“ReThink”, ripensaci, fermati, prima di fare un danno: dopo, potrebbe essere troppo tardi. E’ questo il messaggio che sta alla base del software anti-bullismo programmato dalla giovanissima Trisha Prabhu.
Si chiama, appunto, ReThink, e riconosce le parole offensive e le tipiche espressioni da bulli, facendo apparire sugli schermi una finestra di dialogo che chiede a chi scrive di ripensarci, prestando piu’ attenzione, moderando i toni: “E’ come se io fossi li’ vicino agli utenti, e li ammonissi: ‘Stai per offendere qualcuno, sei sicuro di volerlo fare?‘.
Trisha ha 15 anni, vive in Illinois ed e’ di origini indiane: “I meccanismi del cervello e l’impatto sulla nostra vita mi hanno sempre affascinato – spiega Trisha -. Nel 2012, dopo la morte di mia zia in un incidente stradale, ho cominciato a fare ricerche sulle distrazioni cognitive, alla ricerca di soluzioni che potessero prevenire le disattenzioni alla guida. Poi, nel 2013, ho letto del suicidio di una ragazza di 12 anni: era vittima di cyberbullismo. La notizia mi ha sconvolto”. Online, Trisha scopre che la ragazza non e’ che uno dei tanti giovani che per colpa dei cyberbulli scelgono di togliersi la vita: “Per tutti quei ragazzi non posso piu’ fare nulla, anche se lo vorrei tanto. Vorrei tornare indietro nel tempo per convincere chi li ha offesi a fermarsi, perche’ stava facendo un danno enorme. Ma non posso: quello che posso fare, pero’, e’ prevenire i prossimi danni. ReThink e’ nato cosi’”.
Secondo le stime di Trisha, un’altissima percentuale di adolescenti – il 93 per cento – se messa di fronte alle proprie responsabilita’ e alle ipotetiche conseguenze delle sue azioni si ferma e cambia idea: “Di fatto, quando legge il messaggino di ReThink cancella e riscrive, abbassando i toni”. Questo perche’ nell’adolescenza la capacita’ di riflettere e’ meno sviluppata che in eta’ adulta, ma se ai ragazzi si insinua il dubbio, tornano sui loro passi. “Viviamo in un mondo sempre connesso – dice la ragazza -, e certe volte dobbiamo rallentare per pensare a quello che stiamo facendo”.
Grazie a ReThink e’ stato calcolato che la volonta’ di scrivere un messaggio offensivo passa dal 71 per cento al 4 per cento. “Le soluzioni contro il cyberbullismo proposte dai social sono inadeguate. La possibilita’ di bloccare alcuni utenti non serve a nulla: si suggerisce alle vittime di bloccare il bullo e di segnalare l’episodio a un adulto. Purtroppo, a questo punto il danno e’ fatto: non si incide sulle cause. Ricerche dimostrano che 9 vittime di cyberbullismo su 10 non raccontano a nessuno l’offesa ricevuta e soffrono in silenzio”. ReThink – da poco diventato anche una app per Android e Ios – invece, intende agire prima che il messaggio sia inviato.
“Chiedo a tutte le scuole di farsi portavoce del mio appello: due studenti avranno l’opportunita’ di diventare ambasciatori ReThink presso il loro istituto: avranno il compito di spiegare il software e le sue potenzialita’. Insieme possiamo fermare il cyberbullismo e promuovere un uso positivo di internet”.
Redazione Papaboys (Fonte Redattore sociale/Ambra Notari)
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