Polemica incredibile tra Francesco Totti e mister Luciano Spalletti alla Roma. E’ una vicenda che travalica il calcio. Come redazione abbiamo subito contattato un Super tifoso della Roma e amico dei Papaboys, il Maestro e direttore d’orchiestra Marco Celli Stein. Che ci invia questo commento che vogliamo condividere con tutti voi.
1) UNA VOLTA ALLO STADIO
Stadio Sandro Pertini di Fiano Romano: in una bella giornata di sole in un triangolare a cui partecipa la Nazionale di calcio dei Papaboys, all’ultimo secondo della partita, il vecchio bomber con il nove sulle spalle riesce a gonfiare la rete. Il Presidente Venturi entra in campo per abbracciare …il sottoscritto! Ebbene si! Io, soprannominato “bomber” da tutti i giocatori che si sono avvicendati nella Papaboys calcio e da tutti i dirigenti ed allenatori che hanno offerto il loro contributo allo sviluppo di questa squadra, io irriducibile vecchietto, segno un goal in mezzo a giovani di diversi anni meno di me! Ancora il fiato mi sorregge, assieme all’esperienza accumulata in mille battaglie. Pieno di energia e gioia proseguo la mia partita. Poi il “timbro” di un difensore che mi piazza il suo ginocchio in mezzo alla coscia sinistra, mi riporta all’ordine naturale delle cose e pur onorato del fallo ricevuto, visto che non mi si riusciva a fermare con mezzi leciti, debbo uscire. Poi qualche giorno di …. cure! Molti giorni di cure! Troppi giorni di cure!
Lasciare il calcio? Mai!
2) IL MIO MAESTRO
Il viso era triste. Mi diceva che bisogna lasciare l’attività quando non si è più all’altezza. Lo diceva con profonda tristezza addosso. Il dolore di chi ama la propria arte e deve abbandonarla è immenso. Ma lui diceva che non bisognava rovinare ciò che era stato fatto di bene. Bisognava lasciare un bel ricordo. Ma il dolore si vedeva eccome. Un grande sacrificio.
3) UN TENORE MAI DOMO
Giuseppe Di Stefano cantava l’operetta negli ultimi anni della sua splendida vita finita purtroppo tragicamente. Una rapina in Kenia lo ridusse in coma, proprio (follia della sorte) un sette dicembre che è il giorno dell’apertura del Teatro alla Scala. Aggrappato alla vita morì, senza mai riprendersi, quattro anni dopo. Quel giorno che lo incontrai era sorridente e non si curava di nulla. Cantava per quello che poteva, fumava il sigaro e si divertiva. Qualche zampata qua e là e senza crearsi problemi regalando al pubblico qualche colpo di voce dei suoi. Il grandissimo tenore… se ne fregava.
4) BEETHOVEN
Se il grande maestro di Bonn avesse smesso la sua attività per la sordità non avremmo mai avuto la Nona ed altri capolavori!
5) DIMITRI MITROPOULOS
Quando i dottori gli dissero che sarebbe morto se non avesse smesso di dirigere, lui rispose che sarebbe morto se non saliva sul podio.
Morì sul podio! Meraviglioso musicista che ancora oggi dirige le note nel silenzio…..correggendole!
Centinaia di racconti potrebbero essere scritti, anzi migliaia, circa il momento dell’abbandono di una attività. Come abbiamo visto ognuno è interprete della propria fine. Si: c’è una fine per tutto.
Anche morire è una fine e c’è da interpretarla anche quella! Ho visto morire una persona con addosso un terribile accanimento di dolori fisici e che sopportò con immensa gioia cristiana. Non sembrava ai nostri occhi neanche malata!
La fine programmata di un artista è stata anche quella interpretata in migliaia di modi. Mario Del Monaco soffrì terribilmente e come abbiamo visto il suo ugualmente illustre collega Giuseppe Di Stefano la gestì in maniera sorridente. Maria Callas non riuscì a sopportare la “nuova vita” e piano, piano entrò in un vortice di solitudine che la portò ad una fine tristissima.
Questa lunga e strana premessa fatta in forma di racconti, ci consente di “atterrare” con il più sensibile tatto (si dice tatto o…Totti, non mi ricordo!) all’argomento di questo articolo. Ovvero la delicatissima gestione della nuova vita di Totti e della Roma.
Significa capire l’interpretazione che si vorrà dare al lungo passo d’addio del più grande campione dell’era moderna che Roma abbia mai avuto. Dico Roma città, al netto di Piola che, pur rimanendo avanti nei goal segnati, è parte di un calcio d’altri tempi. Totti è il giocatore in attività più prolifico del nostro calcio. Ebbene l’inizio di questa interpretazione è stato fra i più disastrosi. Tutto nasce da alcune dichiarazioni dell’allenatore Spalletti circa l’argomento. Purtroppo improvvide e maldestre. Accomunando Totti in un ristretto gruppo a vecchietti fra cui Keità e De Sanctis, Spalletti dichiara di voler prediligere l’utilizzo di giocatori motivati, con forza fisica superiore e con varie caratteristiche accostabili a giocatori più giovani ed in piena carriera. Uscita assolutamente gratuita ed inutile ma piena di pericolose possibilità di ripercussioni diplomatiche successive. Le quali si sono fatte subito reali.
Totti risponde che non gli è pare giusto parlare di questo delicato argomento con i giornalisti e non direttamente con lui. Poi dice la ormai famosa battuta “con Spalletti solo buongiorno e buona sera”. Spalletti poi non convoca Totti per la partita con il Palermo. Poi? Caos assoluto. Errori con conseguenze inimmaginabili. Un allenatore per me bruciato!
Bruciato… e dico che si è creato uno scacco matto da solo. Un clamoroso autogoal. Dovendo passare dal manto erboso alle superfici lisce di un tavolo dirigenziale e diventare uomo immagine della Roma, Totti al fianco di Spalletti vedrà il suo allenatore cadere dalla torre romanista. Prima o poi! Il disastro va analizzato: è una mossa di Spalletti per farsi far fuori perché non vede futuro in questa Roma? Io penso di si. Credo che il mondo del calcio non ci faccia vedere tutto. Maltrattare il Capitano dopo l’appena ricucito strappo (dopo la partita con il Real Madrid) con i tifosi per le varie vicissitudini passate e curva sud vuota, è una operazione incomprensibile! Pur rimanendo attuale il problema dello sdoganamento dell’atleta Totti, pare assurda la gestione dell’allenatore nei confronti del futuro dirigente Totti, dell’uomo immagine Totti, del ricordo Totti, del campione Totti, del Totti adorato da tutti i tifosi. Gestione suicida oltre l’immaginabile.
Chiudo ricordando quei cinque minuti finali con il Real Madrid. Il Capitano, senza fascia, entra in campo sullo zero a due. A lui, in quella manciata di minuti, è sembrato vivere l’incubo del DISONORE DELLE ARMI!
Roma, come al solito, è silenziosa come i coltelli che affondano nel corpo di Giulio Cesare. Ma a rompere il silenzio della congiura ci penseranno i tifosi. L’urlo splendido della folla rimetterà tutto a posto!
di M° Marco Celli Stein musicista
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