Categorie: Humanitas et Web

Francesco, i social e una profezia di 10 anni fa

Vi proponiamo la lettura di una interessante riflessione di Alessandro Gisotti, Vice Capo Redattore alla Radio Vaticana, pubblicata sul sito Firenze2015.it (Progetto web ufficiale del 5° Convegno Ecclesiale Naizonale)

L’omelia “social” di Santa Marta

È possibile incontrare Gesù su Facebook? Sicuramente è possibile incontrare la sua Parola. E Papa Francesco offre un contributo fondamentale a questo scopo. A convincermi di questa nuova possibilità di colloquio con il Risorto – per riprendere Paolo VI nell’Ecclesiam Suam – non è stato tanto uno studio “a freddo” dei social network, quanto un’esperienza “a caldo” di questa nuova dimensione del vivere quotidiano di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Al riguardo, sembra particolarmente significativo quanto succede giornalmente con le omelie pronunciate dal Papa nella Messa mattutina a Casa Santa Marta.

Come è noto, a queste celebrazioni partecipano di volta in volta poche decine di persone. L’omelia, per volontà del Pontefice, non è pubblicata integralmente. Tuttavia – grazie ai servizi di sintesi della Radio Vaticana prima e agli articoli dell’Osservatore Romano poi – le parole pronunciate da Francesco travalicano le mura della piccola cappella della Domus Sanctae Marthae per raggiungere velocemente un grandissimo numero di persone e comunità. E questo grazie soprattutto a Internet, in particolare alle reti sociali. Un processo di cui sono osservatore privilegiato, essendo uno dei tre redattori della Radio Vaticana che ha il compito di curare i servizi sulle “omelie di Santa Marta”.

Una semplice analisi cronologica di una “giornata tipo” mostra quanto la Rete sia uno straordinario e spontaneo amplificatore del microfono posto davanti alla bocca del Pontefice, alle 7 del mattino, per la Messa. La prima edizione dell’emittente vaticana che dà conto con un breve servizio (circa un minuto e mezzo) dell’omelia è alle ore 12, mentre una sintesi più ampia (intorno ai 3 minuti) viene trasmessa alle ore 14. La pubblicazione del servizio sul sito Internet della Radio (testo e audio) avviene invece, mediamente, tra le 10.30 e le 11. Quindi, almeno un’ora prima della messa in onda.

Si tratta di un tempo straordinariamente lungo per la comunicazione istantanea e “virale” che contraddistingue il Web. Uno spazio temporale in cui, quotidianamente, si ripete il “miracolo” di una rilettura globale del Vangelo del giorno da parte del Popolo di Dio, innescata dalla riflessione del Successore di Pietro. Qualcosa di assolutamente inedito che, da una parte, incarna perfettamente il binomio vescovo-popolo che sta al centro della visione di Chiesa di Jorge Mario Bergoglio; dall’altra, dimostra in modo eclatante come anche l’ambiente digitale possa essere terreno fecondo per la fioritura di un “nuovo umanesimo” fondato sul messaggio sempre vivo di Gesù Cristo.

Si resta sempre colpiti nel riscontrare come, pochi minuti dopo la pubblicazione della sintesi dell’omelia sul sito della Radio Vaticana, si metta in moto sui social network una conversazione globale sulle parole del Papa e dunque, in definitiva, sulla Parola di Dio. È come se Facebook, Twitter diventassero idealmente il piazzale antistante Casa Santa Marta, dove i partecipanti alla Messa di Francesco si riuniscono, dopo la celebrazione, per commentare quanto ascoltato. C’è chi, condividendo il link al servizio, mette l’accento su un passaggio, chi su un altro. Chi si rallegra per una formula particolarmente efficace, chi invece (non tanti, ma ci sono) trova inadeguato il linguaggio utilizzato dal Vescovo di Roma, a cui si chiede “maggiore autorevolezza”. C’è anche chi sovrappone una “frase forte” dell’omelia ad un’immagine che richiama l’attualità, dalla condizione dei cristiani perseguitati all’impegno per ridare dignità ai poveri.

Di certo, pochi tra gli abitatori del Continente digitale – e questo vale anche per i “lontani” dalla Chiesa – possono dire di rimanere del tutto indifferenti al messaggio che è stato “spedito” la mattina da Santa Marta, perché quel messaggio è stato fatto proprio, elaborato e “rispedito” da tantissime persone in una sorta di tam tamdigitale. Insomma, come ha osservato il direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, Papa Francesco più che comunicare “crea eventi comunicativi”. Non è il protagonista solitario di una storia, siamo tutti coprotagonisti. Vescovo e popolo, appunto.

