Nata l’11 marzo 1910 ad Aljustrel, frazione di Fatima in Portogallo, Giacinta Marto era l’undicesima e ultima figlia di Emanuele Pietro Marto e Olimpia de Jesus.
Insieme al fratello Francesco e alla cugina Lucia, fu una dei veggenti delle apparizioni mariane di Fatima, tra il maggio e l’ottobre 1917. D’indole vivace, imparò ad accettare di buon grado le sofferenze, anche compiendo piccoli sacrifici per amore di Dio e della Madonna. Ammalatasi durante una violenta epidemia di influenza “spagnola” nel 1918, morì il 20 febbraio 1920 nell’ospedale «Dona Estefânia» di Lisbona, a nove anni e undici mesi. Suo fratello Francesco l’aveva preceduta il 4 aprile 1919.
Entrambi sono stati beatificati da san Giovanni Paolo II il 13 maggio 2000 e canonizzati da papa Francesco diciassette anni esatti dopo. I resti mortali di Giacinta Marto sono venerati nella Basilica di Nostra Signora del Rosario di Fatima, nella cappella sul lato sinistro dell’altare maggiore.
Molti conoscono le celebri apparizioni di Fatima, a pochi invece sono noti gli ultimi momenti della preziosa vita dei piccoli Veggenti. Il 20 febbraio 1920, data che poi fu scelta per la memoria dei due Beati pastorelli, moriva Giacinta Marto, 10 anni, nel letto di un Ospedale lontana dalla famiglia, come le aveva anticipato la Madonna…
Giacinta si trovava tanto bene nella “casa della Madonna di Fatima”, come ella chiamava l’orfanotrofio della Madonna dei Miracoli, che quasi dimenticava la sua terra, la famiglia e, chissà, forse anche Lucia.
La fanciulla, tuttavia, non era ancor giunta alla cima del suo calvario e non aveva ancor bevuto fino all’ultima stilla il calice del dolore. Gesù, per completare la sua opera, venne a chiederle altre separazioni: la separazione dalla madrina (la superiora della casa) Madre Godinho, e la separazione da Lui stesso, nascosto nel Tabernacolo della Madonna dei Miracoli. All’ospedale non c’era “Gesù nascosto”, né?la Madre!
Il dott. Lisboa, in verità, illudendosi di poter ancora salvare la fanciulla, ottenne infine di poterla ricoverare nell’ospedale di Don Estefania. Infatti, pochi giorni dopo, il 2 febbraio 1920, fece la sua entrata nella sala n. 1 dell’ospedale, occupando il letto n. 38, dell’infermeria dei bambini.
Giacinta era là, una dei tanti. L’ambiente dove si trovava ora era tanto freddo e desolato. Che differenza tra quell’infermeria e la semplice stanza in via Estrela. Quando la madrina la lasciò, Giacinta rimase sola e triste. Non c’era più nessuno con cui potesse liberamente parlare delle sue cose: soprattutto non c’era Gesù!
Ciò che maggiormente la faceva soffrire, però, era il vedere alcune infermiere ed altre persone che venivano a visitare gli ammalati, attraversare la corsia in un abbigliamento poco modesto. «A che serve tutto quello?» diceva, riferendosi a determinati abbigliamenti e acconciature. «Se sapessero che cos’è l’eternità!». Parlando poi di alcuni medici, che essa giudicava increduli, li compassionava dicendo: «Poveretti! Non sanno ciò che li aspetta!». La fanciulla affermava che la Madonna le era nuovamente apparsa e le aveva comunicato che il peccato che trascina più gente alla perdizione era il peccato della carne; era necessario abbandonare il lusso; non dovevano ostinarsi nel peccato come avevano fatto fino allora; era necessario far penitenza.
