GRADUATORIE ASILI COMUNALI – Forte reazione delle associazioni familiari (Age, Forum e Granello di senape) contro la scelta della giunta cittadina, fatta a partire dall’accoglimento delle richieste del mondo Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) nell’ottica di un percorso di sensibilizzazione contro le discriminazioni. La replica: “Ma da quando in qua mamma e papà sono parole omofobe?”.
Genitore 1 e genitore 2. Questa la dicitura inserita nel bando, pubblicato dal Comune di Bari, relativo alla formazione delle graduatorie per gli asili comunali. Non madre e padre, bensì un più generico “genitore”. Posta come una questione di civiltà e di contrasto all’omofobia dal primo cittadino del capoluogo pugliese Antonio Decaro, la cosa non è affatto piaciuta ai genitori baresi sentitisi feriti e offesi. Una scelta, quella della giunta cittadina, fatta a partire dall’accoglimento delle richieste del mondo Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) nell’ottica di un percorso di sensibilizzazione contro le discriminazioni. Ma da quando in qua mamma e papà sono parole omofobe? Questa la domanda delle incredule associazioni familiari. Associazioni tanto reattive, da indurre il sindaco Decaro a fare una piccola marcia indietro acconsentendo, per ora, a cancellare dai moduli la numerazione 1 e 2.
Un pretesto ideologico. Come se la polemica sulle unioni civili non fosse stata sufficiente a far infuriare le associazioni familiari ecco la proposta di togliere i nomi mamma e papà in favore di genitore 1 e genitore 2. Un “pretesto ideologico”, tuonano le stesse unioni dei genitori, che tende a sgretolare dal basso la micro comunità che per millenni è stata fondamento dell’intera società: “I genitori devono essere identificati come mamma e papà – dice la responsabile pugliese dell’Age,
Lucia Glionna -. La questione è complessa e non si risolve in una dicitura. Noi come associazione non siamo assolutamente a favore dell’omofobia né siamo contro la formazione di una famiglia senza matrimonio ma non è questo l’argomento giusto per affrontare il discorso della famiglia. Credo, piuttosto, che tutta la questione sia un modo per far passare altri provvedimenti conseguenti a questa proposta”. Un’ipotesi, quest’ultima, condivisa da altre voci come quella del Forum delle famiglie: “La proposta non ha senso – afferma
Vincenzo Santandrea del Forum provinciale di Bari – e credo sia solo un pretesto ideologico introdurre quella definizione. Il sindaco pone la cosa come una scelta a favore delle coppie omosessuali, delle famiglie ricostituite e mono genitoriali. Dobbiamo tenere alta l’attenzione perché la questione è spinosa e complessa. Un’azione, all’apparenza solo formale, porta, spesso sotto traccia, ad altre azioni più sfavorevoli per la famiglia”.
Minare ai principi cardine della famiglia. Se la battaglia si svolge anche su un piano ideologico non si può non calcolare il rischio di una più profonda destrutturazione del principio di famiglia. Su questo mette in guardia Fabio Candalice, rappresentante dell’associazione il Granello di senapa: “Il campo di battaglia è molto ampio e non si può certo ridurre ad una parola in un documento. Però, se ci tolgono piccoli mattoni da sotto i piedi, vengono meno alcuni principi cardine della famiglia. La battaglia va certamente fatta su altri fronti”. Come rileva Candalice, il sindaco Decaro si rifà ad una vecchia modifica di legge: “Una legge del ‘75, che modifica il termine ‘patria potestà’ con ‘potestà genitoriale’, ulteriormente modificata pochi anni fa con il termine ‘responsabilità genitoriale’. Ma quella legge non obbliga le amministrazioni comunali a cambiare diciture nei documenti da madre/padre a genitore. E noi come associazione stiamo facendo una petizione per far tornare il tradizionale madre/padre nei documenti comunali. La questione, poi, viene posta male perché se scrivi genitore stai riferendoti a qualcuno che ha generato qualcuno. Ma non tutte le coppie generano figli, ne hanno solo la responsabilità. Se si lascia passare una cosa piccola come questa, passeranno agevolmente altri, e più seri, provvedimenti a sfavore della famiglia”. di Andrea Dammacco per Agensir