Gaza. ‘Ingiustificabile e scandaloso’: Ban Ki-moon condanna l’attacco alla scuola Onu

Drammatico bilancio dell’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza reso noto dal ministero della Salute palestinese: solo ieri sonno state uccise 129 persone, portando il numero delle vittime, dall’inizio del conflitto, a 1.400. Sul fronte opposto, con i 3 soldati israeliani morti ieri, si contano 56 militari israeliani uccisi e due civili. L’agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi fa, intanto, sapere che ormai il numero degli sfollati accolti nelle sue strutture è arrivato a 240 mila su un totale di oltre 1,7 milioni di abitanti e che, dunque, se le operazioni continueranno, non potrà accoglierne altri. Il servizio di Graziano Motta della Radio Vaticana:

Continuare “con forza” nella Striscia di Gaza le operazioni contro Hamas e gli altri gruppi estremisti, stabilendo comunque delle interruzioni, brevi tregue umanitarie, limitate alle zone in cui non sono in corso combattimenti: queste le principali decisioni del Consiglio israeliano di sicurezza riunito ieri per cinque ore in cui sono stati giudicati come “concreti” i risultati dell’intervento contro le infrastrutture militari palestinesi, in particolare contro la rete chilometrica di tunnel, realizzata in anni di lavori per deposito di armi e missili e per infiltrazioni in Israele. Considerate pure le pesanti, tragiche conseguenze sulla popolazione civile: un’inchiesta è stata ordinata sull’eccidio a Jabaliya– 23 morti e 125 feriti – nella scuola dell’Unrwa, l’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, dove avevano trovato riparo 3.300 palestinesi, per il quale fortissima è stata la condanna del segretario generale dell’ONU. Ban Ki-moon ha accusato, sulla base delle prove raccolte, l’artiglieria israeliana aggiungendo: “ E’ vergognoso che siano stati attaccati dei bambini mentre dormivano”. E per una malintesa interpretazione della tregua umanitaria di quattro ore annunciata dai militari israeliani per alcune zone di Gaza, ma non a Shujayeh, ieri un’altra strage nel suo mercato: 17 i morti, 160 i feriti. Immediata è stata la condanna di Hamas anche per il “ prolungato silenzio”, così lo definisce, della comunità internazionale e degli stati arabi. La sua potenza offensiva resta ancora importante se ancora ieri ha proseguito il lancio di missili su Israele e i combattimenti nella Striscia sono stati intensi, le perdite palestinesi di 40 morti e centinaia di feriti, quelle israeliane di tre soldati uccisi e 27 feriti.

Oltre all’Onu, altrettanto fermo è l’appello alla tutela dei civili, alla garanzia delle cure e alla salvaguardia degli ospedali che lancia il capo missione di Medici senza frontiere a Gerusalemme, Tommaso Fabbri, al microfono di Gabriella Ceraso della Radio Vaticana :
R. – Il problema principale è che i civili, oggi come oggi, fuggono dalle zone di violenza e non sanno dove possono andare. “Shifa Hospital” è uno degli esempi lampanti, perché ci sono duemila sfollati e non si sente la sicurezza neanche là, dopo quello che è successo all’ospedale due giorni fa quando c’è stata un’esplosione nella zona ambulatori.

D. – Com’è lavorare e spostarsi in questo momento a Gaza?
R. – E’ difficilissimo. Cerchiamo di ridurre i movimenti al minimo, perché ogni movimento mette a rischio la vita.

D. – Al di là delle emergenze, è vero che non vengono più forniti neanche i servizi medici di base?
R. – Quelli che sono i “primary health care”, ambulatori di primo servizio, nella città di Gaza, per fare un esempio, su 13 ce ne sono solo quattro aperti e non sempre. Ma anche quelli aperti non ricevono persone quando, spesso e volentieri, ci sono bombardamenti intensi. Quindi, sì i centri di maternità infantile sono un problema, le malattie croniche sono un problema e per tutti coloro che devono ricevere cure a lungo termine in questo momento è un vero e proprio problema.

D. – C’è una collaborazione da parte del governo israeliano?
R. – Per tutto quello che è emergenza, so che ci sono collaborazioni tra il Ministero della salute, tra Ramallah e Israele. Penso che, oggi come oggi, il problema maggiore sia per quelli che non sono a rischio di vita imminente, ma che se non ricevono cure adeguate lo saranno tra poco. Questo è il problema che Stati come Israele e l’Egitto dovrebbero prendere in considerazione.

D. – Sono emergenze chirurgiche quelle che seguite?
R. – Noi ci troviamo nell’ospedale di Shifa e siamo in chirurgia, terapia intensiva e urgenze. I tipi di pazienti che abbiamo sono vittime, spesso e volentieri, da politrauma, civili e la maggior parte sono bambini.

D. – Perché serve una tregua definitiva?
R. – Per la popolazione di Gaza, per i civili che non sanno dove andare e subiscono violenza massiva.

D. – Quando scatta una tregua umanitaria di poche ore riuscite a fare qualcosa?
R. – Riusciamo a raggiungere i nostri pazienti regolarmente, quindi arriviamo a casa loro o loro possono arrivare alle nostre cliniche. Già questo è qualcosa di positivo. Le persone di Gaza possono arrivare a comprarsi da mangiare, a ritirare soldi e riuscire a fare il minimo per riorganizzarsi. Quindi, sì, la tregua umanitaria è importante ma non è una soluzione. Noi vogliamo che gli ospedali non vengano bombardati e che i civili vengano rispettati e non uccisi pagando il prezzo per tutto questo tempo. Non bisogna aspettare una tregua umanitaria per non bombardare le zone civili e per non bombardare gli ospedali.

D. – Sta iniziando una nuova giornata che cosa aspettarsi?
R. – In questa situazione ci si aspetta di tutto. Io, più che altro voglio fare una richiesta, chiedo che gli ospedali siano sempre più rispettati e chiedo che l’accesso alla salute per i civili sia garantito

D. – I proclami in questi giorni sono tanti, ma la gente cosa prova, come vi appare?
R. – La gente è sconfortata, ha paura, vuole pace. La gente vuole respirare e far crescere i figli in maniera normale e non lasciarli tutto il giorno all’interno di una stanza perché non possono nemmeno uscire in giardino a giocare per il rischio che cada una bomba.

A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana

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