Le Femen, le manifestanti a seno nudo ucraine ma non solo, le manifestanti contro tutto e contro tutti quelli che non rispettano le donne, hanno iniziato una campagna su twitter contro la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta.
La sua leader, Inna Shevchenko, definisce Madre Teresa “una donna che faceva finta di aiutare i poveri e le donne in particolare quando poi vietava l’uso della contraccezione: le metteva in pericolo e quindi non si merita il titolo di santa”. E poi se la prende con Papa Francesco e con la sua dichiarazione di guerra alle donne.
Naturalmente Madre Teresa non può replicare: con la sua vita sì, ma non con le parole. Mi piace però immaginare questo incontro-scontro postumo tra Madre Teresa di Calcutta e Inna Shevchenko come a un rapporto tra donne. Il rapporto tra donne è spesso complesso, a volte difficile, in alcuni casi drammatico ma sempre ricco e portatore di ricchezza, spesso più di ogni altro rapporto umano. Cosa possono dirsi una donna del 1910 e una del 1990? Io penso molto. Tra nonna e nipote c’è una distanza anagrafica, culturale, sociale, spesso abissale però nonna e nipote possono essere una la saggezza che manca all’altra, l’altra la speranza e la forza che manca alla prima.
Io, sia chiaro, “immagino” perché Madre Teresa ci ha lasciati nel 2007: però ci rimane di lei quello che la rendeva ricca ricchissima: un amore folle per la vita, per ogni vita. Credo che Madre Teresa non avrebbe giudicato quanto detto dalle Femen, per non perdere tempo e averne per amarle. Avrebbe pensato di poter fare con loro grandi cose proprio per la loro forza, visto che le attiviste di Femen nel mondo sono per lo più ventenni. Le avrebbe incontrate se avessero voluto e si sarebbe preoccupata che si congedassero da lei più felici: non più convinte di qualcosa, non più anti-abortiste, non con una vocazione religiosa, ma solo più felici. Non c’è felicità se non nel bene. Chi è felice, al bene ci arriva da solo ne sono convinto. Lei amava tutti e aspettava tutti. Nella sua biografia c’è scritto che ebbe un periodo di buio nell’anima lungo quarant’anni, cioè l’età di due Femen. Tanto tantissimo. Sono sicuro che le avrebbe capite, se non altro perché lei amava alla cieca, con il cuore sempre aperto. Come lo erano le sue case, aperte per tutti e sempre. Le Femen sarebbero entrate come tutti e, come tutti, avrebbero trovato qualcosa da mangiare, da scaldarsi, da bere, da riposare.
E le Femen cosa farebbero? Io credo che protestino ma, in verità, non penso sappiano cos’è la santità. Perché se si dessero il tempo e la voglia di scoprirlo a loro – a Inna Shevchenko – la santità piacerebbe. Perché i santi sono, per definizione, dei grandi contestatori. La santità non è per donnicciole sottomesse o uomini senza nerbo. La santità è quella cosa per cui ci lasci la vita e sicuramente il buon nome. I più grandi santi che conosco hanno rischiato di essere buttati fuori dalle stesse istituzioni da loro create e non di rado è avvenuto sul serio. Hanno subito calunnie e persecuzioni spesso tra le stesse persone della loro casa. Non è roba facile essere santi. San Giovanni di Dio finì in manicomio. San Giovanni della Croce imprigionato in una cella minuscola e laida. San Francesco, con le stimmate, rinunciò alla guida dell’ordine. Non basta il corpo nudo di cui parla Inna e che mostra. Non bastano i muscoli, anche se a volte sono serviti. Penso ad un santo che è passato dalle truppe mercenarie ai lazzaretti che lui stesso ha fondato e trasformato in ospedali, l’ex soldato di ventura Camillo de Lellis.
Ecco, io credo che se potessero parlare veramente con Madre Teresa, le Femen amerebbero la tosta suora albanese e amerebbero la rivoluzione della santità. Chissà se, a twitter chiuso, Inna leggerà qualcosa di quello che l’anti donna Madre Teresa ha scritto nella storia di tante vite. Chissà se avrà tempo per la rivoluzione della santità: ce ne vuole tanto di tempo per essere santi, ci vuole tutta la vita.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da IlSussidiario.net