E’ per i sofferenti e per coloro che sono più avanti nell’età il primo pensiero di Francesco alla comunità della parrocchia Regina Pacis, nel popoloso hinterland romano di Osta, a ridosso della costa laziale. La società ha bisogno della ricchezza e della profondità della loro esperienza e della sopportazione del dolore che li avvicina a Cristo:
“Gli anziani hanno l’esperienza della vita e ci danno anche la memoria, la memoria del nostro popolo, la memoria della famiglia. E’ tanto importante camminare con una memoria. E gli ammalati, ma assomigliano tanto a Gesù: soffrono come Gesù e portano la croce come Gesù. Voi siete privilegiati in questo senso. Ringraziamo il Signore che in questa comunità siano curati gli ammalati e gli anziani. Quando in una comunità non sono curati, quella comunità non va bene, manca qualcosa”.
Rispondendo poi alle domande dei giovani scout il Pontefice ha esortato i ragazzi a vivere e a tramandare al fede con gioia, una gioia sincera, dono del Signore, che viene dal cuore, non una gioia esteriore:
“La gioia non si compra al mercato; la gioia non te la danno, perché tu vinci in un gioco al Luna Park. No! La gioia è un dono, la gioia è un regalo dello Spirito Santo e dobbiamo chiederla: “Signore dammi gioia”. Ma non avere la faccia della tristezza, della malinconia. Questo non fa bene, non fa bene. La gioia! La gioia di una persona che sa guardare sempre il positivo della vita e offre questo positivo agli altri. La gioia, che soltanto Dio può dare, è un dono. E dobbiamo chiedere la gioia. La gioia è un dono dello Spirito Santo.
Poi, dopo l’incontro co le famiglie e i bimbi neobattezzati, nell’omelia, prendendo spunto dal passo evangelico dell’Ultima Cena e dalle parole di Cristo, “rimanete in me”, il Santo Padre ha sottolineato come l’essenza della vita cristiana sia proprio “rimanere in Gesù”, intimamente uniti a Lui, come i tralci alla vite:
“Ogni tralcio che non è unito alla vite finisce per morire, non dà frutto; ma rimanere in Gesù significa essere unito a Lui per ricevere la vita da Lui, l’amore da Lui, lo Spirito Santo da Lui. E’ vero, tutti noi siamo peccatori, ma se noi rimaniamo in Gesù, come i tralci con la vite, il Signore viene, ci pota un po’, perché noi potessimo [si possa] dare più frutto. Lui sempre ha cura di noi. Ma se noi ci stacchiamo da lì, non rimaniamo nel Signore: siamo cristiani a parole soltanto, ma non di vita; siamo cristiani, ma morti, perché non diamo frutto, come i tralci staccati dalla vite”.
Un cammino, ricorda Francesco, in cui è essenziale la preghiera, la partecipazione ai sacramenti, rifuggendo dai difetti umani che ci portiamo dietro:
“Quando noi chiacchieriamo, non rimaniamo in Gesù: Gesù mai lo ha fatto questo. Quando noi siamo bugiardi, non rimaniamo in Gesù: mai lo ha fatto. Quando noi truffiamo gli altri con questi affari sporchi che sono alla mano di tutti, siamo tralci morti, non rimaniamo in Gesù. Rimanere in Gesù è fare lo stesso che faceva Lui: fare il bene, aiutare gli altri, pregare il Padre, curare gli ammalati, aiutare i poveri, avere la gioia dello Spirito Santo”.
Una fede, dunque, che sia costante vicinanza al Signore, sempre pronto a concederci il suo pedono, una fede sincera e non ipocrita:
“Gesù è buono, ci invita a rimanere in Lui. Lui ci dà la forza e se noi scivoliamo in peccati – ma tutti siamo peccatori – Lui ci perdona, perché Lui è misericordioso. Ma quello che Lui vuole sono queste due cose: che noi rimaniamo in Lui e che noi non siamo ipocriti. E con questo una vita cristiana va avanti. regare il Padre, curare gli ammalati, aiutare i poveri, avere la gioia dello Spirito Santo”.
E prima di rientrare in Vaticano, ancora un saluto del Papa ai parrocchiani, soprattutto quelli rimasti fuori della Chiesa affollata. “Grazie della vostra calorosa accoglienza… vi porto nel cuore!”.
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A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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