La Chiesa non dimentica la sofferenza di quanti nel tempo e nella storia sono stati uccisi e violentati dall’odio umano. I regimi totalitari sostenuti dalle folli ideologie, hanno causato all’umanità immani perdite di vite umane a causa dell’appartenenza religiosa, politica e sociale. Alcuni governi addirittura vorrebbero cancellarne la memoria. Pesa troppo. Non è politicamente corretto ritenersi responsabili di milioni di uomini, donne, bambini, uccisi solo per affermare la propria superiorità. Gli armeni hanno sofferto tantissimo. Nel silenzio hanno offerto a Dio, la persecuzione. Non si sono tirati indietro. Non hanno rinnegato la loro fede. Il mondo non può e non deve dimenticare! A quasi cent’anni dal genocidio armeno –perpetrato nei territori dell’attuale Turchia nel 1915–, la Chiesa armena apostolica conferma in maniera decisa e definitiva l’intenzione di procedere con sollecitudine alla canonizzazione per martirio delle vittime di quello che gli armeni chiamano “il Grande Male”. La conferma è venuta dall’incontro del comitato per la canonizzazione costituito ad hoc e svoltosi dal 27 al 29 gennaio a Antelias, in Libano, presso la cattedrale del Catholicosato armeno della Gran Casa di Cilicia. L’incontro è stato convocato con la benedizione di ambedue le massime autorità della Chiesa armena apostolica: il Patriarca supremo e Catholicos di tutti gli armeni Karekin II (che risiede a Echmiadzin, in Armenia) e il Catholicos della Gran Casa di Cilicia Aram I. I vescovi e i sacerdoti che compongono il comitato hanno discusso fin nei risvolti più concreti le procedure e le modalità da seguire per la canonizzazione, concordando che l’intero percorso per portare alla gloria degli altari i martiri armeni dovrà essere ultimato entro il 2015, nel centenario del genocidio. Nell’incontro sono stati passati in esame anche gli aspetti relativi alla preparazione dei testi commemorativi per le liturgie e al culto delle icone dei martiri e delle loro reliquie. Il comitato si riunirà di nuovo alla fine di maggio, presso la Sede patriarcale di Echmiadzin, per mettere a punto i dettagli finali per la canonizzazione collettiva delle vittime del massacro degli armeni. L’espressione Genocidio armeno, talvolta Olocausto degli Armeni o Massacro degli Armeni (in lingua armena Հայոց Ցեղասպանութիւն Hayoc’ C’eġaspanowt’yown o Մեծ Եղեռն Medz Yeghern “Grande Crimine”, in turco Ermeni Soykırımı “Genocidio armeno”, a cui talvolta viene anteposta la parola “sözde”, “cosiddetto”)
si riferisce a due eventi distinti ma legati fra loro: il primo è relativo alla campagna contro gli armeni condotta dal sultano ottomano Abdul-Hamid II negli anni 1894-1896; il secondo è collegato alla deportazione ed eliminazione di armeni negli anni 1915-1916. Il termine genocidio è associato soprattutto al secondo episodio, che viene commemorato dagli Armeni il 24 aprile. Nello stesso periodo storico l’Impero Ottomano aveva condotto (o almeno tollerato) attacchi simili contro altre etnie (come gli assiri e i greci), e per questo alcuni studiosi credono che ci fosse un progetto di sterminio. Sul piano internazionale, ventuno stati hanno già ufficialmente riconosciuto un genocidio negli eventi descritti.Primo massacro Armeno. Nel 1890 nell’Impero ottomano si contavano circa 2 milioni di armeni, in maggioranza cristiani-ortodossi monofisiti (non avevano partecipato al Concilio di Calcedonia e non avevano aderito alla professione di fede che riconosce anche la piena umanità di Gesù insieme alla sua piena divinità, e dunque considerano Gesù come entità unicamente divina). Gli armeni erano sostenuti dalla Russia nella loro lotta per l’indipendenza, poiché la Russia aspirava ad indebolire l’Impero ottomano per annetterne dei territori ed eventualmente appropriarsi di Costantinopoli. Per reprimere il movimento autonomista armeno, il Governo ottomano incoraggiò fra i curdi -con i quali condivideva il territorio nell’Armenia storica-, sentimenti di odio anti-armeno. L’oppressione che dovettero subire dai curdi e l’aumento delle tasse imposto dal governo turco esasperò gli armeni fino alla rivolta, alla quale l’esercito ottomano, affiancato da milizie irregolari curde, rispose assassinando migliaia di armeni e bruciandone i villaggi (1894). Due anni dopo, probabilmente per ottenere visibilità internazionale, alcuni rivoluzionari armeni occuparono la banca ottomana a Istanbul. La reazione fu un pogrom anti-armeno da parte di turchi ottomani in cui persero la vita 50.000 armeni.
