Il carisma di Francesco, unito a quello di Chiara, è privilegio della nostra Chiesa particolare e ne fa una comunità a cui si guarda dal mondo intero. I molteplici santuari danno ad Assisi una inconfondibile fisionomia. Spiccano le basiliche di San Francesco, di Santa Maria degli Angeli e di Santa Chiara.
La seraphica civitas, qual è denominata persino sul gonfalone del Comune, è come un santuario a cielo aperto. Allo scopo di offrire un ulteriore contributo a questa singolare vocazione di Assisi, ho ritenuto opportuno dare più rilievo a un altro centro spirituale, che ha il suo punto di gravità nel vescovado e nella vicina chiesa, a esso legata, di Santa Maria Maggiore, antica cattedrale di Assisi. È in quest’area che otto secoli fa il giovane Francesco, nel giudizio che lo vedeva contrapposto al padre Pietro di Bernardone davanti al vescovo Guido, fece il gesto clamoroso di spogliarsi di tutto, per essere tutto di Dio e dei fratelli.
Siamo soliti ricordare questo gesto come “spogliazione”. A mettere a fuoco questa “icona” mi ha incoraggiato la visita che, il 4 ottobre 2013, Papa Francesco fece ad Assisi sostando anche nella sala della Spogliazione. Fu una data storica per la riscoperta di quell’evento singolare della vita del nostro santo. La tradizionale visita ai luoghi francescani della nostra città lo aveva lasciato piuttosto ai margini, nonostante che a esso fosse dedicato uno stupendo affresco nel ciclo giottesco della basilica superiore, e a onta delle sue numerose rievocazioni biografiche e cinematografiche. La stessa sala del vescovado in cui siamo soliti far rivivere l’evento, e che lo ricorda con un dipinto attribuito a Cesare Sermei, portava, fino a pochi anni fa, un nome inadeguato, anzi fuorviante: la si qualificava sala del Trono, in riferimento a un baldacchino che la decora.
Negli ultimi anni c’è stato un costante cammino di riscoperta. Di qui anche la nuova denominazione. Tanti pellegrini ormai passano per la sala della Spogliazione. Tanti sostano in Santa Maria Maggiore. Quest’antica chiesa si offre come naturale luogo di preghiera, per passare dalla rievocazione di quanto accadde otto secoli fa alla meditazione di ciò che esso può dire oggi a chi voglia mettersi, come Francesco, sulle orme di Cristo. Ho voluto pertanto assegnare a questa chiesa anche una specifica funzione santuariale. Essa dunque aggiungerà, al suo titolo tradizionale, la connotazione di santuario della Spogliazione.
Affido alla sollecitudine e generosità della Provincia serafica dei frati minori cappuccini, già ivi impegnati nel servizio parrocchiale, la cura di questa ulteriore “perla” del paesaggio spirituale di Assisi. Per cogliere i molteplici significati della spogliazione di Francesco, partiamo da quanto, di quel momento suggestivo e drammatico, narra Tommaso da Celano: «Comparso davanti al vescovo, Francesco non esita né indugia per nessun motivo: senza dire o aspettar parole, si toglie tutte le vesti e le getta tra le braccia di suo padre, restando nudo di fronte a tutti. Il vescovo, colpito da tanto coraggio e ammirandone il fervore e la risolutezza d’animo, immediatamente si alza, lo abbraccia e lo copre col suo stesso manto.
Comprese chiaramente di essere testimone di un atto ispirato da Dio al suo servo, carico di un significato misterioso. Perciò da quel momento egli si costituì suo aiuto, protettore e conforto, avvolgendolo con sentimento di grande amore». Al tribunale del vescovo, Francesco giunse sospinto dall’ira paterna. Il suo cammino di fede si era già ampiamente delineato, sia nella preghiera contemplativa, in cui s’incastona il mandato ricevuto dal crocifisso di San Damiano «Francesco, va’, ripara la mia casa, che, come vedi, è tutta in rovina», sia nella misericordia esercitata a favore dei lebbrosi: proprio all’incontro con questi egli farà riferimento nel suo Testamento, riconoscendolo come inizio della sua “penitenza”. Nel nuovo stile di vita, che tagliava corto con decenni di vanagloria, si era impegnato a donare i suoi beni per la ricostruzione di chiese e per il servizio ai poveri. L’impulso interiore lo portava a farlo in maniera radicale.
