Il primo studente, dall’Australia, ha domandato al Papa come possono le Scuole avanzare in questa comunicazione e costruire ponti. “Voi – ha risposto il Papa – potete fare due cose opposte: costruire ponti o alzare muri. I muri separano, dividono; i ponti avvicinano”. Dunque – ha detto il Papa – “continuare a comunicare. Comunicare esperienze. Le esperienze che voi fate. Voi avete molto nel cuore e potete realizzare molte cose … comunicarle, perché altri si ispirino e ascoltare dagli altri quello che vi dicono. E con questa comunicazione nessuno comanda, ma tutto funziona! E’ la spontaneità della vita: è dire sì alla vita! Comunicare è dare; comunicare è generosità; comunicare è rispetto; comunicare è evitare tutti i tipi di discriminazione. Andate avanti ragazzi! Mi piace quello che dite e quello che fate”.
Rispondendo ad una seconda domanda da Israele, il Papa ha sottolineato come gli studenti si muovano bene e sanno comunicare in differenti lingue e con l’identità della propria religione. Un altro studente dalla Turchia ha parlato di pace e dialogo interreligioso. “I giovani – ha detto il Papa – non vogliono la guerra, vogliono la pace! E questo dovete gridarlo dal cuore, da dentro: ‘Vogliamo la pace!’”. “Il futuro sarà migliore e sarà peggiore?” – aveva chiesto lo studente, e il Papa risponde: “Sai dove sta il futuro? Sta nel tuo cuore, sta nella tua mente e sta nelle tue mani! Se tu senti bene, se tu pensi bene e se tu – con le tue mani – vai avanti, con questo pensare bene e questo sentimento buono, il futuro sarà migliore. Il futuro lo hanno i giovani! Però attenzione, giovani con due qualità: giovani con le ali e giovani con radici. Giovani che abbiano ali per volare, per sognare, per creare; e che abbiano radici per ricevere dagli anziani la conoscenza che ci possono dare solo i più grandi. Per questo il futuro è nelle vostre mani, se avete ali e radici. Avere ali per sognare cose buone, per sognare un mondo migliore, per protestare contro le guerre. Dall’altra parte, rispettare la conoscenza che avete ricevuto dai tuoi anziani, dai tuoi genitori, dai tuoi nonni; dagli anziani del tuo popolo. Il futuro è nelle vostre mani. Afferratelo affinché sia migliore”.
E’ stata poi la volta di uno studente dal Sudafrica che ha parlato della nascita di Scholas Occurrentes. Il Papa ha ricordato che Scholas è nata a Buenos Aires come “una rete di scuole vicine per costruire ponti tra le scuole” della Diocesi. Sono stati costruiti molti ponti, “alcuni ponti anche transoceanici! E’ incominciata come una cosa piccola, come una illusione, come un qualcosa che non sapevano che si sarebbe raggiunto. Oggi possiamo comunicare! Perché? Perché siamo convinti che la gioventù ha bisogno di comunicare, ha bisogno di mostrare i suoi valori e condividere i suoi valori. La gioventù oggi ha bisogno di tre pilastri chiave: educazione, sport e cultura. Per questo Scholas unisce tutto: abbiamo giocato una partita di calcio; fanno le scuole e si fa cultura. Educazione, sport e cultura”. “Lo sport – ha proseguito il Papa – è importante perché insegna a giocare in squadra: lo sport salva dall’egoismo, aiuta a non essere egoisti! Per questo è importante lavorare in squadra, studiare in squadra e andare nel cammino della vita insieme in squadra”. “Andate avanti in questo cammino della comunicazione, di costruire ponti e di cercare la pace attraverso l’educazione, lo sport e la cultura”.
Infine, rispondendo ad uno studente del Salvador, ha ricordato che “come esistono ponti su cui salire, esiste anche comunicazione che distrugge! State ben attenti! Quando ci sono gruppi che cercano la distruzione, che cercano la guerra e che non sanno fare un lavoro di squadra, difendetevi fra di voi come squadra, come gruppo” “difendendovi da coloro che vogliono ‘atomizzarvi’ e togliervi la forza del gruppo”.
Il Papa ha poi lanciato una accorata esortazione ai giovani: “Una cosa che non è mia, ma che Gesù diceva molte volte: ‘Non abbiate paura!’ … Andate avanti. Costruite ponti di pace. Giocate in squadra e rendete il futuro migliore, ma ricordatevi che il futuro è nelle vostre mani. Sognate il futuro volando, ma non dimenticate l’eredità culturale, sapienziale e religiosa che vi hanno lasciato gli anziani. Avanti, con coraggio! Costruite il futuro!”.
