Come si possono mettere insieme i principi della Dottrina sociale della Chiesa con le esigenze delle politiche imprenditoriali, dell’economia in senso ampio? È un eterno incontro mancato tra una bella utopia e il trend di un progresso spesso impermeabile a regole etiche? Non l’ha mai pensata così la Fondazione “Centesimus Annus-Pro Pontifice”, che da quando nel ’93 venne creata da Giovanni Paolo II ha cercato con costanza di “mordere la carne” – per dirla con l’attuale presidente, Domingo Sugranyes Bickel, cioè di portare i valori cristiani nei gangli del mondo economico-finanziario.
Correggere i mali
Ai giornalisti in Sala Stampa vaticana, lo stesso presidente ha illustrato per sommi capi il cosiddetto “Progetto di riforma etica della finanza”, elaborato dalla Fondazione e noto anche sotto il nome di “Proposte di Dublino”: 18 punti – dall’avvicinamento delle banche all’economia, alla lotta alla corruzione, alla tutela dei consumatori – che rappresentano un’aria nuova all’interno di un mondo messo in crisi da anni di instabilità. Ascoltiamo Domingo Sugranyes Bickel
“Oggi se si parla di lotta contro la povertà e di preferenza per i poveri, cosa vuol dire in termini di lavoro pratico? Vuol dire riformare l’economia di mercato, perché la storia dimostra che dove l’economia di mercato ha fiorito è dove veramente si è lottato quantitativamente in modo importante contro la povertà. Quindi, non si tratta di cercare utopie, si tratta di correggere quei mali che noi conosciamo nell’economia di mercato per renderla più abile a servire la società”.
Economia senza “scarto”
Oltre a una presenza di stimolo a livello accademico, e non solo, la Fondazione ha voluto istituire un Premio per contribuire ad alimentare una visione dell’economia e della finanza che non siano le semplici “ancelle” di borse e mercati, cioè sistemi senz’anima nei quali Papa Francesco rintraccia quel deserto popolato di esclusi, gli “avanzi” delle periferie, come ha sottolineato uno dei membri della Giuria del premio, mons. Antonio Scotti:
“Il Papa ci ha abituato a questo termine della ‘cultura dello scarto’. E forse non ci lasciamo toccare fino in fondo dalla domanda che fa di una cultura che è deviata: una cultura che usa ed elimina le persone. Quando si è iniziato a pensare alla possibilità di un Premio di questo genere lo si è fatto perché ci si è resi conto che non si poteva andare avanti facendo finta che non succedesse niente di grave e che non si poteva far niente o ricorrere solo al fatto di dare una mano a chi soffre. Dare una mano a chi soffre è possibile ma se c’è un ripensamento più generale, un ripensamento culturale”.
Economia più libera con l’etica
Un contributo a questo desiderio di riforma viene dallo studio del francese Pierre de Lauzun, esperto del settore bancario e finanziario, che si è aggiudicato l’edizione 2015 del Premio “Economia e società”, con un lavoro che mette in luce la posizione della Chiesa sui temi economici dal Medioevo all’era globalizzata. Il prof. Michael Konrad, segretario della Giuria del Premio, ha citato alcune affermazioni del vincitore:
“Il mercato è un po’ come lo sport, ha bisogno di regole del gioco e non è durante la partita che si possono stabilire: devono essere state elaborate prima, in concordanza con la logica del gioco. D’altro canto, ogni sistema di regole ha anche bisogno di poter contare sulla moralità degli agenti umani. Si può anche aggiungere che, molto spesso, più la moralità è assunta meno si impone il ricorso alle regole collettive, anche se rimarranno sempre necessarie. A lungo termine, la moralità permette una libertà più grande”.
A essere insigniti sono stati anche due giovani ricercatori in Dottrina Sociale della Chiesa, nella sezione del Premio loro dedicata. Arturo Bellocq Montano, 34 anni, uruguayano, per il suo studio riguardante il dibattito sulla natura scientifica della Dottrina sociale della Chiesa, mentre Alexander Stummvoll, austriaco 32.enne, per una ricerca sull’’influsso della Dottrina Sociale della Chiesa nelle relazioni internazionali.
L’opportunità della crisi
Dunque, ha tirato le somme il presidente Sugranyes Bickel, in ottica illuminata da decenni di Dottrina sociale – e da ultimo dalla “Evangelii gaudium” – l’economia può crescere anche sottraendosi alla dittatura dell’“addizione”, cioè del consumo come parametro principale, e la finanza può essere produttivamente a “sostegno dello sviluppo”. E quello attuale, sostiene, è un momento propizio per la Chiesa per indicare, a un macrocosmo in cerca di nuovi riferimenti, quelli del Vangelo, che mettono l’uomo sempre e comunque prima del profitto:
“La riforma è in corso, nella finanza, nella responsabilità sociale delle imprese, però manca di radici, manca di fondamento, manca di spirito e oggi non c’è un’altra autorità mondiale che possa parlare in questi termini. Quindi più che mai il messaggio di Papa Francesco alle Nazioni Unite, per esempio, o quello che molto modestamente noi possiamo portare in centri finanziari o centri economici è necessario e aspettato. In questo momento c’è un grandissimo desiderio di riforma e c’è una ricerca di ispirazione. Quindi, l’opportunità c’è”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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