Categorie: Familia et Mens

Famiglie, Filadelfia sarà la capitale mondiale

Quando le si chiede se sa perché Papa Benedetto scelse Filadelfia per l’Incontro Mondiale delle Famiglie 2015, Donna Crilley Farrell sorride in modo molto americano e dice: «Me lo chiedono spesso. Ma quando io stessa l’ho chiesto all’arcivescovo Chaput, lui ha fatto una pausa, come per formulare una risposta pensosa e poi ha detto: ‘Non ne ho idea!’. Quindi non lo sappiamo ma sappiamo che è stato un grande dono». 

Un dono confermato da Papa Francesco, che sorride dalle prime pagine dei giornali che tappezzano l’ufficio di questa brillante e bionda signora, sposata e madre di due gemelli Connor e Christina -, chiamata da monsignor Charles Chaput a guidare come ‘executive director’ la complessa macchina del World Meeting of Families dopo essere stata responsabile della comunicazione dell’arcidiocesi di Filadelfia e capo delle relazioni esterne di un’importante compagnia assicurativa. 

La signora Farrell riceve Avvenire al secondo piano dell’arcivescovado. Siamo proprio dietro la Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, vicino a quella Logan Square che fa da raccordo tra il centro della ‘città dell’amore fraterno’, con le reliquie dell’indipendenza americana, e i boulevard dall’allure parigina, costellati di grandi musei. Il Meeting si svolgerà dal 22 al 27 settembre, con il congresso che precederà la «due giorni » di papa Bergoglio, che arriverà il 26, dopo le tappe a New York e a Washington. «Per il congresso ci attendiamo tra i 10 e i 15mila partecipanti» dice Farrell (a Milano furono 7mila) «con delegazioni ufficiali da 150 Paesi. Per il Festival del sabato pomeriggio sulla Benjamin Franklin Parkway e per la successiva Messa del Papa sono attese 1,5 milioni di persone». 

Problemi organizzativi e logistici? 
In due giorni Filadelfia raddoppierà la sua popolazione ma sono tranquilla. Sin dall’inizio, nel gennaio 2014, siamo stati quasi assediati da gente – dai semplici volontari ai grandi sostenitori – che ci chiedeva ‘come posso dare una mano?’. Così è stato facile mettere al lavoro comitati specializzati nella pianificazione e avere a disposizione specialisti in grandi eventi. E poi dobbiamo ringraziare il sindaco Michael Nutter e il suo staff e il governatore della Pennsylvania Tom Wolf. Sì, sono tranquilla. 

Avete fatto tesoro dell’esperienza di Milano 2013? 
Certamente. E siamo davvero riconoscenti verso i colleghi milanesi che il nostro team ha incontrato in Italia. Hanno condiviso con noi tutta la loro esperienza organizzativa. 

Papa Francesco è molto amato anche negli Stati Uniti… 
Senza dubbio sì! La gente qui è davvero ‘excited’, entusiasta per questa sua prima visita negli States e a Philadelphia – dove è ancora vivissimo il ricordo della visita di san Giovanni Paolo II nel 1979. Mi creda, non è un modo di dire. Il Meeting delle Famiglie, poi, mette in evidenza che si tratta di un entusiasmo e di una fiducia mondiali. 

Un esempio? Ad oggi il Paese con il più alto numero di registrazioni è il Vietnam e il vietnamita è la lingua più richiesta per l’interpretariato. Merito di monsignor Joseph Trinh, coordinatore dei cattolici vietnamiti negli Usa, che vive qui a Filadelfia ma anche del fatto che pensano che il Papa non andrà tanto presto nel loro Paese: meglio incontrarlo  qui.
 
Quale è lo stato di salute della famiglia negli Stati Uniti? 
È un momento difficile. Molte sono divise e costrette ad affrontare dure sfide. L’arcivescovo è stato molto chiaro: vogliamo concentrarci sulle difficoltà che le famiglie affrontano e offrire mezzi e possibilità per parlarne assieme e dare sostegno. Per farlo occorre anche valorizzare il molto che nelle famiglie già accade di buono. Monsignor Chaput ha anche voluto un intenso dialogo con persone di altre fedi, che saranno speakers alla conferenza. 

Cosa lascerà questo evento? 
Abbiamo tre obiettivi: vivificare la nostra arcidiocesi e la nostra Chiesa negli Usa; evidenziare e rafforzare concretamente il ruolo della famiglia nella società; promuovere Filadelfia a livello internazionale.

Li raggiungeremo tutti e tre.

Di Marco Berchi per Avvenire

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