La fede è l’anello di congiunzione tra la teologia che richiama l’ambito accademico e la tenerezza che riguarda le relazioni interpersonali. Papa Francesco lo sottolinea nel suo discorso nel quale rimarca che la teologia non può essere astratta, sarebbe “ideologia”, e invece “nasce dall’incontro col Verbo fatto carne” e pertanto “è chiamata a comunicare la concretezza del Dio amore”. La tenerezza è “un buon esistenziale concreto
”, per tradurre “l’affetto che il Signore nutre per noi”.
“Si parte da quello che si sente”, Francesco non nasconde che la cosa oggi può non piacere ma è un dato di fatto e la teologia è chiamata a non ignorare questo aspetto, più marcato in alcune parti del mondo:
La teologia è interpellata ad accompagnare questa ricerca esistenziale, apportando la luce che viene dalla Parola di Dio. E una buona teologia della tenerezza può declinare la carità divina in questo senso. È possibile, perché l’amore di Dio non è un principio generale astratto, ma personale e concreto, che lo Spirito Santo comunica nell’intimo.
Riflettendo sul “sentirci amati”, il Papa sottolinea che la tenerezza può svelare “il nostro modo di recepire la misericordia divina”, come pure il volto materno di Dio, “innamorato dell’uomo, che ci ama di un amore infinitamente più grande di quello che ha una madre per il proprio figlio”. La tenerezza ci ricorda che Dio è accanto a noi, qualsiasi cosa accada, e si commuove per noi:
Sentirci amati significa dunque imparare a confidare in Dio, a dirgli, come Egli vuole: “Gesù, confido in te”.
In questo modo la teologia può diventare “gustosa” aiutandoci a “vivere una fede consapevole, ardente di amore e di speranza; per esortarci a piegare le ginocchia, toccati e feriti dall’amore divino”. Inevitabile per il Papa il rimando alla Passione.
La Croce è infatti il sigillo della tenerezza divina, che si attinge dalle piaghe del Signore. Le sue ferite visibili sono le finestre che spalancano il suo amore invisibile. La sua Passione ci invita a trasformare il nostro cuore di pietra in cuore di carne, ad appassionarci di Dio. E dell’uomo, per amore di Dio.
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“Quando l’uomo si sente veramente amato, si sente portato anche ad amare”. Francesco ricorda che “se Dio è infinita tenerezza, anche l’uomo, creato a sua immagine, è capace di tenerezza”.
La tenerezza, allora, lungi dal ridursi a sentimentalismo, è il primo passo per superare il ripiegamento su sé stessi, per uscire dall’egocentrismo che deturpa la libertà umana. La tenerezza di Dio ci porta a capire che l’amore è il senso della vita. Comprendiamo così che la radice della nostra libertà non è mai autoreferenziale. E ci sentiamo chiamati a riversare nel mondo l’amore ricevuto dal Signore, a declinarlo nella Chiesa, nella famiglia, nella società, a coniugarlo nel servire e nel donarci. Tutto questo non per dovere, ma per amore, per amore di colui dal quale siamo teneramente amati.
Sono queste le direttrici per il Papa di una “teologia in cammino” chiamata ad uscire dalle strettoie in cui a volte si è rinchiusa; ad allontanarsi dal narcisismo per servire la comunità; che sia Parola incarnata. “Certamente la Parola di Dio – afferma il Papa – non muta, ma la carne che essa è chiamata ad assumere, questa sì, cambia in ogni epoca”. “Oggi più che mai – conclude Francesco – ci vuole una rivoluzione della tenerezza. Questo ci salverà”.
Nel suo indirizzo di saluto, il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, ha ricordato che dove c’è famiglia c’è festa. Richiamando la definizione del Papa della Chiesa come “un ospedale da campo”, il porporato ha ricordato che la Casa della tenerezza è “l’ambulanza per soccorrere i feriti”. Mons. Carlo Rocchetta, fondatore della comunità, ha sottolineato inoltre che circa 600 coppie ogni anno partecipano ai seminari, ai percorsi messi a punto dalla Casa della tenerezza. Ha anche ricordato che il 60% delle coppie in crisi, grazie al lavoro fatto, è rimasto insieme e che oggi la Casa è composta da 10 famiglie con 35 figli. “Dove trionfa la tenerezza – ha detto mons. Rocchetta al Papa – c’è un miracolo”.
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