Da ieri sera, il bilancio dei morti si aggiorna a 26 palestinesi uccisi tra cui 9 donne e 4 bambini oltre – 1.110 in tutto dall’inizio dell’offensiva – e 48 militari di Tel Aviv. Peggiora la situazione umanitaria da quando sta bruciando la centrale elettrica più grande di Gaza e in fumo sono andate anche le riserve di carburante. Di questa mattina anche la notizia di 20 mila nuovi sfollati che si aggiungono ai più di 200 mila di Gaza. Sono gli abitanti di Izet Abed Rabbo e di al Zeitun, rioni che ieri Israele ha chiesto di abbandonare avvertendo dei bombardamenti. Tanti sono scappati, ma non il parroco della “Sacra Famiglia” di al Zeitun, p. Jorge Hernandez, con i suoi parrocchiani, gli anziani e i bambini disabili è tutt’oggi sotto i tiri dell’artiglieria come testimonia l’audio della nostra intervista in cui p Hernandez racconta del dramma vissuto, ringraziando per tutte le preghiere della comunità cristiane del mondo:
D. – Sappiamo che molta gente ha provato a scappare: sono circa 20 mila i nuovi sfollati che si vanno ad aggiungere a quelli che già ci sono. Ma per tanti, come per voi, è impossibile andare via. Qual è il vostro stato d’animo?
R. – Noi non possiamo muoverci: come si fa a portare via trenta bambini handicappati e nove persone anziane? Non si può assolutamente! Anche perché non si tratta di orfani, noi non siamo i loro responsabili. Dunque, senza il permesso non lo puoi fare. Poi, uscire per strada è pericoloso… Dunque siamo qui, cercando di resistere.
D. – Ha sentito domenica l’appello del Papa proprio in nome dei bambini che rimangono praticamente schiacciati in queste realtà di sofferenza. Vi è arrivato il suo messaggio? Che cosa scatta nei vostri cuori quando si sente che il Papa da lontano pensa, prega, chiede che tutto questo finisca?
R. – È un conforto per noi la vicinanza del Papa. Ci vuole qualcuno che dica “Basta!” e che metta fine a questo massacro perché è impressionante. Noi abbiamo avuto una grazia, una delicatezza di Papa Francesco che, qualche giorno fa, ci ha mandato una mail in cui manifestava la sua vicinanza alla parrocchia e la sua preghiera per tutti i cristiani. Abbiamo dato la notizia della mail a tutti i parrocchiani e ai cristiani che hanno provato evidentemente un sollievo. Per noi è stata una grande cosa. Purtroppo, il Papa non viene sempre ascoltato. L’altro ieri, abbiamo vissuto una tragedia: la casa di una famiglia cristiana è stata bombardata, la mamma è morta, il papà ha riportato delle ferite e il figlio maggiore che si trovava incasa lotta ancora tra la vita e la morte in ospedale. Negli ospedali qui a Gaza non si trovano i mezzi, manca lo spazio, non c’è l’attrezzatura necessaria… Questa è la nostra situazione.
D. – Padre, quando viene proclamata una tregua è effettivamente un momento di pausa per tirare un respiro di sollievo o è comunque un momento di caos e di paura?
R. – Diciamo che di tutti gli appelli alla tregua che ci sono stati abbiamo potuto approfittare solamente di uno, e non dall’orario che loro avevano dato, perché per esempio se dicono dalle due di sera, la tregua inizia alle tre, non smettono subito. Purtroppo, non abbiamo potuto approfittare degli altri appelli di tregua, perché di fatto il fuoco non si è fermato. Una cosa è ciò che si dice a livello informativo, un’altra cosa è quello che viene vissuto. Ora, abbiamo solo un’ora e mezza massimo due di elettricità… Ci sono stati dei giorni in cui non l’abbiamo avuta per niente e questo è un problema. Non arriva assolutamente acqua: noi cerchiamo di aiutare le persone vicine con le riserve che abbiamo. Tante persone poi ci hanno chiesto rifugio qui in chiesa e noi non possiamo darlo perché non è sicuro.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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