Tutti i giorni Madre Godinho veniva a visitare Giacinta. Erano momenti deliziosi di cui la piccola approfittava con gioia per sfogare le sue pene e fare a lei le sue confidenze. Assieme alla Religiosa venivano pure Dona Maria Amelia de Sande e Castro ed altre persone amiche. Una volta comparve anche il padre, signor Marto, per vedere la sua figliola. Fu però una visita fugace, perché il buon uomo doveva tornare a Fatima dove altri figli erano a letto e reclamavano la sua presenza.
Il giorno 10 febbraio Giacinta fu operata. Dovette soffrire immensamente, poiché non la si poté addormentare con l’etere, ma le si fece solo l’anestesia locale, causa l’estrema debolezza in cui si trovava. Ciò però che la fece soffrire di più fu l’umiliazione di vedersi svestita. Madre Godinho, che assisté fino al momento dell’operazione la fanciulla, ci riferisce che pianse molto vedendo il suo corpicciolo nelle mani dei medici.
Il risultato dell’operazione, fatta dal dott. Castro Freire, assistito dal dott. Elvas, sembrava incoraggiante. Dal lato sinistro furono cavate due costole e la piaga era tanto larga che era possibile introdurvi una mano. Soffrì dolori atroci, dolori che si rinnovavano tutte le volte che la ferita era medicata. «Ahi, Madonna mia! Ahi, Madonna mia!» era il suo unico gemito. Oppure: «Pazienza, tutti dobbiamo soffrire per andare in Cielo». Nessuno l’udiva lamentarsi. Sopportava tutto con la rassegnazione dei Santi: per espiare, come Gesù, non i suoi, ma i peccati degli altri. Più che mai Giacinta poteva dire a Gesù: «Ora puoi convertire molti peccatori, perché soffro molto!».
Nel periodo di questo orribile martirio, la Vergine non aveva dimenticato la piccola vittima. Ogni tanto si abbassava sul letto su cui Giacinta giaceva crocifissa.
Quattro giorni prima di portarla definitivamente in Cielo la Bianca Signora di Fatima le tolse tutti i dolori. «Ora – confidava alla Madre Godinho – non mi lamento più. La Madonna mi apparve di nuovo e mi disse che presto verrà a prendermi e mi ha fatto scomparire tutti i dolori».
«Veramente, con la felice apparizione avvenuta in piena infermeria – racconta il dott. Lisboa – scomparvero tutti i dolori, e cominciò a desiderare di giocare e distrarsi, cosa che faceva guardando cartoline ed immagini religiose, fra le quali una rappresentante la Madonna di Sameiro che ella diceva essere quella che maggiormente le faceva ricordare la Madonna apparsale. Varie volte fui avvisato che la fanciulla desiderava una mia visita perché voleva rivelarmi un segreto. Essendo molte le mie occupazioni cliniche, ed essendo le notizie sul suo stato di salute alquanto migliori, rimandai, ma disgraziatamente non la potei più vedere».
Quando la madrina, che veniva a passare con lei tutti i giorni lungo tempo per farle compagnia, e soprattutto per edificarsi al contatto di quell’angelo di Cielo, si sedeva ai piedi del letto, ove era apparsa la Vergine, subito Giacinta protestava: «Si tolga di lì, madrina, perché lì stava la Madonna». Poco prima di morire, qualcuno le domandò se desiderava veder la mamma. «La mia famiglia – rispondeva la fanciulla – durerà poco tempo. Presto ci incontreremo in Cielo. La Madonna apparirà un’altra volta, non a me, perché di certo morrò, come mi disse Lei».
Giunse infine il giorno 20 febbraio, giorno fissato dalla bella Madonna della Cova per venire a prendere la sua piccola amica di Fatima. Era un venerdì di carnevale.
«Nel pomeriggio di quel 20 febbraio, alle diciotto, la fanciulla disse che si sentiva male e che desiderava ricevere i santi Sacramenti – depone il dott. Lisboa –. Fu chiamato il parroco della chiesa degli Angeli, dott. Pereira dos Reis, che ne ascoltò la Confessione verso le ore venti. Mi dissero che la fanciulla aveva insistito perché le portassero il Viatico, ma in questo il parroco non fu d’accordo, trovandola apparentemente ancora in condizioni non allarmanti; le promise di portarle Gesù il giorno seguente. Nuovamente la bambina insisté per ricevere la santa Comunione, dicendo che presto sarebbe morta. Ed infatti alle ore ventidue e mezzo si spense serenamente senza essersi comunicata».
