Il Gesuita statunitense che dirige l’Osservatorio astronomico del Vaticano racconta come è nata la sua vocazione. “La scienza? È continuare a porsi nuove domande… Come la religione”
Non c’è contrapposizione fra scienza e fede per fratel Guy Consolmagno. «Papa Giovanni Paolo II scrisse una lettera a sir George Coyne, mio predecessore, dicendo che “la scienza è importante per la religione perché può debellare la superstizione, cioè le false credenze”. Galileo è stato maltrattato dai poteri forti della Chiesa per questioni politiche», spiega, «nessuno ha mai messo in discussione i suoi studi. D’altra parte, nel 1600 le persone non avevano un’idea chiara delle differenze tra scienza e religione. Le loro sicurezze erano state messe in discussione dagli assunti di Galileo e questo provocò in loro dubbi e paura».
Classe 1952, astronomo gesuita, direttore dal 2015 della Specola Vaticana, come ricorda il settimanale Credere, Consolmagno racconta così le origini delle sue scelte: «Ho scoperto la fede da bambino servendo a Messa come chierichetto; ho scoperto la fantascienza nella biblioteca del collegio dove studiavo negli Stati Uniti. Entrambe hanno cambiato la mia vita. La fede mi ha condotto a prendere i voti come Gesuita. La fantascienza mi ha spinto a scegliere la scienza come professione, mi ha fatto vedere che essere uno scienziato poteva essere un’avventura incredibile, e mi ha anche fatto riscoprire la bellezza di essere cattolico».
«Avevo una trentina d’anni ed ero un ricercatore al Mit (Massachusetts Institute of Technology) di Boston con una carriera ben avviata, ma mi sentivo vuoto», racconta il religioso. «Mi chiedevo perché occuparmi di astronomia quando ci sono questioni ben più importanti, come la grande povertà che affligge tante persone nel mondo. Allora ho mollato tutto e sono partito per l’Africa con le forze di pace statunitensi. Arrivato in Kenya, nei pressi di Nairobi, ho chiesto alle persone che incontravo che cosa potevo fare per loro. E loro, che sapevano che ero un astronomo, mi hanno detto che desideravano vedere le stelle. Lì ho capito che davvero non di solo pane vive l’uomo. Nessuno può esistere senza il cibo per lo spirito, indipendentemente da quale sia la parte del mondo in cui si trova. Questo ci distingue come esseri umani».
Di Romina Gobbo per Credere
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