Dare tutto. Ma l’obiezione del genitore non era senza ragioni: i beni di cui disponeva erano, di fatto, i beni paterni. Quando il vescovo lo invita a restituire il denaro al padre, gli viene spontaneo andare oltre: restituisce non solo i soldi ma anche i vestiti, rimanendo nudo. Reazione da shock. Difficile pensare che fosse programmata. Non fu tuttavia un atto inconsulto. Francesco ormai coltivava un ideale di nudità, al quale rimase legato fino agli ultimi istanti della vita. Scendendo, infatti, alla Porziuncola, per incontrarvi “sorella morte”, dopo un tempo di malattia trascorso in vescovado, si ricorderà forse proprio del suo gesto di gioventù, quasi a ribadirlo, chiedendo ai frati: «Quando mi vedrete ridotto all’estremo, deponetemi nudo sulla terra».
La nudità a cui Francesco si offre ha un preciso modello: Gesù crocifisso. Il primo biografo si diffonde sulle vicende che avevano preceduto quel gesto, e che erano state per il giovane convertito un autentico crogiuolo, costringendolo a vivere nella sua carne l’asprezza della passione di Cristo. Braccato infatti dall’incontenibile furore del padre, si era nascosto per un mese in un rifugio sotterraneo a San Damiano, per poi decidere di venire allo scoperto, affrontando lo scherno della città e il genitore impietoso, che non esitò a passare alle maniere forti addirittura imprigionandolo in casa.
L’esperienza della passione, lungi dal debilitarlo, lo rese più libero e intrepido. Spogliarsi davanti al vescovo fu il culmine simbolico di questo cammino di conformazione a Cristo. Gesto “scandaloso” per la saggezza umana, ma pienamente comprensibile nell’ottica della sapientia crucis (cfr. 1 Corinzi , 2, 1-2) rivelata sul Golgota, anzi già presente nella stessa incarnazione del Verbo di Dio. Dio stesso infatti si è “spogliato”, quando il Figlio eterno ha assunto la nostra carne mortale. È la kènosi di cui parla la lettera ai Filippesi: «Svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» ( Filippesi , 2, 7). Il giovane Francesco, che rinuncia a tutto sotto gli occhi attoniti dei concittadini, ha davanti agli occhi, molto prima che a Greccio, il nudo bimbo divino avvolto in poveri panni a Betlemme.
Fissa lo guardo, ben prima delle stigmate alla Verna, su Gesù denudato per essere crocifisso. Il povero mantello, a lui offerto dal domestico del vescovo, non elimina, ma piuttosto evidenzia la nudità da lui scelta per conformarsi a Cristo. Il Poverello si spoglia per farsi solidale con gli ultimi e dare nuovo senso allo stesso lavoro, restituendolo alla sua vera identità secondo il disegno di Dio: collaborazione all’opera creatrice per rendere il mondo più bello, per dare dignità a ogni persona, per gettare il ponte della solidarietà tra chi ha e chi non ha, perché a nessuno manchi il necessario. Su questo risvolto sociale della “spogliazione” si è soffermato Papa Francesco nei due discorsi del 4 ottobre 2013.
Davanti a lui c’erano poveri e disoccupati. Il santuario della Spogliazione si propone anche come santuario di riconciliazione: luogo in cui abbandonare orgogli e puntigli che minano la pace, che mai si costruirà se ciascuno non impara a “spogliarsi” di sé. È bello pensare che, recandosi al vescovado, con le ferite della sua crisi familiare, il giovane Francesco abbia sostato in questa chiesa, peraltro, così vicina alla sua casa, ricordata dalla chiesa Nuova. Forse vi ha versato lacrime e si è lasciato consolare dalla Vergine. Dove non era arrivata la mamma terrena, arriva la Mamma celeste. Il santuario della Spogliazione conserverà l’originaria dedica alla Madre di Dio: Santa Maria Maggiore.
La connotazione mariana, lungi dall’intralciare il senso del nascente santuario, lo approfondisce. Prima che a Francesco, infatti, la spiritualità della spogliazione rinvia al mistero di Gesù, e Maria vi partecipa con tutta la forza del suo fiat : il “sì” dell’Annunciazione e del Calvario.
(Mons. Domenico Sorrentino – Osservatore Romano)
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