Secondo massacro Armeno. Nel periodo precedente la prima guerra mondiale nell’impero ottomano si era affermato il governo dei “Giovani Turchi”. Loro temevano che gli armeni potessero allearsi coi russi, di cui erano nemici. Il 1909 registrò un eccidio di almeno 30.000 persone nella regione della Cilicia. Nel 1915 alcuni battaglioni armeni dell’esercito russo cominciarono a reclutare fra le loro fila armeni che in precedenza avevano militato nell’esercito ottomano. Intanto l’esercito francese finanziava e armava a sua volta gli armeni, incitandoli alla rivolta contro il nascente potere repubblicano. Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915 vennero eseguiti i primi arresti tra l’élite armena di Costantinopoli. L’operazione proseguì l’indomani e nei giorni seguenti. In un solo mese, più di mille intellettuali armeni, tra cui giornalisti, scrittori, poeti e perfino delegati al Parlamento furono deportati verso l’interno dell’Anatolia e massacrati lungo la strada. Arresti e deportazioni furono compiute in massima parte dai “Giovani Turchi”. Nelle marce della morte, che coinvolsero 1.200.000 persone, centinaia di migliaia morirono per fame, malattia o sfinimento. Le marce della morte furono organizzate con la supervisione di ufficiali dell’esercito tedesco in collegamento con l’esercito turco, secondo le alleanze ancora valide tra Germania e Impero Ottomano (e oggi con la Turchia) e si possono considerare come “prova generale” ante litteram delle più note marce ai danni dei deportati ebrei durante la seconda guerra mondiale. Altre centinaia di migliaia furono massacrate dalla milizia curda e dall’esercito turco. Le fotografie di Armin T. Wegner sono la testimonianza di quei fatti ( si possono facilmente trovare su internet). Malgrado le controversie storico-politiche, un ampio ventaglio di analisti concorda nel qualificare questo accadimento come il primo genocidio moderno, e soprattutto molte fonti occidentali enfatizzano la “scientifica”
programmazione delle esecuzioni.Riconoscimento del genocidio. La maggior parte degli storici tende a considerare le motivazioni addotte dai Giovani Turchi come propaganda, e a sottolinearne il progetto politico mirante alla creazione in Anatolia di uno Stato turco etnicamente omogeneo. Altri studiosi, sostenendo l’inesistenza di un progetto di genocidio, richiamano l’attenzione sul fatto che non tutti i numerosi armeni d’Istanbul furono coinvolti nel massacro e che non fu approntato un piano sistematico di eliminazione paragonabile a quello messo in pratica dai nazisti contro gli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Il governo turco continua ancora oggi a rifiutare di riconoscere il genocidio ai danni degli armeni ed è questa una delle cause di tensione tra Unione Europea e Turchia. Una recente legge francese punisce con il carcere la negazione del genocidio armeno. Per converso, già da tempo la magistratura turca punisce con l’arresto e la reclusione fino a tre anni il nominare in pubblico l’esistenza del genocidio degli armeni in quanto gesto anti-patriottico. In tale denuncia, comunque ritirata, è incappato lo scrittore turco Orhan Pamuk, a seguito di un’intervista ad un giornale svizzero in cui accennava al fenomeno. Il governo turco attuale sta favorendo l’apertura al riconoscimento di questa pagina di storia, come dimostrato anche dalla riapertura di alcune chiese armene nel sud-est del paese (la zona curda) a Van e a Diyarbakır, su iniziativa del sindaco del BDP Osman Baydemir. I socialdemocratici del Partito Repubblicano e i nazionalisti tuttavia si oppongono tenacemente a questi cambiamenti. Va ricordato che l’apparente coerenza di tesi da parte della storiografia turca contro l’esistenza del genocidio è dovuta in buona parte al clima di repressione che si respira nel paese. Ad esempio, lo storico turco Taner Akçam, il primo a parlare apertamente di genocidio, viene arrestato nel 1976 e condannato a dieci anni di reclusione per i suoi scritti; l’anno successivo riesce a fuggire e a rifugiarsi in Germania; oggi lavora negli Stati Uniti, presso lo Strassler Family Center for Holocaust and Genocide Studies della Clark University, dopo essere stato Visiting Associate Professor of History alla University of Minnesota.
