Francesco Grana, giornalista – vaticanista, autori di vari libri incentrati sul magistero e l’attività del Papa e della Santa Sede. A 20 anni la prima pubblicazione “Aprite le porte a Cristo”, come nasce questa passione?
Guardando indietro vedo quanta strada hanno percorso le suola delle mie scarpe in così poco tempo e certamente vedo una benevolenza di San Giovanni Paolo II che ha sanato i miei infiniti limiti. Ho sempre voluto fare il giornalista, fin da piccolissimo, e sono stato folgorato dal “ciclone Wojtyla” col desiderio di raccontare il magistero e l’attività del Papa e della Santa Sede, quello che fa un vaticanista. Ogni giorno cerco di fare meno danni possibili, ma dubito di riuscire in questo intento.
Sempre in quella pubblicazione, è racchiusa un’intervista esclusiva a Mons. Slawomir Oder, postulatore della causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II. Cosa ci può dire di quell’incontro?
È stato sicuramente un incontro importante umanamente e professionalmente per me. Ho conosciuto monsignor Oder proprio all’inizio del suo delicato lavoro di postulatore di quella causa, così importante perché attesa da tantissima gente che in tutto il mondo invocava quel grido, “Santo subito”, per Giovanni Paolo II.
Don Cono Di Gruccio, recentemente ha ringraziato chi si è adoperato affinché nella sua parrocchia arrivasse la reliquia. Sappiamo che lei è tra i fautori di questa iniziativa. Come mai questo legame con Teggiano?
Don Cono è troppo buono con me. Ci sono tanti amici a Teggiano a iniziare certamente dal vescovo, il caro padre Antonio De Luca, ai Papaboys, al Gruppo famiglia della parrocchia di San Marco, alle Acli della provincia di Salerno. Abbiamo organizzato in un clima di festa e di famiglia questo evento così prezioso per questa comunità così viva e ricca di valori positivi. Un grande onore per Teggiano che per la prima festa liturgica di San Giovanni Paolo II, il 22 ottobre prossimo, la reliquia del sangue sia proprio in questa diocesi del Sud Italia.
Come credente e giornalista cosa le è rimasto scolpito nel cuore di Papa Giovanni Paolo II?
Credo che tutti abbiamo nel cuore la grande veglia di Tor Vergata per la XX Giornata Mondiale della Gioventù. Quella notte di Roma del 19 agosto 2000 quando San Giovanni Paolo II, già abbastanza provato dalla malattia, dialogò con i due milioni di giovani provenienti da ogni parte del mondo. E poi rimane scolpito nel mio cuore l’invito che rivolse alla cosiddetta “generazione Wojtyla” il giorno dopo, facendo sue le parole di Santa Caterina da Siena: “Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!”. “Mettere fuoco”, ovviamente in senso evangelico, nella mia professione di giornalista tutti i giorni non vuol dire creare guerre o appiccare incendi ma cercare la verità e offrirla al lettore, vuol dire vivere con il patrimonio della speranza e della gioia cristiana che noi giovani possiamo offrire in modo convinto a chi ci è accanto. È la migliore risposta a tanti coetanei che cadono nel tunnel della droga, dell’alcool, della prostituzione e della violenza.
La reliquia di San Giovanni Paolo II a Teggiano, cosa rappresentano per lei?
Un momento di festa, di riflessione e di preghiera. In particolare il 21 ottobre, insieme ad alcuni amici e al vescovo, rifletteremo sugli insegnamenti che ci ha lasciato San Giovanni Paolo II: un magistero immenso. Avremo anche la gioia di assistere alla presentazione del bellissimo documentario realizzato in occasione della canonizzazione, il 27 aprile scorso, dal vaticanista di Mediaset Fabio Marchese Ragona. Sono certo che la comunità di Teggiano ma tutto il Vallo di Diano sapranno accogliere con gioia questo momento importante della vita del loro territorio. E che San Giovanni Paolo II protegga il nostro Sud martoriato dalla crisi economica e in particolare dal dramma della disoccupazione. Papa Francesco lo ricorda spesso quando dice che in Europa c’è una generazione di giovani che rischia di invecchiare senza aver mai avuto un lavoro e che la mancanza di un’occupazione toglie la dignità. Perché non chiedere a Wojtyla questo miracolo?
di Massimo Manzolillo
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