Robotica domestica, internet “delle cose”, multimedialità diffusa: sono queste le ultime speranze cui i giovani disoccupati debbono aggrapparsi? A giudicare dal successo di Maker Faire, fiera internazionale dell’innovazione svolta a Roma dal 3 al 5 ottobre con oltre 400 espositori da tutto il mondo, si potrebbe rispondere di sì: mentre si restringono gli spazi e le possibilità di accedere al lavoro nelle fabbriche e uffici “tradizionali”, potenzialmente si spalanca uno spazio immenso di applicazione delle nuove tecnologie di automazione diffusa, collegate a internet, ai cellulari, ai tablet, al cloud. La sensazione è che in questo campo, la cui esplorazione sta appena iniziando su scala globale, lo spazio per le giovani generazioni nate “digitali” ci sia, e anche molto. Però, certo, è uno spazio tutto da conquistare, con invenzioni geniali da realizzare, mercati da conquistare, aziende da costruire e mettere a reddito, clienti da affascinare e fidelizzare. Per non montarsi la testa e passare per illusi, è il caso di richiamare il vecchio detto “tra il dire e il fare… c’è di mezzo il mare”. E allora vediamo se questa kermesse delle nuove tecnologie applicate a prodotti potenziali nei più svariati settori ha avuto veramente qualcosa da dire. Intanto, eccoci un po’ dovunque all’incontro con due telecamere al posto degli occhi. Le mani sono di alluminio, tubi di acciaio per braccia e gambe. La figura sembrerebbe quasi umana ma i movimenti meccanici rivelano che si tratta di un robot, una di quelle macchine che in un futuro forse non troppo lontano sostituiranno l’uomo nelle faccende domestiche. La robotica sembra essere una delle applicazioni più promettenti, in settori diversi, perché le fattezze vagamente antropomorfe dell’essere animato dai chip e controllato a distanza dallo smartphone in fondo è quanto di più simile all’uomo conosciamo (e riusciamo a controllare!).
Le invenzioni e la crisi come risorsa. Certo si è visto un po’ di tutto alla Maker Faire, dalla robotica alle stampanti 3D, alle applicazioni più fantasiose legate a lavori e hobby, allo studio e alla ricerca scientifica. Dal bastone per ciechi che vibra quando tocca un ostacolo al seggiolino per bambini che dà l’allarme se i genitori dimenticano il figlio in auto. Artigiani, ma allo stesso tempo innovatori aperti alla tecnologia. Questa è la filosofia dei “makers” che hanno esposto le loro opere. A fare da padrone è stato il settore “Internet of things” (internet delle cose). “Ma sarebbe meglio dire internet ‘per le cose’ – spiega all’interno di uno stand Lorenzo Diberardino, studente di ingegneria informatica e startupper -. Il successo di internet risiede nel fatto che ha messo in contatto persone lontane. Oggi con l’internet delle cose è possibile mettere in contatto le persone con gli oggetti anche a distanza. Più concretamente, sarà possibile controllare gli elettrodomestici di casa anche quando si è fuori, usando semplicemente un comune smartphone o un tablet”. E così, stando a quanto dicono i giovani inventori, sarà possibile innaffiare il giardino, regolare la temperatura di un appartamento, sapere se ci si è dimenticati la luce accesa mentre si è via grazie a un telefonino collegato a internet. Un futuro che sembra già presente, se si cammina tra gli stand della Maker Faire. E forse un possibile rimedio contro la crisi e la disoccupazione, che in Italia ha toccato il 44% tra i giovani. “L’innovazione è la chiave contro la perdita di posti di lavoro. La crisi può essere vista anche come una risorsa – prosegue Lorenzo, che con 15 compagni di università ha fondato una piccola azienda informatica – perché spinge ad andare oltre le difficoltà”.
Mettersi in gioco con coraggio e creatività. Per lavorare nel settore della tecnologia spesso non occorrono costosi macchinari, “ci sono tanti ingegneri italiani che potrebbero lavorare senza lasciare il Paese, impiantando delle startup – gli fa eco Angelo Cantatore, anche lui studente di ingegneria informatica -. Basta avere voglia di mettersi in gioco, quello della tecnologia è un settore che potrebbe attecchire anche al Sud”. Angelo è un esperto di stampanti 3D. Mostra nel suo stand come da un filo di plastica si può ricavare qualsiasi oggetto per la casa, un soprammobile, una piccola scultura. “Si parte da un disegno fatto a mano, che poi viene rielaborato in 3D con un programma del computer. La stampante usando un filo di plastica costruisce, o meglio stampa, l’oggetto che si vede nella foto”. Un’invenzione che potrà avere applicazione in diversi campi, “da quello della medicina – assicura Angelo – si pensi alle impronte dentali, fino all’architettura, magari per produrre i plastici dei progetti”.
Da un hobby al progetto imprenditoriale. Dello stesso parere sembrano alcuni studenti dell’Università Roma Tre, che in un altro reparto fanno esperimenti sul controllo degli oggetti a distanza tramite la rete. “Le invenzioni della Maker Faire sono idee valide che potrebbero creare possibilità di guadagno. Da semplice passatempo diventerebbe un vero lavoro”, spiega Marco Sbaffaroni, futuro ingegnere. Molti espositori sono studenti universitari, alcuni frequentano ancora le scuole superiori. I ragazzi dell’istituto tecnico “Ludovico Pepe” di Ostunì (Brindisi) hanno già le idee chiare: “La tecnologia aiuta la vita quotidiana, e di sicuro aiuterà anche a creare lavoro. L’innovazione è la risorsa per aprire nuovi orizzonti, non è solo un modo per divertirsi”. Presentano uno strumento che dà la possibilità di accendere una lampada utilizzando uno smartphone, chissà che un domani non serva per controllare le luci di un grattacielo.
Di Cristian Carboni per Agensir
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