“Siamo qui per entrare nel Mistero che Dio ha compiuto con la sua veglia d’amore”. Così il Papa in una Basilica immersa nella solennità profumata d’incenso, scaldata dai canti e illuminata dalle fiamme di circa settemila lumini. Una “notte di veglia” ha rimarcato il Pontefice, di attesa, nella certezza che il “Signore” custodisce il suo popolo. Notte che vissero i discepoli e le discepole di Gesù provando “dolore” e “angoscia”. Il Papa ha indicato proprio le donne che all’alba andarono al Sepolcro e per prime videro Gesù una volta entrate.
“Non si può vivere la Pasqua senza entrare nel mistero. Non è un fatto intellettuale, non è solo conoscere, leggere… E’ di più, è molto di più! “Entrare nel mistero” significa capacità di stupore, di contemplazione; capacità di ascoltare il silenzio e sentire il sussurro di un filo di silenzio sonoro in cui Dio ci parla (cfr 1 Re 19,12)”.
“Entrare nel mistero – ha detto – ci chiede di non avere paura della realtà: non chiudersi in sé stessi, non fuggire davanti a ciò che non comprendiamo, non chiudere gli occhi davanti ai problemi, non negarli, non eliminare gli interrogativi…”.
“Entrare nel mistero significa andare oltre le proprie comode sicurezze, oltre la pigrizia e l’indifferenza che ci frenano, e mettersi alla ricerca della verità, della bellezza e dell’amore, cercare un senso non scontato, una risposta non banale alle domande che mettono in crisi la nostra fede, la nostra fedeltà e la nostra ragione”.
“Per entrare nel mistero – ha poi aggiunto – ci vuole umiltà”.
“L’umiltà di abbassarsi, di scendere dal piedestallo del nostro io tanto orgoglioso, della nostra presunzione; l’umiltà di ridimensionarsi, riconoscendo quello che effettivamente siamo: delle creature, con pregi e difetti, dei peccatori bisognosi di perdono. Per entrare nel mistero ci vuole questo abbassamento che è impotenza, svuotamento delle proprie idolatrie… adorazione. Senza adorare non si può entrare nel mistero”.
Le discepole di Gesù – ha aggiunto – “vegliarono” con “la Vergine Madre”, le aiutò a non perdere “la fede e la speranza”. Impariamo da loro – ha concluso – “a vegliare con Dio e con Maria, nostra Madre, per entrare nel Mistero che ci fa passare dalla morte alla vita”.
Vita riflessa e affermata in tutta la liturgia in San Pietro, densa di simboli di purificazione e rinascita come fuoco e acqua. Notte in cui Francesco ha battezzato e cresimato dieci catecumeni adulti, uomini e donne, per metà italiani e altri provenienti da Cambogia, Albania, Portogallo. Notte in cui si è lavata con forza la Preghiera universale per i perseguitati e per quanti lavorano per la pace.
Il servizio è di Massimiliano Menichetti per la Radio Vaticana
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