Spesso sono giovani che hanno abbondonato la scuola, vivono in ghetti urbani e in condizioni di indigenza. A volte hanno una laurea e sono cresciuti in famiglie oneste. Ma tutti hanno intrapreso la carriera da criminale. Sono i ragazzi raccontati nel rapporto “Under” realizzato dall’Associazione Antimafie daSud: un reportage di dodici mesi nel Sud Italia e nel Lazio per capire come si diventa membri di una organizzazione mafiosa.
Il primo impatto con il mondo del malaffare avviene tramite la droga. Nel 1984 i minori denunciati per reati inerenti agli stupefacenti erano appena 578, sei anni dopo 2.113, fino ad arrivare ai 5.123 under 18 denunciati nel 2016. Lo conferma il magistrato Francesco Cascini, capo-dipartimento della Giustizia minorile: “Il tema della droga è enorme, quasi il 50% dei reati ha a che fare con gli stupefacenti, ma l’impatto sociale è sottovalutato”.
Non solo droga. I baby criminali sono coinvolti anche in riscossione di tangenti e intimidazioni, detenzione di armi, gambizzazioni e delitti su commissione. Secondo i dati aggiornati al 15 dicembre 2016 del Ministero della Giustizia, nell’Ufficio di Servizio Sociale per Minorenni (USSM) c’è stato un aumento costante, quasi il 40% dal 2007 al 2015, dei ragazzi (italiani e stranieri) presi in carico, passando da 14.744 a 20.538. Quelli presi in carico per la prima volta nel 2016 sono stati 7.456, che si aggiungono ai 14.240 già presenti per arrivare a quota 21.696. Di questi il 77% ha meno di diciotto anni. I reati maggiormente commessi sono i furti (26%), lesioni personali volontarie e stupefacenti (11% ciascuno) e rapine (10%).
Povertà e abbondono precoce della scuola sono due dei fattori che portano più velocemente i giovani sulla strada della criminalità. Secondo Save the Children, la percentuale di ragazzi tra i 18 e i 24 anni che abbandona prematuramente gli studi o la formazione si attesta in Italia intorno al 14,7%. E in alcune regioni del sud questa media è ancora più alta, come in Sicilia, dove un giovane su 4 interrompe gli studi alle scuole medie inferiori.
Sono invece tre milioni i minori indigenti secondo l’Istat. Di questi, 1 milione e 131mila non possono permettersi beni essenziali (cibo, vestiti, una casa), mentre i restanti 2 milioni e 110mila, in povertà relativa, non riescono a mangiare verdure fresche, carne o pesce una volta al giorno, né ad avere giocattoli o libri.
Fonte www.redattoresociale.it
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