Il Pontefice ha concluso con alcune parole a braccio.
La “cultura dell’incontro” – ha detto – “rappresenta la sfida. Non ci sono dubbi, che il mondo sia in guerra! Nessuno ne dubita! E nessuno dubita, quindi, che il mondo sia in disaccordo. Bisogna proporre una cultura dell’incontro, in qualche modo; la cultura dell’integrazione, dell’incontro, dei ponti”. “Vedo che siamo in molti – ha proseguito – Ricordo un proverbio africano ‘Per educare un bambino ci vuole un villaggio’. Per educare una persona è necessario tutto questo! Non possiamo lasciare soli i bambini, per favore! Già fa parte ormai del nostro linguaggio parlare di bambini di strada. I bambini di strada: come se un bambino potesse stare solo! Abbandonato … da tutto quello che è il suo ambiente familiare… Sì c’è la famiglia, c’è la scuola, c’è la cultura, però il bambino è solo! Perché? Per il patto educativo è rotto! E’ necessario ricomporre il patto educativo!”.
“Una volta, in quarta elementare – ricorda – ho mancato di rispetto alla maestra e la maestra mandò a chiamare la mia mamma. Venne mia madre, entrò in classe e la maestra uscì. E poi mi chiamarono. E la mia mamma, molto tranquilla – io temo il peggio! – mi disse: ‘Tu hai fatto questo, questo e questo? Hai detto questo alla maestra?’; ‘Sì!’; ‘Chiedile perdono!’. E io chiesi perdono. Ero felice e fu facile. Il secondo atto ci fu quando arrivai a casa!”.
Oggi – ha detto – “in tante scuole della mia patria una maestra scrive una osservazione nel quaderno del bambino e il giorno successivo arriva il padre o la madre, denunciando la maestra. E’ rotto il patto educativo!”. E “così parliamo anche della società…”.
Non possiamo lasciare solo il ragazzo – ha detto il Papa – “non possiamo lasciarlo in strada, non lo possiamo lasciare senza protezione e in balia di un mondo nel quale prevale il culto del denaro, della violenza e dello scarto. Mi ripeto molto su questo, però evidentemente si è instaurata la cultura dello scarto! Quello che non serve si butta! Si scartano i ragazzi, perché non li si educa o non li si vuole: i livelli di natalità di alcune nazioni sviluppate sono allarmanti! Si scartano gli anziani. I giovani e gli anziani sono il futuro! Perché si è instaurato questo sistema di eutanasia nascosta: che è a dire che l’assistenza sociale ti copre fino qui e poi ‘Morite!’. Scartano i ragazzi e gli anziani e ora un nuovo scarto: tutta una generazione di giovani senza lavoro. Nei Paesi sviluppati si parla di 75 milioni di giovani dai 25 anni in giù senza lavoro. Si scarta una generazione di giovani! E questo ci obbliga a uscire e a non lasciare i ragazzi soli! Questo è il nostro lavoro. Loro e gli anziani certamente sono le persone più esposte in questa cultura, in cui predomina questo scarto. Ma anche ai giovani è toccato il turno, anche a loro! Per mantenere un sistema di finanza equilibrato, al centro del quale non vi è la persona umana, ma il denaro”.
“In questo senso – ha proseguito – è molto importante rafforzare i legami … i legami sociali, familiari e personali. Tutti, ma specialmente i bambini e i più giovani, hanno bisogno di un ambiente adeguato, un habitat che sia realmente umano, in cui siano soddisfatte le condizioni per uno sviluppo personale armonico e per la loro integrazione nel più grande habitat che è la società. Quindi, importante risulta l’impegno a creare una ‘rete’ estesa e forte di legami realmente umani, che sostenga i bambini, che li apra fiduciosamente e serenamente alla realtà, che sia un autentico luogo di incontro, nel quale il vero, il buono e il bello abbiano la loro giusta armonia. Se i ragazzi non hanno questo, solamente gli rimane il cammino della delinquenza e delle dipendenze”.
Il Papa ha quindi incoraggiato “a continuare a creare questo villaggio umano, sempre più umano, che offra ai bambini un presente di pace e un futuro di speranza. In voi vedo, in questo momento, il viso di tanti bambini e giovani, quelli che porto nel cuore perché so che sono materiali di scarto e per i quali vale la pena di lavorare senza sosta”. (Fonte: Radio Vaticana)
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