Ed ora, non sazi di quanto già ottenuto, gli associati di Exit si preparano a dare battaglia pure per il «suicidio a causa della vecchiaia». Un’assurdità? Sì, anzi no, nient’affatto. Benché possa apparire estrema, la battaglia che Exit si propone di perseguire è infatti perfettamente coerente con un’impostazione culturale che assolutizza l’autodeterminazione individuale. In Italia, per non turbare l’opinione pubblica, si preferisce furbescamente circoscrivere il dibattito del cosiddetto “fine vita”
a casi di malattia avanzata o disabilità gravissima, come quella che interessava Eluana Englaro (1970-2009). Da noi nessuno oggi si sognerebbe non di battersi ma neppure di parlare del «suicidio a causa della vecchiaia» che vogliono introdurre in Svizzera, o dell’eutanasia per i minori malati in fase terminale disponibile in Belgio, a patto – almeno così affermano le regole approvate – che sia richiesta da loro stessi ed a condizione che uno psicologo abbia certificato la “capacità di giudizio” del minorenne richiedente. Giammai. In Italia quelle vecchie volpi dei radicali e dei loro sodali si ostinano a chiedere la libertà di morire vaneggiando di migliaia di casi di accanimento terapeutico. Ma è dove ora potrebbe andare la Svizzera che vogliono portarci. Mirano a colpirci, anzi a stordirci a suon di “casi limite” parlando di malati che muoiono tra atroci sofferenze, prigionieri del loro corpo e degli ospedali dove vengono ospitati. Non ci raccontano però né della Svizzera, né del Belgio e neppure dei Paesi Bassi, dove le persone che scelgono l’eutanasia aumentano di anno in anno in modo esponenziale: dai 1923 casi del 2006 ai 3695 del 2011 ai 4188 del 2012, con un’impennata del 13% in un solo anno (Regionale toetsingscommissies eutanasie, Jaarverslag 2012;1-80:5). Delle derive assurde cui si arriva introducendo la “dolce morte” e le sue varianti, insomma, in Italia nessuno parla né vuole farlo. Per questo è bene rimediare, rompere il muro del silenzio e raccontarle, certe storie. Perché è giusto che la gente sappia. Così da non berseli più, certi imbrogli. Così che quando in televisione o in radio si ascolterà l’ennesimo finto dibattito – con uno che si batte per il “diritto a morire” e l’altro ospite che argomenta in modo debole e approssimativo – si capirà al volo che è tutta una messinscena, o quasi. Così che se, augurandoci ovviamente non accada mai, un giorno anche in Italia arrivassero l’eutanasia, che già di suo è un crimine (non a caso il Codice penale parla di «omicidio del consenziente»), e le sue derive, nessuno possa dire che non sapeva. di Giuliano GuzzoPapa Francesco ha annunciato eventi di straordinaria importanza per il prossimo Giubileo del 2025, un anno santo dedicato alla riflessione…
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