Le tensioni tra Unione Europea e Turchia. In vista dell’ingresso della Turchia nell’Unione Europea il negazionismo del governo turco ha creato difficoltà al negoziato. La Turchia continua tuttora a negare il genocidio ai danni degli armeni. La Francia considera invece reato negarlo. Il Parlamento italiano si occupò del problema nel 1998 con una mozione presentata da Giancarlo Pagliarini per il riconoscimento dell’Olocausto armeno, firmata da 165 parlamentari di diversi partiti. Il 17 novembre del 2000 la Camera dei deputati italiana, sulla scia del Parlamento europeo e dello Stato Vaticano, ha votato una risoluzione che riconosce il genocidio armeno e invita la Turchia a fare i conti con la propria storia. L’esatto numero di morti è controverso. Le fonti turche tendono a minimizzare la cifra, quelle armene a gonfiarla. Nel 1896 il governo ottomano registrava in 1.440.000 gli Armeni residenti in Anatolia. Secondo il Patriarcato armeno di Costantinopoli, nel 1914 gli Armeni anatolici andavano da un minimo di 1.845.000 ad un massimo di 2.100.000. Le stime variano da un minimo di 950.000 secondo le fonti scritte turche fino a 3.500.000 secondo le ipotesi degli Armeni. Lo storico Arnold J. Toynbee, che fu ufficiale dell’intelligence britannica in Anatolia nella prima guerra mondiale, stima in 1.800.000 il numero complessivo degli Armeni di quel paese. L’Enciclopedia Britannica indica come probabile il numero di 1.750.000. Il numero degli armeni morti nel secondo massacro è ancora più controverso. Fonti turche stimano il numero dei morti in 200.000, mentre quelle armene arrivano a 2.500.000. Talat Pasha, Gran Visir nel 1917-1918 e importante Giovane Turco, stima la cifra in 300.000 morti. Toynbee ritiene che i morti furono 1.200.000, McCarthy 600.000 . Gli storici stimano che la cifra vari fra i 500.000 e 2.000.000 di morti, ma il totale di 1.200.000/1.300.000 è quello più diffuso e comunemente accettato. Concludiamo con la preghiera che il Beato Giovanni Poalo II elevò a Dio al Memoriale di Tzitzernakaberd, durante il viaggio Apostolico in Armenia:
“O Giudice dei vivi e dei morti, abbi pietà di noi! Ascolta, o Signore, il lamento che si leva da questo luogo, l’invocazione dei morti dagli abissi del Metz Yeghérn, il grido del sangue innocente che implora come il sangue di Abele, come Rachele che piange per i suoi figli perché non sono più. Ascolta, o Signore, la voce del Vescovo di Roma, che riecheggia la supplica del suo Predecessore, il Papa Benedetto XV, quando nel 1915 alzò la voce in difesa ”del popolo armeno gravemente afflitto, condotto alla soglia dell’annientamento”. Guarda al popolo di questa terra, che da così lungo tempo ha posto in te la sua fiducia, che è passato attraverso la grande tribolazione e mai è venuto meno alla fedeltà verso di te. Asciuga ogni lacrima dai suoi occhi e fa che la sua agonia nel ventesimo secolo lasci il posto ad una messe di vita che dura per sempre.
Profondamente turbati dalla terribile violenza inflitta al popolo armeno, ci chiediamo con sgomento come il mondo possa ancora conoscere aberrazioni tanto disumane. Ma rinnovando la nostra speranza nella tua promessa, o Signore, imploriamo riposo per i defunti nella pace che non ha fine, e la guarigione, mediante la potenza del tuo amore, di ferite ancora aperte. La nostra anima anela a te, Signore, più che la sentinella il mattino, mentre attendiamo il compimento della redenzione conquistata sulla Croce, la luce di Pasqua che è l’alba di una vita invincibile, la gloria della nuova Gerusalemme dove la morte non sarà più. O Giudice dei vivi e dei morti, abbi pietà di noi! di Giovanni Profeta
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