Proprio lì dove nel 1981 c’era stato un altro memorabile concerto del grande Pino. Un altro, perché quello del 6 gennaio 2015 alle 20.45 è, come allora, un concerto vero e proprio: dove si entra con un pezzetto d’anima per biglietto. Quelli che il 6 gennaio erano lì, era come quando aspettavano che finalmente uscisse lui sul palco – mo’ arriva – e diceva “cia’ guagliò”, e si cantava la sua musica che era già lì, impressa da sempre e per sempre nelle nostre anime. Solo che il concerto di ieri sera non l’ha organizzato nessuno, cioè l’ha organizzato la gente. Noi.
Non è il prezzo della fama, è il prezzo dell’amore che i social rendono possibile. Perché il cuore dell’uomo è fatto così: vuole tutto di chi ama. Sapere tutto. Vedere tutto. Prendere tutto. E i social rendono possibile qualcosa di pazzesco: il sogno di ogni politico, l’incubo di ogni amministrazione comunale, di ogni organizzazione.
Napoli, con il suo cuore ed il suo corpo, ha fatto qualcosa che noi Italia dovremo imparare a fare di più ogni giorno: ha saltato tutti gli ostacoli e ha fatto quello che le diceva il cuore. Non c’era rispetto per Pino, per la gente, in quel funerale privato di uno che sta nell’anima di tutti. Come si può non “condividere”, Pino Daniele? lui che le sue canzoni sono impastate della mia vita e delle nostre vite impastate insieme?
E allora in Piazza del Plebiscito da un angolo saliva Napul’è, e dall’altra scendeva Dimmi quando quando. E loro – noi – ci riprendevamo con gli smartphone perché oggi essere della gente vuol dire essere social. Di notte, coi telefonini alzati, ognuno riprendeva un pezzo della storia in cui era e dove diventava storia egli stesso.
Facebook e Youtube tracimano di questi video, andateli a vedere. Vi verranno bene per la prossima volta che la metro fa tardi e poi non arriva per nulla. O quando scopri altre ruberie dei politici. O che l’ecografia al bimbo che hai in grembo te la facciamo, sì, ma tra sei mesi: cioè quando sta per nascere.
C’è un video che fa venire i brividi. È della mattina di ieri. Le strade del centro storico di Napoli sono luminose ma ancora vuote e qualcuno mette Pino Daniele a palla col proprio stereo e spalanca le finestre. Poi, col telefonino, ci fa vedere quello che succede. E succede che le macchine si fermano per strada ad ascoltare. Si fermano in mezzo, a bloccare tutto, come se lì ci fosse un invisibile semaforo rosso che vedono solo loro. E nessuno protesta, perché lo vedono tutti. E si fermano, spengono i motori e ascoltano I’ so’ pazzo. Sono quelli che la notte sarebbero stati in Piazza Plebiscito ad ascoltare, insieme a Pino, il pezzo di cuore più di cuore dove lui abitava. E ci chiede di crederci di più. E di dargli più forza per vivere.
Di Don Mauro Leonardi
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