In seguito alle sue dimissioni, accolte da papa Francesco il 24 giugno 2016, il Patriarca mons. Fouad Twal, raggiunto lo scorso ottobre il limite di età di 75 anni ed ormai in procinto di andare in pensione, riflette sui suoi anni di missione come pastore della Chiesa della Terra Santa, e sull’eredità che oggi lascia nelle mani del nuovo Amministratore Apostolico, padre Pierbattista Pizzaballa.
Arrivato alla fine della sua missione, come valuta il cammino percorso durante il tempo del suo mandato?
Sono arrivato alla fine della mia missione come Patriarca, ma la mia missione di sacerdote, di amico e cittadino continua… Quando guardo indietro alla mia vita passata, io vedo un lungometraggio. Tanti avvenimenti passati, accaduti e intrecciatisi: alcuni felici e incoraggianti, altri dolorosi e complicati: una grande impresa, iniziata qui a Gerusalemme e qui conclusasi, sempre a Gerusalemme. Anche la mia vita la vedo come un film: numerosi punti deboli, ma più ci penso più vedo la presenza della mano di Dio, una mano tesa per salvarci e sostenerci, e un’altra mano ad indicarci la strada giusta, per continuare il cammino già iniziato… Mi sono spesso sentito solo difronte a delle decisioni da prendere, da solo… nonostante la presenza di una folla di persone intorno a me… Si può scoprire talvolta che si hanno meno amici di quanti si pensa, o di spostare il ruolo di attore principale a quello di spettatore, come colui che segue gli eventi senza essere in grado di creare o fare la storia. Forse sarà – potrà essere – il mio ruolo, ora che vado in pensione.
Quali parole vorrebbe rivolgere, o ha già rivolto, a padre Pizzaballa nominato Amministratore Apostolico della Diocesi di Gerusalemme? Quale sarebbero secondo Lei le più grandi sfide del suo mandato?
Tra i punti di forza sui quali il nuovo Amministratore può contare, c’è il fatto di aver servito per 12 anni come Custode di Terra Santa e di essere stato il Vicario del Patriarca latino per la comunità cristiana di lingua ebraica. Lui conosce bene le sfide e i problemi della Chiesa in Terra Santa, quelli che io ho spesso chiamati propri della Chiesa del Calvario.
A queste carte vincenti, si aggiunge tuttavia il problema della lingua araba, della mentalità orientale e di tutta l’attività pastorale. Per cui capisco la sua preoccupazione, quella dei nostri sacerdoti e anche degli stessi francescani… Siamo tutti pieni di buona volontà per aiutarlo in questo compito… Sarà sicuramente più facile per lui porre rimedio alle debolezze dell’amministrazione che gestire la cura pastorale dei fedeli arabi. Ma è anche vero che i fedeli stranieri del Patriarcato latino ora sono più numerosi dei cristiani arabi locali.
La forza del nuovo Amministratore sarà di conquistare totalmente la fiducia dei sacerdoti, di cominciare la riforma con convinzione e senza esitazione, pure ricordandosi che il compito di amministratore non sempre fa rima con popolarità. Dovrà inoltre adoperarsi nel mantenere questo delicato equilibrio di rapporti con le autorità israeliane, palestinesi e giordane.
Come affrontare il futuro con speranza, nonostante la situazione in Terra Santa e della regione? Quale messaggio desidera lasciarci?
Prima di guardare al futuro, guardo questo presente e mi coglie la tristezza! L’attenzione del mondo è concentrata sulla guerra e sulle stragi in Siria e in Iraq, più che sulla Terra Santa. E ultimamente, quando la violenza ha colpito l’Europa, l’Occidente ha cominciato a pensare ai cristiani in Medio Oriente, ai nostri profughi, ad aprire le porte delle ambasciate per dare i visti. Ma di tutti coloro che sono stati uccisi, massacrati, e che hanno avuto il visto per il ritorno al Padre Eterno, nessuno ne parla! Al nuovo Amministratore, io desidero dire di dover continuare ad avere il coraggio di parlare, di dire il vero, niente di più o niente di meno… Ci sono molti che preferiscono il nostro silenzio, perché il nostro discorso disturba… Dobbiamo parlare con cautela e rispetto ma parlare, svegliare le coscienze e alimentare i rapporti che abbiamo costruito a livello internazionale lungo questo percorso. Senza dimenticare, naturalmente le nostre relazioni più importanti: il nostro rapporto con il Signore, i nostri fratelli e le nostre comunità religiose che sono il nostro bene più grande…
Potrete cominciare a riposare adesso, e quali sono i suoi piani per questa nuova fase?
Fino all’arrivo del nuovo Amministratore, sono stato impegnato nel risolvere problemi spinosi e oggi ho sicuramente bisogno di riposo, ma anche di acquisire un diverso ritmo di lavoro e di relazioni. Mi metto a disposizione dei nostri vescovi e dei nostri sacerdoti per aiutarli il più possibile nel loro lavoro pastorale… Desidero stare ancora con le famiglie e con i fedeli. Certamente viaggerò meno all’estero dove avevo l’abitudine di partecipare a numerose conferenze… In altre parole, ora proverò ad avere uno stile di vita più coerente con la mia età… Sto anche preparando un libro che ripercorre quasi tutta la mia vita (se questo sarà possibile!) e voglio lasciarlo come messaggio finale. Sarò felice e libero di ricevere gli amici.
Redazione Papaboys (Fonte it.lpj.org/Myriam Ambroselli)
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