“La missione è passione per Gesù Cristo e nello stesso tempo è passione per la gente”: è quanto scrive Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata missionaria mondiale che si celebra questa domenica.
Il Papa invita ogni battezzato a portare, nella sua situazione, l’annuncio del Vangelo che è “sorgente di gioia, di liberazione e di salvezza” per tutti gli uomini. “Oggi, la missione – scrive – è posta di fronte alal sfida di rispettare il bisogno di tutti i popoli di ripartire dalle proprie radici e di salvaguardare i valori delle rispettive culture. Si tratta di conoscere e rispettare altre tradizioni e sistemi filosofici e riconoscere ad ogni popolo e cultura il diritto di farsi aiutare dalla propria tradizione nell’intelligenza del mistero di Dio e nell’accoglienza del Vangelo di Gesù, che è luce per le culture e forza trasformante delle medesime”. Ma cosa vuol dire essere missionario oggi? Ascoltiamo padre Ugo Pozzoli, consigliere generale dei Missionari della Consolata, al microfono di Marina Tomarro:
R. – Oggi significa, come lo è sempre stato, essere depositari di un messaggio che si vuole annunciare, e aver fatto un’esperienza – un’esperienza di Cristo – e volerla comunicare. Essere missionari credo che sia essenzialmente questo. E’ chiaro che la Giornata missionaria mondiale rappresenta un campanello: una Chiesa che non è missionaria è una Chiesa che non cresce, che non comunica, che tende a chiudersi e quindi credo che l’importanza stia essenzialmente in questo.
D. – Quali sono i Paesi nei quali oggi c’è maggior bisogno di missionarietà?
R. – Mi verrebbe da rispondere, di getto, l’Asia. Ma penso anche che oggi parlare di territori, parlare di geografia, forse non è così completo, così esatto. Papa Francesco parla piuttosto di “centri” e di “periferie”, perché effettivamente non sempre il messaggio riesce a penetrare. Dove si trovano situazioni di emarginazione e situazioni di desolazione che hanno bisogno di essere vivificate dalla parla di Dio e dal messaggio di Cristo. Credo che siano queste periferie che possiamo trovare dappertutto: oggi il concetto di missione sta cambiando veramente molto. Il mondo è così globalizzato, ma soprattutto così in movimento, sta presentando degli scenari che una volta non erano abituali; l’Europa stessa – alcuni spazi dell’Europa – diventa sempre di più luogo di missione; sono sempre di più le persone non cristiane e quindi sicuramente c’è una spinta missionaria che la Chiesa ha bisogno di dare praticamente ovunque.
D. – Quali sono i bisogni a cui oggi i missionari devono rispondere, secondo lei?
R. – Sono tanti! Un profondo bisogno di umanità, l’accompagnare l’uomo per un tratto del proprio cammino nei percorsi di vita che questa persona sta facendo. Essere lì, essere presente in maniera tale che si possa diventare tutti più umani: questa è la condizione, anche, perché la Parola di Dio possa germinare. Certamente, in molte situazioni – soprattutto di povertà – questo accompagnamento prevede una promozione umana, che tocca l’aspetto della salute, dell’educazione, che cerca di curare le solitudini, che cerca di riconciliare le persone tra loro stesse perché poi, un domani, possano essere riconciliate anche con Dio.
D. – Il Papa nel suo messaggio per questa Giornata sottolinea anche l’importanza della presenza dei fedeli laici nelle missioni. Quanto è importante la loro presenza?
R. – Direi fondamentale! Sono appena rientrato dall’Albania, dove ho condiviso un’esperienza molto bella con un gruppo di persone che lavorano a un progetto di giustizia e pace: sono tutti giovani, tutti laici, tutti ben animati a portare un po’ di pace e un po’ di riconciliazione in una situazione di conflitto che ha bisogno di essere consolata. Nel messaggio, il Papa invita noi religiosi ad aprirci al mondo laico: ecco, forse Papa Francesco ha voluto dire in modo particolare a noi religiosi missionari che svegliare il mondo significa vivere coerentemente determinati valori, significa riscoprire il senso profondo della gente e quindi del dirigersi alle persone che non sono cristiane con una forma di rispetto e di dialogo, ma anche di coraggio, e nello stesso tempo di fare rete, il più possibile, con tutte quelle persone, con tutte quelle forze, valori profondamente umani, per costruire un mondo migliore. Credo che senza un aiuto bello, maturo, del mondo laico tenderemmo a rinsecchirci più velocemente.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)