Dalla realtà di una guerra “devastante”, che riduce “in cenere” ogni speranza di un futuro di pace, prende le mosse la riflessione del card. Maradiaga. Il cessate il fuoco permanente chiesto dalla Caritas, specifica, deve condurre a “una pace giusta, basata su negoziati inclusivi, in tutta la regione”. “La strada per la riconciliazione è lunga ma comincia da noi”, ricorda il porporato, chiedendo alle parti in conflitto: “Perché continuate a guardare la pagliuzza nell’occhio del vostro fratello e non a vedere la trave che è nel vostro?”. “Dovreste deporre le armi – continua – e prendere un binocolo”, per vedere “che la gran parte delle vittime sono innocenti”. Ricordando le altre guerre scoppiate nella Striscia, l’impegno della Caritas e le condizioni di vita dei palestinesi, il card. Maradiaga chiede “la fine del blocco su Gaza”, così che i suoi abitanti possano “vivere una vita degna”. Il porporato ricorda poi l’incontro di Papa Francesco con i presidenti Peres e Abbas, e le parole di Benedetto XV – durante la Prima Guerra mondiale – secondo cui la forza può “reprimere i corpi”, non le anime degli uomini. Il cardinale prega dunque perché “le anime di palestinesi e israeliani restino libere di credere in un futuro di giustizia e pace”.
Dalle 7 di questa mattina, ora italiana, Israele e Hamas non sparano più. Hanno accettato la tregua umanitaria di 72 ore, proposta da Stati Uniti e Onu. Le delegazioni delle due realtà saranno oggi Cairo per intraprendere negoziati. Pesantissimo il bilancio delle vittime fin’ora 1.450 i palestinesi uccisi
, sul fronte israeliano sono morti 61 militari e 3 civili. Graziano Motta della Radio Vaticana:La tregua umanitaria e incondizionata di 72 ore, ovvero di tre giorni, è stata annunciata congiuntamente dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon e dal segretario di Stato americano Kerry. Le parti, nell’accettarla, hanno chiarito che resisterà fin quando non sarà violata e comunque hanno inviato delegazioni al Cairo, quella palestinese rappresenta le tre principali organizzazioni, Al Fatah, Hamas e Jihad islamica, aderendo all’intento dei promotori e del presidente egiziano al-Sisi di renderla stabile e duratura. Per questo occorrerà aprire una breccia sul muro di diffidenze e di riserve, le principali sono state esplicitate: Israele ha precisato che intende continuare ad operare sottoterra e demolire la rete di tunnel realizzata da Hamas per sventare la minaccia di infiltrazioni e distruggere l’arsenale di missili e ancora ieri il primo ministro Netanyahu ribadiva questa condizione e disponeva il richiamo di altri 16 mila riservisti. Hamas ha ribadito che, con il ritiro delle forze israeliane di occupazione, deve cessare il blocco della striscia di Gaza. Per la comunità internazionale non devono più esserci violazioni dei diritti umani, né tantomeno crimini di guerra. Al di là delle speranze, la tregua dovrebbe ridare fiato alla popolazione palestinese stremata da 25 giorni di guerra che ha aggravato le sue condizioni miserevoli, portando lutti – le vittime superano quota 1400, circa 7000 feriti – montagne di macerie e un totale dissesto dei servizi civili, in particolari ospedalieri. E far passare qualche giorno senza angosce e paure agli israeliani sotto la minaccia dei missili palestinesi. Ieri ne sono stati lanciati una sessantina, in buona parte intercettati. La scorsa notte, nelle ore che hanno preceduto l’annuncio della tregua, a Gaza sono proseguiti i combattimenti, con l’intervento di aerei e artiglierie; 14 i palestinesi morti a Khan Younis fra cui una donna e due bambini; cinque soldati israeliani uccisi dallo scoppio di un obice di mortaio presso il confine, portando così a 61 il numero complessivo delle perdite.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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