La diffusione del “giochi dl ruolo” tra gli adolescenti, nell’età della difficile ricerca personale, è estremamente preoccupante e dovrebbe suscitare interrogativi non banali negli adulti. L’impiego di questo materiale riguarda un gran numero di giovani, a diversi livelli di coinvolgimento psichico ed emozionale, con conseguenze sul comportamento che non è semplice valutare.
Certo non è sensato liquidare il problema sbrigativamente, considerando questa, al pari di altre, la moda legata ad una effimera sottocultura: troppo evidente è la difficoltà degli adolescenti del nostro tempo a pensare un proprio futuro, a riconoscere la propria identità sostanziale, a polarizzare l’esistenza rispetto ai sistemi dei valori, per sottovalutare strumenti “ricreazionali” che proprio con l’identità inducono a giocare.
E ancora la diffusione di disordini psicologici e comportamentali che includono la ricerca delle “sensazioni forti”‘, al di fuori di un quotidiano grigio, la incapacità a distinguere tra reale e virtuale, la povertà di percezione e comunicazione delle emozioni suggeriscono la possibile corrispondenza ambigua di questi “giochi alle patologie sociali emergenti.
L’ambientazione dei giochi include, nella migliore delle ipotesi, il mondo magico, del mistero, pieno di incantesimi, maghi, fate, elfi, guerrieri mitici; tematica classica lo scontro tra il guerriero buono e il potente malvagio: l’adolescente respira una mentalità fatta di destini ineluttabili e di insormontabili maledizioni, si immedesima in una cornice piena di ultra-poteri e di mitologie che pongono ristretti limiti alla libertà della persona.
Nei casi peggiori, e molto frequenti, l’ambiente dei giochi è quello dei mostri, dei vampiri, dell’horror più cruento, dell’occulto e dei riti iniziatici. Si va dagli amuleti stregati all’immedesimarsi nel divorare carogne e al rivivere di cadaveri: un supermercato del sacro, dell'”aldilà” e del sacro-satanico non lontano dal modo di pensare che conduce ad aderire a gruppi o sette di questo settore.
Il bravo giocatore è quello che sa immedesimarsi meglio nel ruolo prescelto o assegnato; viene molto apprezzato per le soluzioni intelligenti, per le risorse personali che sa tirare fuori per districarsi nei passaggi più difficili del gioco: i giochi di ruolo sono per gente “smart”, intelligente, brillante, astuta che guarda dall’alto in basso chi si accontenta degli spaghetti, della fidanzata e della vita reale: un cimento per uomini un pò “superiori”, o che comunque presto nel gruppo stabiliranno una gerarchia di “superiorità” in base alle capacità e all’intuito. Si afferma così l’atteggiamento mentale che, attraverso un “cammino di perfezionamento”, consentirebbe alla persona di raggiungere grandi risultati, ignorando limiti e relazioni interpersonali: è l’ottica utilizzata nei percorsi delle sette del “potenziale umano”.
Il fatto più inquietante è che la metodologia di tali giochi presenta forti assonanze e probabilmente una origine comune con modalità utilizzate all’interno di particolari forme di psicoterapia di gruppo: in questo ambito il terapeuta, conducendo il gruppo utilizza l’assunzione di ruoli per i pazienti, al fine di far emergere aspetti interiori inespressi, facilitare l’introspezione, rimuovere inibizioni, suggerire strategie di cura e ottenere effetti catartici.
Diviene impensabile che strumenti così delicati, utilizzati da terapeuti abilitati, nei limiti di ben precisi vincoli deontologici, e con competenze specifiche, vengano impiegati in modo aspecifico, dati in pasto, attraverso dettagliatissimi “manuali”, a chiunque li acquisti.
Il leader naturale di un gruppo dl adolescenti verrà dotato, attraverso il gioco, di approfonditi elementi metodologici per indurre altri nei ruoli previsti dal gioco stesso: il manuale gli suggerisce tutti i fattori necessari, gli atteggiamenti, i comportamenti, il modo di sentire e di pensare: le sue capacità carismatiche verranno ampliate da questa “dotazione” senza che alcun riferimento etico sia garantito: si vede con facilità il rischio dell’ instaurarsi di dipendenze e sudditanze, di prevaricazioni e strumentalizzazioni che esulano dalle normali dinamiche di un gruppo adolescenziale.
