In Niger cresce la preoccupazione per il propagarsi dell’estremismo islamico nel Paese. Di recente è stata la città di Diffa, capoluogo dell’omonima regione, posta al confine con la Nigeria, a essere vittima di attacchi a causa degli sconfinamenti dell’organizzazione terroristica jihadista dei Boko Haram.
A confermare i timori sono le testimonianze di chi lavora sul posto, come i missionari della Società delle missioni africane: «C’è da riflettere — spiega padre Mauro Armanino — sulla tempistica dell’attacco: perché è avvenuto poco prima che si riunisse l’Assemblea nazionale per deliberare sulla partecipazione delle truppe del Niger alle operazioni contro Boko Haram in Nigeria. La cosa lascia perplessi diversi osservatori locali».
Dopo l’assalto degli estremisti a Diffa, il Parlamento di Niamey ha comunque dato il via libera alla partecipazione di truppe nigerine alla task force creata da Nigeria, Camerun, Ciad e Benin per combattere la setta islamista. «Si sa che diverse persone stanno scappando da Diffa verso Zinder per poi, presumibilmente, recarsi nella capitale Niamey», riferisce ancora all’agenzia Fides padre Mauro. Un elemento ulteriore di tensione anche alla luce dei recenti attacchi anticristiani. «In effetti sta crescendo la preoccupazione nella gente», osserva il missionario. «Gli attacchi di Boko Haram si innestano in un sentimento di crescente insofferenza nei confronti di ogni presenza che non sia una certa forma di islam».
In Niger — spiega Armanino — «l’islam, che prima era basato sul sufismo, di fronte alla situazione sociale esplosiva, a causa delle migliaia di giovani senza futuro (Niamey ha almeno due milioni di abitanti), è condizionato dalle predicazioni e dai soldi di chi ha una visione estremista della religione». A farne le spese sono state di recente le chiese cristiane: «I disordini del 16 e del 17 gennaio, che hanno visto la distruzione di diverse chiese e missioni cattoliche, non sono stati una novità, perché già nel 2012 ci furono episodi simili a Maradi e a Zinder».
La vera novità è l’entità dei disordini e l’accanimento con la quale la folla ha agito, «indizio di un sentimento crescente di anticristianesimo, di cui non si potrà non tenere conto in prospettiva».
Padre Mauro conclude osservando che «i responsabili della Chiesa hanno fatto notare agli alti vertici dello Stato che i cristiani, in qualche modo, sono stati “sacrificati” sull’altare degli interessi della politica: è impossibile infatti che in tutte quelle ore in cui bruciavano le chiese, non ci sia stato un solo intervento dei vigili del fuoco».
A cura di Redazione Papaboys fonte: L’Osservatore Romano