Fecondazione eterologa: ‘deriva relativista della democrazia’

“La sentenza (emanata in questi giorni sulla fecondazione eterologa, che viola la sovranità popolare ndr.) –commenta nel suo post l’Onorevole Roccella-,  non è una soluzione per le coppie ma apre nuovi gravi problemi. Con l’abolizione del divieto di fecondazione eterologa cade una delle più importanti garanzie a tutela del bambino: cade il diritto di ogni nato a crescere con i genitori naturali che lo hanno generato, e iniziano le pressioni per introdurre anche nel nostro paese quella compravendita dei gameti senza la quale la fecondazione eterologa difficilmente può essere attuata, o per introdurre magari anche l’utero in affitto.  Si apre ora uno scenario problematico a cui si dovrà dare una risposta di tipo legislativo, sarà quindi compito del Parlamento trovare una sintesi su tanti nuovi quesiti che ora sono aperti. Presenterò nei prossimi giorni una proposta di legge per fare fronte alle molte questioni che questa sentenza della Consulta lascia aperte, come il diritto del bambino a conoscere le proprie origini, o come il rischio che, anche in Italia, si crei un mercato del corpo umano (dalla compravendita degli ovociti all’utero in affitto) analogo a quello che già esiste a livello internazionale, con gravi forme di sfruttamento delle donne giovani e povere”.

A dispetto della volontà popolare, la Corte Costituzionale boccia il divieto al ricorso della etrologa che rimane nella Legge 40, la norma sulla procreazione medicalmente assistita, approvata dal Parlamento nel 2004 e confermata con il referendum del 2005 nel quale (si ricordi bene, sopratutto considerato che gli italiani sono un popolo che ha la memoria di una pulce) registrò un’alta astensione senza precedenti in Italia. La Consulta, purtroppo, se ne è fregata ritenendo incostituzionale il divieto delle coppie di ricorrere ai gameti di un donatore esterno, così in un solo colpo e attraverso una campagna ideologica i giudici politicizzati non riconoscono la funzione del Parlamento e la sovranità dello stesso popolo italiano, facendosi beffe della larga astensione al referendum del 2005, imponendo così la logica stessa secondo cui sarebbe moralmente lecito tutto quello che è tecnicamente possibile. Ora dove sta la democrazia? Non è forse l’ennesimo segno dell’affermazione del “pensiero unico?”

 Questo “pensiero unico” non è forse la stessa “dittatura del relativismo” di cui Papa Benedetto XVI parlava? Non stiamo dunque andando verso la “deriva relativista della democrazia” che il Santo padre il Beato Giovanni Paolo II aveva scorto all’orizzonte? Potrete ora dire che queste mie parole seminano odio e non rispettano i “diritti”. No! Mi dispiace, ma la Verità va detta altrimenti cadrei nel peccato di omissione. Dire la verità nel rispetto di tutti  è un atto di misericordia. Ritornando alla notizia, nei giorni scorsi, mettendo in guardia dal rischio di “vuoto normativo”, l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri ha dichiarato: «I limiti previsti dalla legge 40 per le coppie che accedono all’omologa non si applicherebbero automaticamente anche alle coppie che richiedono un’eterologa, ma servirebbe un intervento regolamentare da parte del legislatore». E poi si andrà –come è già avvento-,  verso l’utero in affitto di cui specialmente le coppie omosessuali potranno usufruire per soddisfare il loro prurito di avere qualche “figlio”? Siamo davanti a un ulteriore passo verso l’artificializzazione della persona umana, delle relazioni e di conseguenza del mondo, segno di un progetto ideologico che mira ad annullare le differenze specifiche di nazioni, culture e individui in nome di una presunta uguaglianza che è in realtà ispirata a motivi di controllo politico ed economico da parte delle lobbies mondialiste. La famiglia naturale, fondata sul matrimonio fra uomo e donna, è l’ultimo baluardo che ci resta, se cade pure quello, la civiltà andrà verso la morte e la distruzione.

Una società, come quella moderna, che non tutela i più deboli: i nascituri, i bambini, i poveri, i malati e gli anziani, meriterebbe di essere spazzata via. Una Società che sugella la prepotenza del più forte sul più debole, certificando come un diritto inalienabile, l’inseguimento a tutti i costi del proprio egoismo, potendo fare quello che si vuole, anche e perfino sulla pelle di un’altra persona, è un’infamata di cui dovremmo tutti vergognarci. Anzi, la si chiama civiltà… Ci arroghiamo il diritto di chi può nascere o essere ucciso nel grembo della madre, cercando delle “motivazioni” che possano giustificare questo potere di vita o di morte. Ci arroghiamo il diritto di poter pianificare l’orfanizzazione di una persona, pur avendo entrambi i genitori in vita, concependola su commissione, come se si ordinasse un Ipad su Internet. Ci arroghiamo il diritto di invogliare i malati e gli anziani ad uccidersi, o farsi suicidare, anziché ad aiutarli a vivere nel conforto e nell’amore.

