R. – L’idea è nata proprio parlando con i frati. Sempre diciamo: “Ma, che cosa facciamo per questa Expo? Che apporto possiamo dare?”. E da qui è nata l’idea di condividere un po’ delle idee sul cibo, visto che il tema è appunto “Nutrire il pianeta – energia per la vita”. Io penso che il primo elemento sia proprio mettere in connessione come ho fatto cibo e relazioni. La prima domanda che ci siamo fatti è questa: il cibo che arriva sulla nostra tavola, da dove arriva? Come arriva? Dietro forse ci sono ingiustizia, sfruttamenti, umiliazioni o certamente anche gioie, soddisfazioni? Quante storie dietro il cibo che arriva sul nostro tavolo… E allora, penso sia il primo aspetto, quello di prendersi a cuore questa realtà che porta gioie, ma probabilmente anche ingiustizie e sfruttamenti e umiliazioni.
D. – Nella lettera lei fa una domanda importante: siamo all’altezza, noi frati di fama di povertà?
R. – Sì, penso sia una domanda dalla quale io mi aspetto delle risposte anche dai miei frati. Credo che anche qui dobbiamo fare una connessione molto importante: cibo e missione. Noi preghiamo ogni giorno il “Padre Nostro” e gli chiediamo: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Quindi, noi chiediamo al Signore che sia provvidente nei nostri confronti. Ma poi il pane, il cibo, non è solo mio, è nostro. E abbiamo tutti insieme il dovere di far sì che sia davvero un “pane nostro”. Allora, credo che questa domanda porti raramente anche ad approfondire il rapporto tra cibo e missione, quanto siamo occupati e preoccupati perché tutti possano avere ogni giorno il pane quotidiano. E anche qui è interessante. Francesco, quando parla della missione e mette in connessione con la missione il digiuno, è la missione che segna i ritmi del digiuno e non il contrario. Infatti, i frati andavano a predicare a tutta la gente che incontravano e quindi davvero dovevano impegnarsi nel digiuno quando questo era possibile. Quindi, davvero la centralità della missione credo sia un elemento importantissimo, come frati, per rispondere a questa domanda.
D. – C’è un altro punto interessante nella sua lettera, che è quello dello spreco alimentare. Quello di non sprecare dovrebbe essere per noi, dice lei in questa lettera – noi francescani, ma noi cristiani, noi esseri umani – una sorta di comandamento…
R. – Certo. Anche qui io porto un esempio molto chiaro. Quando nel Vangelo si parla del ricco Epulone è interessante: il Vangelo parla non tanto e non pare sia difficile il fatto che questo (Epulone) mangi ogni giorno in banchetti lauti e vesta in una certa maniera. Il vero problema, il vero scandalo è che non si accorge del povero che sta alla sua porta. Credo che sia questa la sfida più grande che oggi siamo chiamati ad affrontare e alla quale dobbiamo dare qualche risposta: sentirci responsabili del povero che sta vicino a noi, che incontriamo quando passiamo per la strada. Davvero, di non chiuderci nella nostra realtà che può essere non dico ricca, può essere anche semplice. Ma l’obiettivo è di aprire gli occhi su chi sta intorno a noi.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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