Fondi ai giovani sardi per cercare lavoro all’estero: tanti dubbi

IL PROGETTO ”ADESSO PARTO” – Fa discutere l’iniziativa assunta dal Comune di Elmas, soprattutto perché a molti cittadini è apparsa come l’estrema ratio contro la crisi: ti pago per andare via. Molto labile, in una regione dove la disoccupazione giovanile tocca il 43%, il confine tra libertà e costrizione ad andare via.

È di questi giorni la notizia secondo la quale il Comune di Elmas, paese alle porte di Cagliari, ha stanziato un fondo di 12mila euro per dieci disoccupati (circa 1.200 euro a testa) che vogliano cercare un lavoro all’estero. L’obiettivo del progetto “Adesso parto” è dare una possibilità a chi vuole fare un’esperienza fuori dalla Sardegna, garantendo il necessario per affrontare le spese dei primi mesi, compreso l’acquisto del biglietto aereo e un corso di inglese. L’auspicio è che il beneficiario torni con un bagaglio maggiore di competenze da sfruttare in seguito nell’isola. L’iniziativa della giunta comunale di Elmas è sembrata agli occhi di molti cittadini l’estrema ratio contro la crisi: ti pago per andare via. In tempi in cui si parla tanto di “fuga di cervelli” e di spopolamento dei paesi, il progetto “Adesso parto” ha fatto discutere, e le voci del territorio si dividono tra favorevoli e contrarie.
Preoccupati per il futuro dei giovani sardi. La preoccupazione circa il futuro dei giovani sardi è fortemente avvertita nell’isola. “Già da tempo tanti giovani sardi, pur preparati culturalmente e professionalmente – fa notare don Giulio Madeddu, responsabile della Pastorale per i problemi sociali e il lavoro della diocesi di Cagliari -, non riescono a trovare spazi adeguati a valorizzare i loro talenti e le loro competenze, e sono spesso costretti a cercare sbocchi definitivi in altre regioni o in altri Paesi. C’è chi vive questa migrazione come ‘fuga’, ma c’è anche chi l’affronta come ‘opportunità’ di crescita umana, culturale e professionale, indipendentemente dalle necessità generate dalla crisi. La scelta dell’amministrazione comunale di Elmas, dunque, può essere interpretata a partire da questo duplice approccio. Certamente, se questa forma di aiuto verso un’esperienza all’estero potesse prevedere anche un efficace e opportuno ‘percorso di rientro’, si eviterebbe di rendere ancora più grave quella emorragia demografica nel territorio isolano, che colpisce soprattutto le zone più interne”.
Il confine tra libertà e costrizione. Per il vescovo di Iglesias, monsignor Giovanni Paolo Zedda, delegato regionale per i problemi sociali, “si è liberi di cercare fortuna all’estero, ma bisogna vedere dov’è il confine tra la libertà e la costrizione nell’andare via”. E in effetti in Sardegna, con un tasso di disoccupazione tra i più elevati fra le regioni italiane. emigrare non sembra più un’alternativa. “L’iniziativa del Comune di Elmas oggettivamente non è una cattiva idea – prosegue il vescovo -, se si tratta di dare un contributo ai giovani che fanno un’esperienza fuori, sperando che poi tornino in Sardegna. Sarebbe criticabile solo se l’intenzione fosse quella di incentivare l’emigrazione. I problemi dell’isola per quanto riguarda l’occupazione sono tanti. Nel caso del Comune di Elmas, la giunta ha fatto bene a mettere in pratica questa iniziativa, ma in generale, in Sardegna, bisogna fare qualcosa anche perché i giovani restino”.
Creare benessere e lavoro nel territorio. Unanimi i pareri nel mondo cattolico anche fuori dall’isola. Ben vengano gli aiuti della pubblica amministrazione, ma occorre fare di più per creare benessere nel territorio. Un’esperienza all’estero arricchisce senza dubbio un giovane che vuole costruirsi un futuro, senza dimenticare anche il “diritto a non emigrare, di cui parlava Papa Leone XII”, come ha ricordato monsignor Fabiano Longoni, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per i problemi sociali e il lavoro. “Con il 43% della disoccupazione giovanile ci si può aspettare qualsiasi forma di aiuto, anche questa. Bisogna però ricordare che il lavoro è fondamentale nel contesto in cui si vive. La pubblica amministrazione fa bene a fornire un aiuto, ma farebbe meglio a darlo in un altro modo, creando le condizioni per poter avviare delle attività nel territorio. Con 12mila euro non si fa molto, piuttosto si puntano i riflettori su un problema, ma non si risolve nulla”.
Recuperare antichi mestieri. Anche per don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei non occorre andare via dall’Italia per farsi una vita. “Ci sono tanti mestieri che si dovrebbero recuperare e che pochi sanno fare, come quelli legati all’artigianato, che ormai sta scomparendo: un settore che potrebbe portare lavoro anche qui in Italia. Le infrastrutture nel nostro Paese ci sono, bisogna saper sfruttare le occasioni. In alcune regioni si riesce, in altre no. La notizia di Elmas, purtroppo, suona come un deporre le armi davanti al problema del lavoro”.  di Cristian Carboni per Agensir

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