R. – Il cambio fondamentale che è avvenuto negli ultimi anni è che la Rete è sempre meno considerata uno strumento, ma sempre di più come un ambiente di vita ordinaria in cui si esprimono i propri desideri, i propri bisogni le proprie domande le proprie capacità di ricerca. Quindi, nel momento in cui tutto questo avviene, il quantitativo di contenuti umani, anche sensibili, l’espressione di sé, ma anche di immagine aumenta sempre di più. Dunque, la questione della privacy diventa importante proprio perché la Rete ha cambiato volto e da strumento è diventata ambiente di vita.
D. – A proposito degli strumenti giuridici, il diritto all’oblio sancito dalla Corte di giustizia europea è stato un passo in avanti. Ma cosa c’è ancora da fare?
R. – C’è da ricomprendere il concetto di privacy in un contesto in evoluzione. Dovremmo dimenticarci di definire una volta per tutte le questioni: il mondo della Rete è un mondo in evoluzione che pone sempre di più nuove sfide, quindi anche legislazione deve essere dinamica, cioè non può ancorarsi concetti del passato o a forme che ormai sono obsolete. Quindi, ci vuole un’attenzione una sorveglianza. E da qui anche la decisione di organizzare una giornata dedicata a questi temi – la Giornata europea della protezione dei dati personali – perché grazie a una giornata è possibile continuare a riflettere. Una riflessione che non riguarda solo gli esperti, ma tutti i cittadini.
D. – Assistiamo anche a un ulteriore passaggio. Oggi, le informazioni circolano sul web tramite computer, ma anche le cosiddette “tecnologie indossabili”, ad esempio gli orologi intelligenti. Questa è una cosa positiva o potrebbe nascondere delle insidie?
R. – Direi che in generale queste questioni non vanno affrontate sulla base di insidie o vantaggi. Io direi che l’approccio deve essere più globale, più integrale. Anche la vita, vivere, significa correre dei rischi. Allora, evidentemente, la tecnologia ci sta ponendo in maniera sorprendente delle questioni nuove ed interessanti. La queittone da affrontare in maniera corretta è l’approccio umano: l’ambiente digitale non è qualcosa di tecnologico, riguarda l’esperienza dell’uomo. Quindi, questa è la chiave di approccio. Le sfide sono tante, i problemi sono tanti, i rischi sono tanti, ma le opportunità, soprattutto quelle di condivisione, aumentano esponenzialmente.
D. – Il fatto, per esempio, che il profilo Facebook di una persona deceduta mantenga i suoi dati quanto intacca il diritto alla privacy delle persone e delle loro famiglie?
R. – Questo va regolato. La quesitone dei diritti non è astratta, va assolutamente regolata così come vengono regolati i diritti nella vita dell’ambiente fisico. Quindi, è chiaro che questa è una questione importante. Ci sono già, in realtà, delle regole. C’è anche la quesitone dell’eredità digitale, se vogliamo, dei contenuti: va regolata come va regolata la vita fisica.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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