La cosa diviene ancor più seria se si considerano i tempi del gioco: non si tratta di incarnare il ruolo di un personaggio fantastico per una o due sere, ma per molti mesi di seguito: occorre immaginare come ci si sente rivestendo il carattere del killer, del vampiro, della vittima, dell’ impiccato o dell’oste menzognero per 12 – 18 mesi.
“Il gioco migliore – ci ha detto con entusiasmo uno dei giovani coinvolti – è quello che non finisce mai, che dura tutta la vita” : un immedesimarsi che sostituisce irreversibilmente il ruolo fittizio e condizionato alla persona e alle sue scelte.
Il leader del gruppo diviene un “master”, un coordinatore-facilitatore che ha il compito di condurre il gioco: di solito personalità “dominanti”, ad elevata autostima, forte determinazione, spunti di tipo narcisistico-istrionico assumono il ruolo di master; questi soggetti tradiscono una forte aggressività rivolta verso gli altri, ma la capacità di controllare i pari senza prevaricazioni aperte o cruente.
I soggetti alla ricerca di identità, piu attratti da prospettive ideali, che trovano disattese nella società reale, con caratteri di fondo non lontani dal pattern depressivo, o con personalità passivo-dipendente, si adattano al ruolo di giocatore e ricevono punto per punto dal manuale le informazioni necessarie alla definizione di sè: come devono essere “fisicamente”, come sentirsi psicologicarnente, quali atteggiamenti assumere: un vero e proprio stato di dipendenza può instaurarsi nei confronti del master: “Tutto dipende dalla bravura del master – ammette un giocatore di diciotto anni – se ci sa fare il gioco diventa straordinario” ; il ritorno ad una realtà senza ruoli predefiniti e senza guida può essere disorientante.
Il master racconta: è la voce fuori campo, il filo conduttore, il narratore, tra le pagine di un libro, che dà colore agli avvenimenti, ai luoghi, ti fa entrare nelle situazioni. Può essere più o meno direttivo, svolgere il ruolo di un semplice “facilitatore” o suggerire con autorità incondizionata il canovaccio su cui i giocatori costruiscono la loro parte.
Permette di scegliere i personaggi o li assegna a seconda delle caratteristiche dei giocatori: anche in questo caso un ambito ricreazionale di apparente libertà si trasforma in luogo di stigmatizzazione, nell’assegnazione di “etichette” che, della persona, pretendono di esaurire le potenzialità in modo rigido e riduttivo.
Il gioco è tutto mentale, non fisico, non agito: le paure o l’impatto con la concretezza, con la vita misurabile, con “l’alterità” degli altri senza mediazioni sono rimandati a un futuro senza definizione; il virtuale fa da ricettacolo per la sensazione di inadeguatezza a relazioni interpersonali “vere”‘, fatte anche di accettazione dei propri limiti e dei problemi degli altri.
Le conseguenze di quest’immersione nel virtuale, che si estendono alla vita di tutti i giorni, hanno proporzioni non valutabili. I rapporti sessuali al di fuori della coppia stabile sono liberati da “fastidiosi sensi di colpa” se avvengono in conseguenza dell’assunzione di un ruolo per gioco: la violenza o i comportamenti autodistruttivi non sei tu che li agisci, ma il tuo personaggio che ti è rimasto “appiccicato” addosso, quindi sono resi più giustificabili.
Il gioco “Vampire”, ambientato tra creature della notte, non-morti o morti-viventi, definisce del vampiro i caratteri fisici, psicologici, attitudinali, “vampirici” e gli ultra-poteri: pregi e difetti del personaggio che emergeranno nelle varie partite e che consentiranno l’assegnazione di punteggi negativi o positivi.
