E’ necessario creare condizioni favorevoli tra vita familiare e vita lavorativa, perché solo così si favorisce la crescita dei territori. Queste le conclusioni del terzo Festival della famiglia. Per fare questo, però, diventa necessaria una politica implementata secondo logiche sinergiche ispirate alla sussidiarietà, che chiamano in causa tutte le risorse della società civile. Mario Sberna, ex presidente dell’Associazione nazionale delle famiglie numerose:
R. – Io penso che il tema di queste giornate “Conciliazione tempo-famiglia” sia esattamente sulla strada giusta. E’ esattamente lì che abbiamo carenza. Avere la certezza che una donna, una mamma – e anche un papà – di fronte ad una gravidanza possa vivere con gioia tutta quella gravidanza, perché sa che non perderà il posto di lavoro, e che magari – come in Svezia o in Irlanda o in Germania – venga dato un contributo economico a chi dei due genitori, per i primi 36 mesi di vita del bambino, si occupa della sua assistenza, della sua cura e della sua crescita; una cifra che tra l’altro va ad aggiungersi a quella che non viene spesa per l’asilo nido: un risparmio per lo Stato, che non ne spenderebbe 2 mila, che è quello che costa un asilo nido. Questa cosa qui, per esempio, darebbe un incentivo grande anche alla gioia della maternità e darebbe anche la necessità di cui anche una coppia ha bisogno.
Tante le storie raccontate durante il Festival, nelle quali emerge una grande solidarietà tra famiglie, ma anche la solitudine di donne, che una volta diventate mamme si sono viste costrette a lasciare il proprio lavoro per una mancanza di aiuti. E per loro nel 2012 a Milano è nato “Piano C”. Ascoltiamo Riccarda Zezza tra i fondatori della start up:
R. – “Piano C” è perché “Piano A” vuol dire avere un solo lavoro e “Piano B” dedicarsi solo alla famiglia: ad un certo punto della nostra vita, per noi che lo abbiamo fondato, abbiamo pensato che non fosse più necessario scegliere, ma che si potesse avere un “Piano C” che mettesse insieme tutto.
D. – Cosa offrite voi alle famiglie?
R. – Offriamo tre cose diverse: servizi innovativi, quindi uno spazio lavoro con area bambini, che noi chiamamo “co-baby”, servizi salvatempo e community; poi offriamo dei percorsi per far emergere con più forza la professionalità femminile; e, infine, offriamo questo progetto che si chiama “Maternity as a master”, che trasforma le competenze della maternità e della paternità in competenze di leadership sia nelle aziende che con un libro.
D. – Cosa dicono le mamme e i papà di questo servizio che offrire nella città di Milano?
R. – Siamo molto contenti oltretutto che altre città ci stiano seguendo: quindi stanno aprendo altri spazi di “co-working” con area “co-baby”: questo ci fa molto piacere. Sono felici, sono persone che non hanno più bisogno di scegliere; mamme che hanno continuato ad allattare e hanno ricominciato a lavorare; padri che hanno la possibilità di stare di più con i propri figli. Quindi ci dicono che era ora e che effettivamente questo è quello che serve.
Fondamentale diventa anche la collaborazione tra famiglie ed istituzioni politiche e sociali. Come per i 10 “distretti famiglia”, nati in Trentino dal 2010, ai quali hanno aderito oltre 100 comuni e 150 organizzazioni pubbliche e private e dove l’economia del territorio è strettamente legata anche al benessere familiare. Ascoltiamo Paola Piccioni, referente tecnica del distretto famiglia dell’Alto Garda:
R. – I “distretti famiglia” sono un concetto mutuato dal distretto economico. I distretti sono sostanzialmente raggruppamenti di enti di vario tipo, dal privato al sociale, all’ente pubblico, con mission diverse del profitto, del valore, che si mettono assieme e lavorano per il bene comune del territorio. Quindi un territorio improntato al benessere familiare, che sviluppa sinergie favorevoli e soprattutto relazioni favorevoli, che costituiscono poi il capitale sociale e l’investimento culturale per il benessere di quel territorio
Il servizio è di Marina Tomarro per la Radio Vaticana
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