Fin da piccolo voleva essere ordinato. È stato costretto a fingersi ateo per tutta la vita. Si è sposato, è diventato padre, nonno, vedovo, e a 67 anni è stato finalmente ordinato sacerdote
Vatican News ha pubblicato la storia sorprendente, ispiratrice ed emozionante di Victor Pogrebnii, che ha 73 anni ed è sacerdote da 7. Prima di essere ordinato sacerdote a Kiev, in Ucraina, il 7 gennaio 2012, è stato un militare sovietico, e quindi ha dovuto fingere per decenni di non credere nel Dio che amava invece profondamente. In questo calvario, però, Dio non lo ha mai abbandonato, arricchendolo con la grazia incommensurabile, prima di ricevere il sacramento dell’ordine, di ricevere anche quello del matrimonio e sperimentare la benedizione di essere marito, padre e nonno.
Quando la moglie, che amava intensamente, è stata chiamata alla vita eterna, il vedovo ha avuto la serenità e la maturità di discernere che quel “Sì” che aveva custodito per tutta la vita per essere pronunciato davanti a Dio avrebbe potuto finalmente essere detto a voce alta e in piena luce, con il solido sostegno dei suoi figli e dei suoi nipoti. Il “Sì” al sacerdozio eterno di Gesù Cristo.
Slobozia-Raşcov è un villaggio nel cuore della Transnistria, un territorio separatista della Repubblica di Moldavia. Nel corso degli anni è stato la culla di molti sacerdoti cattolici e perfino di un vescovo, grazie alla resistenza e alla resilienza di una comunità cattolica attiva e convinta che non è stata sconfitta dall’ateismo che il regime comunista ha imposto alla regione quando questa era ancora annessa all’Unione Sovietica. I cattolici di Slobozia-Raşcov non hanno avuto paura neanche di costruire una chiesa senza alcuna autorizzazione negli anni Settanta, sotto l’oppressione implacabile del regime comunista di Mosca.
Il desiderio di diventare sacerdote è stato violentemente aggredito nel cuore di Victor quando il regime lo ha convocato per servire la Marina militare sovietica, e quindi lo ha costretto non solo ad allontanarsi definitivamente da Slobozia-Raşcov, ma anche a rinunciare, almeno formalmente, al Dio a cui voleva dedicarsi corpo e anima.
Responsabile e talentuoso, Victor è progredito nella carriera militare, arrivando ai gradi più alti. Tutto questo, però, non ha spento chi era davvero:
“Ero riuscito a conservare la fede e gli insegnamenti dei miei genitori, ma ormai avevo intrapreso la carriera militare, ero stimato e mi erano state assegnate anche delle responsabilità. La mia vita era cambiata, avevo anche conosciuto una brava ragazza, che nel 1970 divenne mia moglie, per cui all’altare sì, sono arrivato, ma per essere un buon sposo”.
Vivere la fede in un regime ateo oppressivo come il comunismo è già pericoloso e difficile per un cittadino comune, ma per un militare, inserito in una rigorosa struttura di controllo, sembrerebbe quasi impossibile.
“È stato un brutto momento quando in servizio al Polo Nord i miei superiori hanno trovato il testo del Vangelo. E ancora quando sono stato scoperto dalla Polizia ad aiutare nella costruzione della chiesa di Slobozia-Raşcov. Fui segnalato ai superiori e interrogato. Quando potevo, frequentavo una chiesa cattolica che era di fronte gli uffici del KGB, per entrarvi dovevo stare attento che non se ne accorgessero. Ero un cattolico clandestino, nascosto e con la paura. Ho cercato anche di capire se tra i miei compagni ci fosse qualche altro cattolico, ma era impossibile esporsi”.
“La mia vita ormai era tracciata e amavo mia moglie. Dal nostro legame sono nati due figli, e poi i loro matrimoni, e successivamente sono diventato nonno grazie al dono di tre nipoti. Però ho avuto anche la gioia di seguire il cammino di mio fratello, che è diventato sacerdote”.
Quando l’incubo comunista è finalmente terminato, Victor ha potuto educare i suoi figli apertamente e senza timori nella vita cristiana. Andato in pensione, viveva tranquillamente con moglie, figli e nipoti.
Nel 2008 sua moglie è venuta a mancare, e Victor ha iniziato a riflettere sulla sua vocazione iniziale: la dolce chiamata di Dio a diventare sacerdote.
Nello stesso anno, il vescovo di Kiev lo ha accolto in seminario. Quattro anni dopo, il 7 gennaio 2012, Victor ha camminato di nuovo verso l’altare di Dio, stavolta per ricevere il sacramento dell’ordine sacerdotale, sotto lo sguardo pieno di affetto, emozione e sostegno dei figli, dei nipoti e di altri familiari, compreso il fratello minore, sacerdote già da vari anni.
“Non posso spiegare l’emozione di quel momento e soprattutto di questa immersione nella fede che mi riportava ai tempi della gioventù e della comunità di Slobozia-Raşcov. Allo stesso tempo pensavo a mia moglie, al fatto che lei fosse certamente contenta, lassù in cielo, di questa mia nuova scelta. Prima di intraprendere la formazione in Seminario ho voluto ascoltare i miei figli e comprendere come loro vedessero questa mia decisione. Ho trovato in loro una comprensione stupenda, tale da rendermi ancora più convinto della scelta, che non annullava assolutamente il passato da sposo e padre, ma rendeva possibile una vocazione che doveva attendere i suoi tempi e passare attraverso la difficile prova di un sofferto regime”.
Dopo l’ordinazione, padre Victor è stato incaricato dal vescovo di Kiev di aiutare nella pastorale di alcune parrocchie. È quindi diventato padre di un’ampia famiglia di fedeli, a cui si dedica con la giovinezza interiore di un sacerdote felice.
Ad ogni modo, aveva un passato concreto: quello di militare sovietico e cittadino russo. Visto che i rapporti tra Russia e Ucraina si sono deteriorati fino a esplodere nel conflitto che ha portato all’annessione della Crimea da parte dei russi e alla guerra civile ucraina, padre Victor è dovuto andar via da Kiev e rifugiarsi nella Crimea ora russa. Il vescovo di Odessa gli ha affidato una parrocchia a Sinferopoli.
All’inizio del 2019, a 73 anni, il sacerdote ha sentito il desiderio di riscattare le proprie radici e tornare a Slobozia-Raşcov.
Monsignor Anton Cosa, vescovo di Chişinău, capitale della Moldavia, ha detto di padre Victor: “Mi ha commosso la storia di questo prete, il suo desiderio di ritornare nel villaggio di Slobozia-Raşcov e ritrovare la sua comunità di origine. L’ho invitato da me per incontrarlo e parlare, vivere insieme un po’ di giorni, farlo conoscere al clero della mia diocesi. Ho scoperto un uomo certamente provato dalla sua storia lunga e sofferta, ma contento di donarsi e testimoniare la sua esperienza di prete. L’ho visto arrivare con poche cose, con lo spirito essenziale del militare, ma con il cuore grande e servizievole del prete e del padre”.
Da Aleteia.org
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