Un pregio del vampiro proposto agli adolescenti è l’inappagabile desiderio di uccidere, un’altra caratteristica presentata come positiva è la “duplice natura”, la natura ambigua della creatura vampirica, divisa in se stessa. Un tipico difetto del vampiro è rappresentato dagli incubi notturni che lasciano strascichi la notte successiva rendendo più difficili le azioni nel gioco: non si richiede la competenza dello psichiatra per comprendere a quali gravi forme di destrutturazione della personalità ci si possa trovare di fronte in seguito a queste “innocue assunzioni di ruolo; quali percezioni distorte di sè possano essere indotte.
Se da un lato la violenza e l’ambiguità, il sangue e l’onnipotenza sono i fattori determinanti comuni di queste trame, dall’altro una vera e propria esplicitata intenzione all’esplorazione dell’insight, del sè profondo, è oggetto di specifici glochi.
Sul gioco Kult c’è scritto: “Pericoloso: questo gioco conduce ad esplorare aspetti oscuri della tua anima; questo può arrecare disturbo a qualcuno: vietato ai minori di anni 16” : quale sia la finalità di sintetizzare aspetti profondi di sè all’interno di un gioco non è facile intuire: certo l’aspettativa di un feeling interpersonale non superficiale, nelle dinamiche di gruppo, si va affermando sempre più e la stessa aspettativa è espressa dai consumatori di pastiglie nelle discoteche, i derivati anfetaminici definiti, proprio per il loro ruolo “‘entactogeni”.
Questo conoscersi fino in fondo ed esprimere agli altri la propria identità sostanziale risponde da un lato ad una esigenza positiva, ma c’è da chiedersi come mai debba essere mediato, nel nostro tempo, dal gioco o dai farmaci: ancora ci si deve interrogare riguardo ai limiti e alle violazioni degli stessi nell’ambito di una strumentale “divulgazione”‘ della propria intimità.
“Ah, certo” – dice il commerciante – “Se poi qualcuno ha difficoltà personali, e interpreta le cose in modo autodistruttivo, non dipende certo dal gioco” : anche in questo caso la società adulta abdica alla responsabilità di tutelare proprio le persone più fragili… Un mondo di gente “‘solida” e sicura che prevede di generare per certo figli stabili e incondizionati: un mondo di “vincitori” che non hanno tempo per i perdenti e i falliti!
Da ultimo va rilevato che l’impiego di sostanze psicoattive, in particolare le metamfetamine e le incontrollabili nuove generazioni di stimolanti sintetici, si sposa perfettamente con le esigenze dei partecipanti al giochi di ruolo: queste droghe aumentano, durante l’effetto acuto, l’energia, l’intuito e la concentrazione, ma contemporaneamente conferiscono disinibizione associata ad un blando distacco dalla realtà: niente di meglio come veicolo per migliori livelli di immedesimazione nel ruolo fantastico, per affievolire ancor più i confini tra verità e sogno, nella apparente valorizzazione della propria “smartness” (lucidità, intelligenza). E, d’altro canto, proprio le alterazioni biochimiche cerebrali indotte dall’ecstasy e dalle droghe analoghe, con le associate turbe del tono dell’umore e dell’identità, potranno, all’interno di un circolo vizioso, indurre di nuovo alla dipendenza da relazioni interpersonali esclusivamente inquadrate attraverso le regole dei giochi di ruolo.
di Massimo Montani e Gilberto Gerra
Centro Studi Farmaco-tossicodipendenze, Az. Usl di Parma. Tratto da : “Movimenti Religiosi Alternativi” DOSSIER a cura del GRIS N. 26
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Mi dispiace ma non sono, d'accordo io gioco molto a Sine Requie e ad un'altro paio di RPG, e non mi è mai venuto in mente di uscire con un'ascia o di bere sangue o di unirmi ad una setta, io che ho il senno (29 anni compiuti) sto con i piedi ben piantati a terra e so, che i morti non escono dalle tombe per divorare i vivi.
Sì, infatti, ho sentito di uno svitato (e si tratta di questo) che si credeva un PG di "Vampire : La Masquerade" ed è arrivato ad uccidere, credendosi tale PG (io gioco anche a Vampire).
