“L’azzardo non è un gioco”, titola la campagna lanciata dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza per contrastare l’uso e il consumo tra ragazzi e bambini di slot e videopoker, gratta e vinci, scommesse sportive e alla roulette, on line, nelle sale da gioco, in bar e ritrovi pubblici. Una ricerca commissionata all’Istituto Swg fa il punto un’abitudine allarmante. Roberta Gisotti, della Radio Vaticana, ha intervistato Stefania Pizzolla, funzionaria dell’Autorità dedicata a tutelare i diritti dei minori:
Una ricerca su mille ragazzini, tra i 14 e i 15 anni, che offre uno spaccato che deve preoccupare istituzioni e famiglie. Uno su due degli intervdistati dichiara infatti di avere giocato almeno una volta, l’8% almeno una volta al mese. Giocano per avere più soldi da spendere e sentirsi più grandi. Del resto, la pubblicità del gioco d’azzardo è ovunque e 3 ragazzi su 4 hanno un luogo di gioco “a portata di mano”, quasi il 70%, vicino casa o scuola, l’11% al centro sportivo, il 7% all’oratorio.
D. – Stefania Pizzolla, una ricerca che fotografa una realtà sotto gli occhi di tutti ma che tutti forse evitiamo di mettere a fuoco, è così?
R. – Assolutamente sì, è un problema chiave del quale sono consapevoli prima di tutto i ragazzi che, infatti, nel 41% dei casi lo avvicinano ad altri tipi di dipendenze, come le droghe o l’alcool. E’ un problema col quale dobbiamo fare i conti, che deve essere affrontato in maniera estremamente seria, sotto una molteplicità di punti di vista.
D. – Dalla ricerca emerge che massima parte dei ragazzi hanno conosciuto i giochi attraverso la pubblicità in televisione…
R. – Sì, la cosa però che poi accentua la gravità è che i luoghi in cui possono giocare, oltre a Internet, sono moltissimi. Hanno un accesso abbastanza semplice – nonostante il gioco d’azzardo, come sappiamo, sia vietato ai minori di 18 anni – a posti sia vicino casa che vicino scuola e molto spesso è uno strumento di aggregazione.
D. – Sull’argomento è intervenuta di recente anche la Commissione europea?
R. – E’ intervenuta con una raccomandazione del 14 luglio rivolta a tutti gli Stati membri, che dava indicazioni specifiche per prevenire l’accesso dei minorenni al gioco d’azzardo. Ci sono alcuni elementi chiave, che risultano particolarmente interessanti. Prima di tutto, la Commissione accentua non tanto di rendere noto il fatto che sia vietato, ma soprattutto di rendere più difficile l’accesso ai servizi di gioco d’azzardo sia online che fisici. E per quanto riguarda la pubblicità dei giochi d’azzardo, la Commissione raccomanda che la pubblicità non metta in evidenza cose che possano essere di “appeal” per i giovani, come per esempio che il gioco d’azzardo possa segnare il passaggio tra l’età dell’adolescenza e l’età adulta, oppure di considerare il gioco d’azzardo come un elemento naturale delle varie attività ricreative. Di questo i ragazzi sono in realtà molto consapevoli, ma la Commissione sollecita i governi soprattutto ad intervenire in maniera chiara.
D. – In Italia, in particolare, abbiamo assistito al dilagare delle sale da gioco. Ci sono state anche molte proteste, prese di posizione. A che punto siamo?
R. – La normativa è estremamente chiara. Gli stessi ragazzi ci dicono che una delle difficoltà che incontrano nell’accesso è proprio quella dei gestori, che gli impediscono di entrare nelle sale gioco. Il problema è che molto spesso ci sono degli strumenti che sembrano più semplici, più innocui – parlo dei “gratta e vinci”, per esempio – che hanno caratteristiche molto più soft e sembrano quasi un gioco normale, come la cartella della tombola, ma che poi col tempo possono portare a una dipendenza vera e propria o alla facilità nel sognare di diventare ricchi.
D. – La prima difesa, quindi, deve essere della famiglia?
R. – Così, infatti, è, come ci raccontano i ragazzi in questo sondaggio. Ovviamente, però, il governo, e anche le amministrazioni locali possono fare molto per ridurre l’accesso o il rischio di accesso dei ragazzi ai luoghi di gioco.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana