I genitori di Vincent, con due figli, si sono sempre opposti all’interruzione dei trattamenti, contrariamente alla moglie Rachel che invece si batte, insieme al medico curante e ad altri cinque fratelli, per l’eutanasia del 38enne. Era stata proprio la madre a presentare ricorso per sospendere la decisione del Consiglio di Stato francese, la massima istanza amministrativa in Francia, che nel giugno del 2014 aveva autorizzato i medici a interrompere l’alimentazione e idratazione assistite dell’uomo, rimasto vittima di un incidente stradale nel 2008.
Molte, e drammatiche, le domande sollevate dalla sentenza. Una su tutte: quale sarà ora il destino delle centinaia di altre persone che vivono in uno stato simile a quello di Lambert?
Corte di Strasburgo, in gioco la vita di Vincent
Per la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, quello che viene reso noto nella mattinata di venerdì 5 giugno è destinato a restare come il verdetto sul caso «Lambert contro Francia». Ma in realtà il destino di Vincent Lambert, paziente tetraplegico trentanovenne, continua a dividere la Francia. I genitori di Vincent e una parte del mondo medico e paramedico, sostenuti da numerose associazioni e dal «Comitato Vincent Lambert», si battono per veder riconosciuto il diritto alla vita del paziente. Il Consiglio di Stato, massimo foro amministrativo francese, aveva invece accolto la domanda per un arresto definitivo dell’alimentazione e dell’idratazione assistite dando un’interpretazione molto controversa della legge Leonetti sul Fine vita del 2005.
«Mio figlio non è un morto vivente», ha ribadito Viviane Lambert, madre di Vincent, difendendo una definizione della situazione molto diversa rispetto a quella della giustizia amministrativa transalpina. Anche gli amici d’infanzia di Vincent, all’origine del comitato in suo nome, giudicano «incomprensibile» la volontà delle autorità sanitarie che avevano chiesto di poter interrompere l’alimentazione. Questi giovani non difendono nessuna posizione confessionale, né esprimono particolari opzioni d’ordine filosofico, ma dicono di battersi solo per la dignità del loro amico che più volte – affermano che «ha dimostrato di voler restare attaccato alla vita», anche attraverso segnali minimi del viso e del corpo. Il comitato pone domande scomode che hanno trovato finora scarsa eco nei media francesi. Come queste: perché le strutture ospedaliere hanno rifiutato la richiesta dei familiari di condurre il paziente in unità più adatte al suo caso? Perché il caso di un «portatore di handicap grave» com’è Vincent viene ancora presentato pubblicamente come quello di una persona «in fin di vita», mentre non è affatto vero? Se la Corte decide per l’arresto dell’alimentazione, quale sarà il destino delle centinaia di altre persone che vivono in uno stato simile? Per molte ragioni il verdetto è atteso e sarà scrutato non solo in Francia ma in tutti i Paesi europei.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Avvenire
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