Gesù di Nazaret

Gesù di Nazaret… e gli fu detto: “Vattene! Che il tuo parlare è duro. È da quando sei arrivato che il sonno più non viene. Rivoltoso! Hai scompigliato tutto: gli animi e le cose. Traditore! Di Davide e di Abramo. Vattene impostore, perché la pagherai…”. Peggio che fosse un cane lo appesero alla croce.  Frustavangli le spalle, sputandogli sul viso. Presente era la Madre, pregò che andasse via, che non giungesse al Golgota: nei suoi occhi limpidissimi sentiva di affogare. Non fu il legno, non le spine, non la polvere che gli parea amica. Era la Madre il grande Suo tormento. La Donna nobilissima, la Donna che sa piangere, la Donna che perdona. Era bella. Era sempre stata bella, Bella e trasparente. Bella e innocente. Casta e innamorata. Sua serva e Sua signora. Di Dio era la sposa.“ Madre..!”. La voce si fé rantolo. “Figlio! Figlio del cuore mio Figlio del mio mistero. Figlio che ci fai beati. Figlio del Creatore Dio. Nero diventa il cielo. È l’ora del dolore. Regnan paura ed ansia, negli uomini e sul mondo. Avanza non temere. Pur se non lo senti, il Padre ti sta accanto. Vengo con Te sul monte.  La morte più non temo. Figlio che facesti il bene. Che pane fosti al povero e all’assetata il bere. Che di buon vino l’anfora facesti traboccare. Che Lazzaro chiamasti dal fondo degli abissi. Figlio che del Padre sei il solo prediletto. E per amore immane la vita vuoi donare. Coraggio, guarda in alto, riprendi le tue forze.  Appoggiati alla spalla della Tua Mamma bella”. Era mattino quando fu inchiodato. Ancora un poco e si fece cieco il sole.  A nona si udì straziante un grido: “Padre! Padre che mi hai mandato. Padre che ho sempre amato. Padre di tutti i tempi. Padre degli avi miei. Perché Ti copri il volto? Perché mi lasci solo? Padre, però, perdonali, ricrea i figli Tuoi. Già vedo lui che arriva mi fissa con orrore, mi odia e mi detesta. Vuole strapparmi via coloro per cui muoio…”. Vinse! La morte fu affossata. Risuscitò! Raggiunse il Padre Suo.

…e noi dobbiamo ancora ridìre il Suo Vangelo ma la lingua ci si inceppa e il cuore impazza folle. La Parola che consuma, ci brucia sulle labbra dolce è più del miele.È acqua eppur ci annega. È lieve e ci trafigge. Balsamo che inquieta. Tormento che ristora. Essa ci fa liberi, ma anche prigionieri. Come i profeti antichi, siamo caduti in trappola. Perdonaci, buon Padre, se abbiamo dubitato, siam pronti, finalmente. Lasciati pulire il Volto. Accogli il nostro invito e vieni a cenar con noi. Accontentati, Signore, non aumentare il prezzo. È sera e la bisaccia ancora abbiamo vuota. Sporche son le mani che Tu sognavi pure. Maestro del perdono, riversalo su noi. Accetta le parole…  se non puoi pesare il cuore. Padre Maurizio Patriciello

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