Ma come è possibile, tuttavia, che le omelie di un Pontefice, che quando era arcivescovo di Buenos Aires neppure utilizzava Internet, abbiano un così grande successo nell’agorà digitale? Una prima possibile risposta la dà Francesco stesso quando nell’Evangelii Gaudium sottolinea che un’omelia dovrebbe sempre contenere “un’immagine, un’idea, un sentimento”. Effettivamente, il linguaggio fluido, espressivo, per certi versi immaginifico di Bergoglio sembra proprio essere adatto ad una comunicazione semplice e immediata (e per immagini) come quella della Rete.

D’altro canto, già Benedetto XVI – il Papa che ha avuto il merito e la lungimiranza di portare la Santa Sede sui social network – rilevava, nel 2011, che la Chiesa è chiamata “a scoprire, anche nella cultura digitale, simboli e metafore significative per le persone, che possono essere di aiuto nel parlare del Regno di Dio all’uomo contemporaneo”. Quando Papa Francesco parla dei “cristiani da salotto” o della Chiesa “madre e non baby-sitter”, tutti capiamo cosa sta dicendo perché ritroviamo tali esempi nel nostro vissuto quotidiano. E in questo si coglie anche quell’empatia che il Papa ha indicato ai vescovi dell’Asia, incontrati in Corea, come via privilegiata di annuncio del Vangelo. C’è poi un altro elemento “strutturale” che rende il linguaggio di Francesco web-friendly. Quando parla a braccio – come nelle omelie a Santa Marta – le sue frasi sono brevi, con poche subordinate e di facile memorizzazione. E’ come se fossero pronte per un tweet o per un post su Facebook.

Il linguaggio gioca quindi un ruolo importante, ma non sarebbe sufficiente a decretarne il “successo” se più in profondità non si riconoscesse al pastore Bergoglio la volontà di incontrare l’altro chiunque esso sia. Di più: a farsi prossimo a tutti e ad ognuno senza timori. Per Papa Francesco, come ha sottolineato parlando ai vescovi brasiliani in occasione della Gmg di Rio de Janeiro, “serve una Chiesa in grado di far compagnia, di andare al di là del semplice ascolto; una Chiesa che accompagna il cammino mettendosi in cammino con la gente”. E’ questo il progetto che Francesco chiama a costruire tutti assieme e i nuovi areopaghi digitali possono essere uno spazio importante di realizzazione, soprattutto per le nuove generazioni. Come ha scritto nel suo primo Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali, i social network “sono oggi uno dei luoghi in cui vivere questa vocazione e riscoprire la bellezza della fede, la bellezza dell’incontro con Cristo”. Ed ha invocato “energie fresche e un’immaginazione nuova” per affrontare “la rivoluzione dei mezzi di comunicazione”.

Sono, queste affermazioni, profondamente in consonanza con quelle contenute in un documento di dieci anni fa, che a rileggerlo oggi assume il carattere della profezia. Il riferimento è alla Lettera apostolica di San Giovanni Paolo II, Il Rapido Sviluppo, indirizzato agli operatori delle comunicazioni sociali, e pubblicato nel gennaio 2005. In questo che è l’ultimo grande documento magisteriale prima della morte, Karol Wojtyla scrive che il fenomeno delle comunicazioni sociali “spinge la Chiesa ad una sorta di revisione pastorale e culturale”. E annota, con toni simili al suo successore gesuita, che “i media si rivelano una provvidenziale opportunità per raggiungere gli uomini in ogni latitudine, superando barriere di tempo, di spazio e di lingua, formulando nelle modalità più diverse i contenuti della fede”. In un tempo nel quale Facebook era nato da pochi mesi e Twitter era ancora lontano dal nascere, Giovanni Paolo II prevede che Internet non solo fornirà “risorse per una maggiore informazione”, ma abituerà le persone “ad una comunicazione interattiva”.

“Non abbiate paura delle nuove tecnologie! Esse – assicura Papa Wojtyla – sono tra le cose meravigliose – che Dio ci ha messo a disposizione”. Internet è “un dono di Dio”, gli farà eco 9 anni dopo Papa Francesco. Un dono che i comunicatori sono chiamati a custodire e valorizzare per il bene dell’uomo.

di Alessandro Gisotti
Vice-caporedattore alla Radio Vaticana

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