Anche per motivi come questi gli RPG hanno il Rating (es: Sine Requie è 18+), quindi si ritorna al vecchio discorso : i genitori devono educare i figli, ogni fascia d'età ha i propri prodotti, per esempio io consiglierei ad un'adolescente S.O.S (Sì, Oscuro Signore) che è un'RPG che fa sbellicare dalle risate e anche molto ironico.
Anche io gioco (o meglio, giocavo) a Sine Requie e non mi sono mai sentito in dovere di compiere atti immondi o simili, nonostante le tematiche del gioco siano molto forti.
Anzi, il periodo in cui giocavo (forse casualmente) concideva con quello in cui ero più attivo in ambito parrocchiale e diocesano.
Come già detto, non a caso certi giochi hanno il rating.
E poi parlare di questi tempi di "diffusione preoccupante" dei gdr quando tutti sanno che è una passione sempre più di nicchia, destinata a scomparire fa un po' sorridere.
Insomma, chi confonde la fantasia con la realtà ha un problema, ma non si risolve impedendogli di avere fantasia.
Con questa psicologia spiccia (detto da una psicologa) ancora una volta fallite nel comprendere che i GDR, come i videogiochi o internet, sono strumenti, quindi né buoni né cattivi in sé. Io trovo i GDR, se utilizzati bene, un modo meraviglioso di stimolare l'immaginazione che tanto gli adulti di oggi credono sia persa. A maggior ragione nell'adolescenza, dove l'assunzione di ruoli diversi dal proprio e l'esplorazione della propria identità è fondamentale, i GDR possono essere un buono strumento per questo compito evolutivo. Conosco molti amici adulti, sani, non tossicodipendenti né con tratti narcisistici-istrionici che giocano volentieri. Così come sono sicura che esistano persone poco equilibrate che giocano ai GDR, così come ai videogiochi e su internet. Non è il GRD che provoca fragilità mentale o tossicodipendenza, e onestamente mi stupisce doverlo ancora dire nel 2014.
Mi avete aperto gli occhi, questi giochi sono mentalmente pericolosi.. sarà meglio andare in chiesa e seguire un prete che magari è pure pedofilo.. speriamo così mi diverto tanto tanto.. quello si che è un bel gioco di ruolo..
Da Psicologo, concordo in pieno con quanto scritto dalla collega "Betty".
Innanzitutto proprio voi venite a parlare di difficoltà nel distiguere realtà e finzione? In secondo luogo nessun giocatore di ruolo guarda dall'alto in basso nessun altro, giocatore o non giocatore. Il gioco di ruolo non rende difficoltosa l'integrazione nella realtà, molti giocatori sono persone con i piedi ben piantati a terra, altri trovano un modo per integrarsi perchè, invece, hanno già difficoltà proprie e non riescono ad inserirsi in altri ambienti, qui trovano invece aiuto, disponibilità ed apertura da parte di tutti.
I giochi di ruolo sarebbero truculenti? Invece raccontare ai bambini di persone crocifisse e morte in questo modo non lo è? Ai vostri figli fate guardare la tv e magari il telegiornale, dove più la notizia è macabra e violenta, più fa audience, poi vi mettete mai a spiegar loro cosa hanno visto e sentito? Magari non state nemmeno attenti a cosa dite o fate davanti i vistri figli, magari insultate qualcuno, maltrattate la moglie, ma guai se giocano a "facciamo finta che" dopo i 7 anni?
Vi prendete troppo seriamente, voi e il vostro amico immaginario, almeno noi giocatori sappiamo che è solo un gioco.
Un tale una volta disse: "non Non è bero che si smette di giocare quando si diventa vecchi ma che si diventa vecchi quando si smette di giocare".
Io sono un giocatore, di ruolo (nonchè Master), da tavolo, di sport e di lavoro. Ho 44 anni e non ho mai smesso un solo giorno di giocare ne mai smetterò di farlo; nemmeno dopo morto (se davvero dovesse esistere un vita oltre la morte) smetterò di farlo che sia all'inferno, in purgatorio o in paradiso.
Il gioco è vita, chi non gioca è un morto vivente.
E non parlo di gioco nel senso più ludico del termine ma di quello spirito di avventura e conoscenza che spinge l'uomo a migliorarsi ad andare sempre oltre i propri limiti.
