Cari amici lettori, questa settimana vi invito a riflettere sulla provvidenza e la fiducia in Dio. Ne abbiamo tanto bisogno. Certo, come denuncia il protagonista della nostra copertina, don Enrico Torta, c’è anche bisogno di giustizia. E non solo per chi è stato truffato dalle banche. Ma ci serve un po’ più di serenità, per non lasciarci travolgere dall’ansia e dalla paura.
Un esempio ci viene da papa Francesco, che ha tanti problemi da affrontare. Parlando con i superiori generali degli istituti religiosi ha detto che rimane sereno senza prendere tranquillanti. Il suo segreto? «Gli italiani danno un bel consiglio», ha spiegato, «per vivere in pace ci vuole un sano menefreghismo». E ha aggiunto: «Ho avuto un’esperienza molto particolare di pace profonda dal momento che sono stato eletto. E non mi lascia più». Al Papa piacciono le espressioni colorite: più che sul «menefreghismo » l’accento va posto sul «sano». Ciò che più mi ha colpito è però il seguito: «C’è corruzione in Vaticano», ha detto Francesco. «Ma io sono in pace. Se c’è un problema, io scrivo un biglietto a san Giuseppe e lo metto sotto una statuetta che ho in camera mia. È la statua di san Giuseppe che dorme. E ormai lui dorme sopra un materasso di biglietti! Per questo io dormo bene: è una grazia di Dio».
Mi è venuta in mente la grande devozione per san Giuseppe del mio fondatore, il beato Giacomo Alberione. Era per lui il santo della provvidenza, a cui affidarsi nelle difficoltà. Lo stesso aveva fatto il primo prete della Società San Paolo, il beato Timoteo Giaccardo, il quale, quando era economo della comunità ad Alba, si affidava sempre a san Giuseppe. Anzi, come racconta un biografo, «si era procurato una statuina di piombo del santo, alta cm 5,5, che teneva sempre sul tavolino e sotto la quale infilava regolarmente le fatture con un gesto e uno sguardo alla statuina che voleva dire: “Se non ci pensi tu, andiamo male”…
E conviene credere che san Giuseppe si comportasse in modo da meritare una larga riconoscenza da parte del suo devoto, poiché, nel gennaio del 1926, quando dovette lasciare l’ufficio e partire per Roma, don Giaccardo lasciò e raccomandò al suo successore quella statuina».
Non c’è nulla di magico nel gesto di don Giaccardo e oggi di papa Francesco. Solo un sincero affidamento di tutto al Signore e alla sua provvidenza per intercessione di san Giuseppe. Per non lasciarsi travolgere dall’ansia per i problemi. E continuare a riposare sereni.
Fonte www.credere.it/di don Antonio Rizzolo
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