Prezioso fiorellino di Fatima! Che il tuo profumo continui ad imbalsamare questa povera terra contaminata da tanti miasmi! Che la tua vita angelica sia luce che dirige alle altezze del bene! Che il tuo martirio sia stimolo al sacrificio! Che la tua morte apra, a chi non conosce la vera vita, le porte della Vita!
La notte del 20 febbraio, come era solita fare, la Vergine era venuta per l’ultima volta a visitare l’ammalata, ed era tornata in Cielo con quell’anima candida, lasciando qual ricordo alla terra e agli uomini le sue spoglie verginali. Gli altri ammalati continuarono a dormire, solo la giovane infermiera Aurora Gomes – “la mia Aurorina”, si compiaceva di chiamarla Giacinta – vegliava vicino a lei.
Al mattino presto, cominciò a spargersi fra i Cattolici di Lisbona una notizia sensazionale: Giacinta, una delle privilegiate fanciulle che avevano visto la Madonna, era morta. Quel piccolo corpo, che tre anni di mortificazioni ed un anno e mezzo di martirio avevano santificato, fu ricoperto con un vestitino bianco, stretto ai fianchi da una fascia azzurra: i colori della Vergine (la bimba ne aveva espresso il desiderio).
Il signor Antonio Almeida, agente delle pompe funebri che stette di guardia alla salma esposta nella chiesa degli Angeli nei tre giorni che precedettero il funerale, disse: «Mi sembra di vedere ancora l’angioletto.
Ho visto molti morti, piccoli e grandi, ma non mi avvenne mai di vedere una tal cosa… Il più grande incredulo non potrebbe dubitarne. Si pensi all’odore che molte volte emanano i cadaveri… la fanciulla era morta da tre giorni e mezzo ed il suo odore era come quello di un mazzo composto dei più svariati fiori…».
«Io tornerò a Fatima, ma solo dopo la mia morte», aveva detto Giacinta alla madrina in uno dei suoi ultimi giorni d’esilio. La predizione della fanciulla si realizzava più tardi, il 12 settembre 1935, quando il Vescovo di Leira decise di trasportare i resti mortali della piccola Veggente nel cimitero di Fatima. Prima di partire da Vila Nova de Ourém, dove era stata sepolta, la cassa di zinco fu aperta e con grande meraviglia di tutti gli astanti il volto della bambina apparve perfettamente incorrotto.
Di quel volto fu fatta una fotografia ed una copia fu inviata a Lucia, che si trovava già in Convento, e che così rispondeva al Vescovo di Leira: «Ringrazio, riconoscentissima, per le fotografie. Quanto mi siano care non lo posso dire, in special modo quella di Giacinta […]: quasi assorta, provai la più grande gioia illudendomi di rivedere la mia più intima amica di fanciullezza. Ho fiducia che Gesù, per la gloria della Santissima Vergine, le concederà l’aureola della santità. Ella era fanciulla solo per l’età, ma sapeva già praticare la virtù e mostrare a Dio e alla Santissima Vergine il suo amore nella pratica del sacrificio…».
Redazione Papaboys (Fonte www.settimanaleppio.it)
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Santa Giacinta, illumina questo nostro tempo tanto buio , ora che tra le stelle che tu chiamavi "le lucerne degli angeli" splende oggi piu' che mai di vivido splendore anche la tua
......ohhhh,quale stupore e quale
deferenza chiedono al mio cuore
Giacinta e Francisco Marto!Non ci sono parole:solo preghiere perchè ci aiutin alla cinversione e alla Pace nel Mondo.Chiara Sinopoli