“Essere testimoni non significa non essere peccatori”. In una breve omelia a braccio, Papa Francesco riprende la “testimonianza” di Giovanni e alla comunità di Santa Maria in Setteville a Guidonia chiede l’impegno di essere una comunità che “non chiacchiera”, perché gli apostoli erano, sì, peccatori (“traditori, codardi”, dice il Papa), ma non si legge mai che chiacchieravano, che “sparlavano” gli uni degli altri. E solo senza la chiacchiera la comunità sarà “perfetta”.
Il Papa è arrivato a Guidonia alle 15,42, ha prima incontrato i gruppi giovanili della parrocchia e poi si è recato da don Giuseppe Berardino, da più di due anni ammalato di sclerosi laterale amiotrofica. Ed è stato proprio quest’ultimo dettaglio a far decidere a Papa Franesco di riprendere la visita nelle parrocchie dopo l’Anno Santo Straordinario da Santa Maria in Setteville, a Guidonia, ad Est di Roma, come ha raccontato il parroco, don Gino Teobaldi, in una intervista esclusiva con ACI Stampa.
Appena arrivato, il Papa è andato in parrocchia, dove ha incontrato le varie realtà pastorali, in particolare – riferisce il bollettino della Sala Stampa vaticana – trenta ammalati, i ragazzi della catechesi, gli sposi che hanno battezzato i propri figli nel corso del 2016 e i collaboratori della pastorale. Poi, la visita agli ammalati, e in particolare al 50enne don Giuseppe Berardino.
Un bollettino della Sala Stampa Vaticana racconta che “il Santo Padre Francesco si è intrattenuto per più di mezz’ora con i bambini ed i giovani della catechesi. Tra loro, molti ragazzi del percorso post-cresima, ma anche un gruppo di Scout. Diverse giovani hanno posto al Papa, in modo spontaneo, alcune domande”.
Questa parte della visita non è stata trasmessa in diretta dal CTV, ma se ne hanno informazioni dalle cronache locali. Incontrando i vari gruppi pastorali della parrocchia, Papa Francesco ha sottolineato che “ascoltare le parole del Signore è trovare gioia” e che “la testimonianza cristiana si fa con la parola, con il cuore e con le mani”, perché “se io dico che sono cattolico” e vado a Messa, ma “non parlo con i genitori”, non “assisto i nonni” e “i poveri”, così non è testimonianza.
Papa Francesco ha anche parlato della fede che “a volte non si vede, è tutto nero”, ha ricordato il dramma del padre di uno dei bambini terremotati ieri che ha perso la moglie sottolineando che “si capisce che là è buio, bisogna rispettare quel buio dell’anima”.
Nel dialogo con i ragazzi, Papa Francesco ha parlato anche del perdono, che “è difficile”, ma che “va dato con il cuore”, e ha detto che “il dono più grande che Dio gli ha dato” è “la mia famiglia, mamma, papà, fratelli e soprattutto nonni”, e per questo il Papa ha esortato i giovani “a parlare con i nonni, che sono la memoria della vita e la saggezza della vita”.
Dopo questo incontro – si legge ancora nella nota della Sala Stampa vaticana – “il Santo Padre ha salutato 45 bambini, tutti battezzati nel corso del 2016, insieme ai loro genitori. Successivamente, si è svolto l’incontro con un centinaio di fedeli che aiutano il Parroco, don Luigi Tedoldi, nell’opera pastorale. A loro, il Pontefice ha dato diversi consigli, soffermandosi sull’importanza della missione”.
Riferisce il Vaticano che il Papa quindi, “dopo aver salutato i sacerdoti ed i seminaristi, il Santo Padre si è spostato in sagrestia per confessare 4 penitenti: una giovane coppia, che accudisce il Viceparroco, don Giuseppe Berardino, gravemente malato di Sla; un giovane del percorso post-cresima ed il padre di un bambino ammalato”.
Quindi la Messa, con la breve omelia che tiene a braccio. Il Papa dice che la testimonianza di Giovanni ha fatto sì che alcuni dei discepoli del Battista seguissero Gesù, e “sono rimasti contenti”. Hanno insomma potuto incontrare Gesù perché “c’è stato un uomo che ha dato testimonianza” e così accade nella nostra vita.
Si chiede il Papa: “Ci sono tanti cristiani che confessano che Gesù è Dio, tanti preti, tanti vescovi, tutti danno testimonianza di Gesù?”. Lamenta che per alcuni “essere cristiano è come un modo di vivere, come essere tifoso, ma sì sono cristiano, quasi, o avere una filosofia, avere questi comandamenti”, ma invece “essere cristiano è prima di tutto dare testimonianza di Gesù. E questo è quello che hanno fatto gli apostoli”.
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Dare testimonianza non significa non essere peccatori, aggiunge il Papa. “Gli apostoli non avevano fatto un corso per diventare testimoni di Gesù, non avevano studiato, non sono andati all’università, hanno sentito lo spirito dentro e hanno seguito l’ispirazione dello Spirito Santo. Sono stati fedeli a questo! Ma erano peccatori, tutti! I 12 erano peccatori!”
Non solo erano “invidiosi” – e il Papa ricorda l’episodio della madre che chiede che i suoi figli siano seduti alla sua destra o sinistra – erano “traditori” come “il primo Papa, Pietro”, erano “cordardi” perché “quando Gesù è stato preso, tutti scapparono pieni di paura”. Ma erano testimoni, perché “”ssere testimone non significa essere santo”. Nota il Papa che però tra tutti i peccati, gli apostoli “non parlavano male uno dell’altro… in questo, erano bravi!”
Dice il Papa: “Io penso alle comunità: quante volte questo peccato, di togliersi la pelle l’uno all’altro, di sparlare, di credersi superiori e parlare male di nascosto. Questo nel Vangelo non lo hanno fatto… hanno fatto cose brutte, hanno tradito il Signore, ma questo no”.
Esclama il Papa: “Volete una parrocchia perfetta? Niente chiacchiere! Niente! Se hai qualcosa contro qualcuno vai e dillo in faccio, o al parroco”. Perché “tutti siamo peccatori… ma quello che distrugge, come un tarlo, una comunità, sono le chiacchiere, da dietro. Io vorrei che in questo giorno della mia visita questa comunità facesse il proposito di non chiacchierare”. Conclude il Papa: “Amarsi almeno in questo, cominciate con questo. Il Signore vi dia questa grazia: mai sparlare l’uno dell’altro”.
di A. Gagliarducci per AciPrensa
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