Alberto Gambino, ordinario di diritto privato e direttore del Dipartimento di scienze umane dell’Università europea di Roma, parla della gravità della sentenza. Come valuta questa sentenza? Si tratta di una decisione gravissima con la quale gli interessi del nascituro vengono fatti retrocedere di fronte a un presunto diritto degli adulti alla genitorialità. Il divieto di fecondazione eterologa manteneva intatta una visione della famiglia secondo la quale il dato biologico coincideva con il dato sociale. Il ricondurre le tecniche di fecondazione artificiale nell’ambito dei soggetti che convivono quotidianamente con il figlio era un modo per lasciare inalterato il rapporto tra padre e madre naturale e padre e madre sociale. Due sole figure genitoriali. La caduta del divieto dell’eterologa apre invece ad un terzo soggetto: il donatore esterno, estraneo alla famiglia, ma che entra dal punto di vista biologico a farne parte.

Una pronuncia che quindi “scardina” la concezione della famiglia… A risentirne sono in particolare gli articoli 29 e 30 della Carta costituzionale, il primo già vittima di un ‘attacco’ con l’apertura della legge 40 anche a coppie non sposate, il secondo perché la sentenza ribalta la centralità dell’interesse del figlio sulla quale sembra prevalere il già citato presunto diritto alla genitorialità. Un presunto ‘diritto’, appunto. Occorrerà attendere la pubblicazione della sentenza, ma se la Consulta stabilisce l’incostituzionalità di una norma di divieto, si presume che quest’ultima ‘contraddica’ un principio o un diritto sancito dalla nostra Carta. Quale, nel caso di specie? Dobbiamo ritenere che per i ‘giudici delle leggi’ il desiderio di un figlio venga assurto, di fatto, a diritto?

Quali altri aspetti della sentenza ritiene problematici? La Corte non ha fatto cadere soltanto il divieto dell’eterologa, ma pure il divieto di disconoscimento della paternità da parte del coniuge o convivente della madre del bambino, insomma del ‘padre sociale’, e di conseguenza anche il divieto del donatore di avere relazioni parentali con il nato e di far valere nei suoi confronti alcun diritto. Proprio perché consapevole di una forzatura, quella di introdurre un elemento esterno, la Corte sembra aver ritenuto che questa forzatura non potesse spingersi fino al punto di fingere che non esista questo soggetto esterno. Esiste inoltre anche il diritto del figlio, ribadito di recente dalla stessa Corte, a risalire alle proprie origini biologiche, e quindi all’identità del donatore di gameti. In questo scenario l’attivazione di relazioni tra il donatore e il nato diviene una possibilità reale. Un ragionamento sconcertante, quello dei giudici, ma intrinsecamente logico: aprendo all’eterologa non si sarebbe potuto fare altrimenti.

Fin dall’inizio la legge 40 ha subito diversi attacchi e tentativi di progressivo smantellamento… La questione è delicata, in particolare perché si tratta di una legge non solo approvata in Parlamento, ma pure confermata dal referendum del 2005. Dopo la sentenza di ieri ci si potrebbe chiedere quanto i giudici della Consulta siano effettivamente rappresentativi dello spirito della Costituzione e dello spirito del popolo. Verrebbe da dire che se ne sono allontanati.

Che cultura giuridica esprime la pronuncia della Corte? Oggi occorre parlare di culture giuridiche al plurale. Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito a metodi molto diversi di interpretazione della legge. Da un lato quello che si ispira a quanto affermato dalla legge e dai testi normativi; dall’altro quello riconducibile alla convinzione che, a prescindere dal disposto legislativo, sia più ‘interessante’ sentire che cosa dice la società e occorra quindi ricalibrare la legge secondo le aspettative sociali. La prima impostazione è certamente più fedele al significato della carta costituzionale, che comunque è anche espressione di una volontà popolare, ma la sentenza di ieri ha sposato di più la seconda tesi.

Intravvede il rischio di un mercato di gameti? La decisione dei giudici apre al ricorso a gameti estranei, ma la loro commercializzazione rimane vietata e le procedure devono essere eseguite nei centri di procreazione medicalmente assistita pubblici o accreditati. Occorrerà tuttavia un’azione di monitoraggio da parte del ministero della Salute”.  a cura di DonSa

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