Giuseppe Guo Jincai e Giovanni Battista Yang Xiaoting, i due presuli di Pechino sulle nomine episcopali «Quando Francesco ci ha salutati nella Messa d’avvio sono volati via 70 anni di sofferenza»
Siamo qui per ringraziare, abbiamo atteso tanti anni questo momento e finalmente è arrivato». L’arrivederci a Roma è ora la strada di un nuovo inizio per Giovanni Battista Yang Xiaoting e Giuseppe Guo Jincai, i vescovi cinesi che per la prima volta hanno partecipato ai lavori di un Sinodo dopo la sigla storica dell’intesa Santa Sede-Cina sulle nomine episcopali che ha reso possibile per tutti i vescovi cinesi di essere in piena comunione con il Papa e per milioni di fedeli cattolici di far parte di un’unica comunità.
Concluso ieri il tempo previsto della loro permanenza ai lavori sinodali, prima di rientrare ai loro impegni pastorali nelle rispettive diocesi della Cina continentale, hanno voluto stringersi alla piccola comunità dei cattolici cinesi della Città Eterna per raccontare e condividere con loro questa «esperienza di grazia». Così nel cuore del rione Monti alla chiesa di san Bernardino da Siena in via Panisperna, che dal 2003 è officiata dalla comunità dei cattolici cinesi di Roma, hanno voluto celebrare la Messa insieme ad alcuni sacerdoti romani e con molta semplicità si sono rivolti ai fedeli in un clima di feriale convivialità. Il vescovo cinquantenne Giuseppe Guo Jincai, nativo di Chengde, ha raccontato la sua storia. Ha studiato nel Seminario dell’Hebei fino al 1992. È stato ordinato vescovo di Chengde senza mandato pontificio nel novembre 2010. Guo Jincai è uno uno dei sette vescovi canonicamente legittimati e riaccolti nella piena comunione da papa Francesco, nel quadro del dialogo che ha portato all’intesa sinovaticana sui criteri di selezione dei futuri vescovi cinesi. A lui abbiamo chiesto come ha vissuto queste giornate.
Eccellenza, cosa ha significato per lei partecipare per la prima volta a un Sinodo?
Quando ho ricevuto l’invito di partecipare al Sinodo sui giovani non credevo potesse essere vero. Mai avrei pensato potesse succedere. Per me è stata un’esperienza di grazia. Veramente ho sentito come la Chiesa è un’unica grande famiglia, abbiamo lo stesso battesimo, la stessa fede. Anche se le culture e le lingue sono diverse siamo una sola cosa e siamo così testimoni di una Chiesa unita nella diversità. Insieme al confratello Yang Xiaoting abbiamo potuto sperimentare un arricchimento nel dialogo paziente e fraterno.
Nella Messa d’inizio del Sinodo dandovi il benvenuto il Papa si è visibilmente commosso…
Quando abbiamo visto e sentito il Papa pronunciare quelle parole rotte dalla commozione anche noi ci siamo profondamente commossi. E sappiamo che anche di là in Cina, subito dopo, quando i fedeli hanno visto dal- le immagini così il Papa hanno provato gli stessi sentimenti. Come si può esprimere tutto questo? In quell’istante sono volati via più di settant’anni, abbiamo sofferto, abbiamo aspettato tanti e tanti anni… e finalmente è arrivato, la grazia di essere nella piena comunione con il successore di Pietro, la gioia di partecipare a un Sinodo della Chiesa… mi sono sentito, ci siamo sentiti tanto amati e chiamati dal Signore per testimoniare la stessa fede sotto la guida di Pietro. Oggi siamo qui per ringraziare.
In questi giorni ha incontrato spesso papa Francesco?
Abbiamo alloggiato a Santa Marta e abbiamo potuto convivere nella quotidianità insieme al Papa. Abbiamo potuto guardare la fede che vive nella ferialità, mangiare alla stessa mensa… un’emozione per noi. Davanti a questa esperienza che solo adesso si è compiuta ho ripensato a quel grande missionario italiano che secoli fa ha aperto la strada: Matteo Ricci. Ma cinquecento anni fa lui era solo, è venuto in Cina da solo, non aveva avuto allora il sostegno e l’aiuto che abbiamo ricevuto noi oggi che ci siamo sentiti sostenuti, incoraggiati dall’accoglienza del Papa, dal suo abbraccio, dall’abbraccio della Chiesa universale.
Avrà dunque avuto anche la possibilità di parlare a lungo con il Papa. Cosa vi siete detti?
Abbiamo potuto parlare con familiarità come figli con il loro padre. Ci ha detto che ci ama, ama il nostro Paese e che sempre prega molto per i cristiani in Cina. Noi gli abbiamo detto che la Chiesa in Cina prega per lui. Abbiamo ricevuto anche la sua benedizione come un papà che benedice i suoi figli. E noi abbiamo visto come si prende cura così di ogni vescovo.
In questi tempi difficili papa Francesco si è però rivolto con un appello ai cristiani chiedendo preghiere speciali per proteggere la Chiesa dal diavolo, che sempre mira a dividere. In Cina si prega per questo?
Il suo appello è il nostro. Dalla preghiera si ottiene il bene. È importante pregare insieme. Tutti i giorni in questo mese di ottobre in ogni parrocchia cinese si prega il rosario con le invocazioni come ha chiesto il Santo Padre. Preghiamo per le intenzioni del Papa, per l’unità fra di noi nella Chiesa di Cristo, perché il mondo veda che siamo una.
Cosa porterete di questi giorni alle vostre comunità?
Quello che abbiamo vissuto qui è un miracolo, è una grazia. E tutta la gioia che viene da questa grazia la portiamo come testimonianza ora in Cina e la condivideremo con i fedeli e i nostri confratelli vescovi, portando loro la benedizione del Papa. La porteremo unita anche a quella della Chiesa italiana, noi siamo stati ben accolti qui a Roma, anzi… invitiamo tutti, i vescovi e i cardinali italiani a venire nelle nostre comunità in Cina.
Quanto per lei potrebbe essere possibile che il Papa venga in Cina il prossimo anno?
In questi giorni abbiamo invitato papa Francesco a venire in Cina. Noi lo aspettiamo. Il momento lo sa il Signore. Ma noi preghiamo per questo, diciamo il rosario perché presto venga questo momento, che verrà. Come la nostra presenza qui, che da impossibile è diventata possibile.
di Stefania Falasca per Avvenire
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