R. – Queste donne non vengono considerate come accesso alla giustizia, come accesso ai diritti; di loro si abusa fisicamente, psicologicamente e sessualmente. Questo vuol dire proprio che è la considerazione dell’essere umano-donna che non è al pari dell’essere umano-uomo, ed è una mentalità che si trasmette per generazioni e che continua ad esserci. Quindi, è assolutamente fondamentale, in questo momento, in tutto il mondo, averne una coscienza per potere in qualche modo attuare un cambiamento culturale.
D. – A quali Paesi in particolare ci si riferisce quando si parla del problema della violenza contro le donne?
R. – Parliamo di Afghanistan, dove la giustizia non è assolutamente paritaria tra uomini e donne, soprattutto perché ci sono sistemi di giustizia informali che non si attengono ai diritti umani come principio, e che quindi poi non danno la possibilità, effettivamente, di appellarsi a una parità di diritti. Penso all’India, dove in alcune comunità i matrimoni forzati sono all’ordine del giorno. Oppure penso ai casi di aborto selettivo dei feti femminili, che è assolutamente vietato per legge ma comunemente eseguito in moltissime regioni, sempre dell’India; oppure, mi viene in mente l’Italia: come Fondazione Pangea, abbiamo moltissime richieste di donne italiane che hanno difficoltà a denunciare, che a volte non vengono prese sul serio rispetto alle accuse che presentano, oppure non arrivano al processo perché vengono scoraggiate. Qui le donne troppo spesso non arrivano nemmeno a ottenere, quindi, il giusto riconoscimento di quello che hanno subito e quindi la reale punizione dell’uomo che ha commesso l’abuso.
D. – La Fondazione Pangea come interviene in soccorso delle donne vittime di violenza? Ricorda un caso particolare in cui siete riusciti a cambiare la vita di una di queste donne?
R. – A seconda di dove si è, le modalità di lavoro sono diverse. Per esempio, in Italia ci sono i Centri antiviolenza; in Afghanistan, invece, ce ne sono pochissimi: non si riesce a garantire questo percorso a molte donne. Il nostro modo, in generale, consiste nell’aiutarle ad accedere alla giustizia e a recuperare le relazioni familiari, perchè non si ritrovino più nella solitudine. In particolare ricordo Samìa. Questa ragazza è riuscita a rinascere attraverso un percorso interno alla sua famiglia, e poi è diventata una piccola imprenditrice: grazie ad un prestito del microcredito di Pangea, è diventata una fornaia che oggi mantiene la sua famiglia di cinque persone, e il marito non è più un uomo violento.
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