Chi si ferma è perduto. Chi ferma ad interpretare solo quel ruolo che crede di avere nella vita diventa uno zombie, una mummia o uno scheletro.
Quando scrivete "Il bravo giocatore è quello che sa immedesimarsi meglio nel ruolo prescelto o assegnato" non è nulla di più sbagliato.
Il bravo giocatore di ruolo è colui che è in grado di immedesimarsi in qualsiasi ruolo assegnato.
Il miglior giocatore di ruolo è colui che cambia il proprio ruolo quando, da quello vecchio, non riceve più stimoli di creatività e comunicazione.
Cambia il proprio ruolo, cambia i giocatori e cambia il master perchè il giocatore di ruolo è sempre e costantemente alla ricerca di nuove fonti di ispirazione, di nuove sfide e di nuovi amici con cui condividere le proprie conoscenze.
Un giocatore di ruolo che arriva a fare uso di droghe (ndr: si scrive metanfetamine) o sostanze psicotrope non è più un giocatore di ruolo ma un soggetto che cerca onnipotenza e onniscenza in ciò che non è più nulla se non un fantasma, un ombra di ciò che era prima quando era vivo.
Ho un figlio di 4 anni e già da tempo lo sto avviando al gioco di ruolo come feci io alla sua età. Nulla di trash, horror o robe violente solo giochi di fantasia.
Il letto matrimoniale con la scopa infilata tra i materassi ed un asciugamano in cima, magicamente diventa un galeone ed io e mio figlio giochiamo di ruolo facendo i pirati.
Due sedie affiancate, un coperchio di una pentola e due vecchi telecomandi ci trasformano in avventurieri nello spazio armati di phaser a bordo di un piccolo caccia interstellare.
Una tana ricavata sotto al letto, un asciugamano arrotolato ed infilato nelle mutande e diventiamo due leoni nella savana.
E voi saccenti papaboys che inveite verso un istinto primordiale (il gioco) che permette a qualsiasi cucciolo di crescere ed imparare ad affrontare la vita, non avete mai giocato da piccoli a cowboys e indiani piuttosto che a guardie e ladri? Avete mai finto di essere un astronauta sulla luna o una spia?
Per quale motivo vi siete dimenticati delle vostre origini? Per quale motivo rinnegate ciò che eravate e che vi ha permesso di essere ciò che siete?
Chiudersi in una stanza a leggere testi sacri, sempre quelli e sempre tra le stesse persone e sempre con lo stesso narratore o master non aumenta le vostre conoscenze, non stimola la fantasia e la voglia di confrontarsi.
Una volta che non trarrete più stimoli in ciò che fate da anni sarete spinti a cercare fonti di ispirazione più invasive ed esterne come droghe e psicofarmaci per cercare di vedere vita in ciò che è già morto come alcune volte succedere per le fantomatiche sette religiose devote a quel dio che non vedono più più.
Sono un giocatore di ruolo, D&D in particolare e adoro il ruolo di chierico.
Mi fate pena perchè siete un branco di non-morti (zombie per la precisione) e come tutti i non-morti siete sempre alla ricerca di ciò che più non è ossia la vita.
Attaccate noi viventi, ci sbranate, ci mangiate le carni e bevete il nostro sangue credendo che ciò vi possa far tornare vivi ma è tutto invano finchè non riprenderete a giocare resterete zombie per tutta la vita.
Siete morti, senza più voglia di vivere, senza il desiderio di migliorarvi e di migliorare il vostro prossimo.
Da chierico posso fare solo una cosa: scacciarvi... ma non posso farlo tramite internet.
Ciaaa
TU: sei un grande U_U
Hai appena tirato un venti naturale... E non vi è la regola del +10, ma quella del successo automatico ! *applaude*
I tuoi PG e i tuoi figli sono molti fortunati! Questa è la mentalità giusta per essere un ottimo Master e padre! =)
Hai fatto una prova di diplomazia stellare! =)
Condivido in pieno!
Buongiorno. Da decenni pubblico giochi di ruolo, non solo presso case editrici ma anche enti: ad esempio il Comune di Roma, con cui nel 1993 ho dato alle stampe Il gioco di ruolo dell'Orlando Furioso esplicitamente destinato a insegnanti e biblotecari. Sono uno dei tre curatori di Inventare destini - I giochi di ruolo nell'educazione, opera collettiva sull'utilizzo del gdr in ambito didattico pubblicato dalle edizioni La Meridiana (il cui impegno anche su tematiche religiose è indubbio), oltre che di vari manuali di gioco e libri-gioco (prodotto strettamente affine ai giochi di ruolo) pubblicati con l'editore salesiano Elle Di Ci. Sarebbe troppo lungo sintetizzarvi quanto i gdr possano risultare utili in ambito educativo, sia come stimolo alla creatività e all'espressione che all'apprendimento: vi rimando al testo citato, restando poi disponibile per eventuali approfondimenti.
Sul fingere un'identità diversa durante i giochi di ruolo, le tecniche psicoterapeutiche sono un filone ben poco attinente. Suggerirei di pensare piuttosto al "facciamo che io ero la maestra" dei bambini, coniugato all'invenzione collettiva di una storia. Che è creata dai giocatori quanto dal narratore: se veramente tutti giocassero obbedendo rigidamente alle indicazioni di uno solo, non ci sarebbe gioco né divertimento e questo filone sarebbe scomparso da tempo dagli scaffali di librerie e negozi.
Condannare poi un intero settore ludico in base all'ambientazione adulta di qualche titolo, per di più segnalato esplicitamente come adatto a un pubblico maturo, mi sembra come condannare in blocco oltre un secolo di cinema solo perché si ritengono poco adatte una manciata di pellicole.
Il vostro suggerimento di impiegare sostanze psicoattive durante le partite mi stupisce, visto anche che viene da voi. In quasi 35 anni di pratica di questo tipo di giochi in tutta Italia, con giocatori e giocatrici di ogni ogni età e di diverse estrazioni, sia in pubblico che in case private, non mi è mai capitato di vederne fare uso. Né mi è mai sembrato che qualcuno ne sentisse l'esigenza.
Ringrazio Betty e Andrea Sbarbaro per il parere professionale, anche a nome dei molti enti, insegnanti, bibliotecari, educatori, capi scout, operatori sociali che hanno creduto e ancora credono che con questo strumento si possano fare cose belle e positive. Nonosante i rari quanto vuoti attacchi che, di quando in quando, provengono da personaggi in cerca di facile visibilità o da sette fondamentaliste statunitensi, di cui mi spiace sentire qua l'eco.
Grande Andrea! (Aloona)
Affascinante articolo di disinformazione (ma dire Falsa Testimonianza non era Peccato?).
Negli anni '80 chi giocava di ruolo era come minimo satanista ed imparava a evocare veri demoni. Oggi, che tutte 'ste invasioni di demoni non si sono viste, c'è questo.
Tra 20 anni se giocherai di ruolo sarai un Comunista Anticapitalista (e mangiabambini par-time). Affascinante...
A parte il TR:DR mostruoso, tipico di chi tenta di provare un punto senza avere la minima idea di cosa stia parlando... Qui, come al solito, si danno colpe in modo insultante a una nicchia di popolazione giovane. Viene accusata di scarso contatto con la realtà e tendenze omicide una parte di popolazione che, anzi, una società dovrebbe portare in palmo di mano, perche dotata di creatività, predisposizione al vivere insieme e intraprendenza.
Signori miei, i problemi sociali di questo paese non andate a cercarli nelle sub-culture di nicchia che non siete in grado/non avete voglia di capite.
Anche perché, l'ultima volta che ho controllato, di assassini, stupratori, mafiosi e faccendieri giocatori di ruolo non ne ho ancora trovato mezzo. Né sui giornali, né tra i miei amici.
Dovreste vergognarvi di scrivere cose così superficiali e delle quali non sapete un hel niente. Se aveste un minimo di correttezza, il vostro prossimo articolo dovrebbe essere di scuse per l'incompetenza mostrata e le gravi accuse senza mosse senza nessuna prova