarsene è sicuramente un peccato.

Siamo nati per essere felici, anche se il mondo ‘detesta’ questa possibilità in troppe occasioni. C’è un piccolo segreto comunque, con il quale concludere questa riflessione, e ci viene da Sant’Agostino: ‘La felicità è desiderare quello che si ha’ sosteneva questo pensatore cristiano. Probabilmente, nel suo girovagare per tutta la vita alla ricerca di Dio, ci aveva visto giusto!

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